Acqua pubblica, c’è un piano per rompere il monopolio di Abbanoa

Una “exit-strategy” per aggirare il monopolio di Abbanoa. La proposta è contenuta nella legge regionale voluta dalla giunta Pigliaru per restituire un po’ di ordine al settore dell’acqua pubblica. La legge è stata approvata a febbraio con l’intento di mettere le basi del nuovo Ente di governo dell’ambito della Sardegna che avrà le funzioni di programmazione e controllo nella gestione dell’acqua. E finora l’attenzione della stampa e della politica si è concentrata sugli aspetti più evidenti del provvedimento: il ruolo dei sindaci, le nomine politiche, la ricerca di un direttore generale.

Eppure, a ben guardare, la novità più importante è un’altra. Nel testo infatti si ribadisce il fatto che in Sardegna esiste un solo ambito unico regionale, ma si dice anche che i territori possono decidere autonomamente di costituire uno o più ambiti. In altre parole: se i Comuni lo desiderano, possono raggrupparsi e dare vita a un nuovo ente più piccolo, purché sia ottimale, quindi con costi più bassi per i cittadini. Si tratta di una piccola rivoluzione perché fino a questo momento nessuno aveva mai messo in dubbio il “dogma” di un ambito unico regionale per la gestione dell’acqua pubblica. Ora invece la legge apre a una suddivisione ottimale degli ambiti. Con un solo limite: bisogna raggruppare territori con almeno 500mila abitanti.

E’ chiaro che una prerogativa del genere pende sul destino di Abbanoa come una spada di Damocle. Al momento nessun territorio ha sfruttato tale possibilità, ma in via teorica nulla potrebbe impedire a un gruppo di sindaci sufficientemente compatto di creare uno o due nuovi ambiti e di affidare la gestione a un’altra società, magari tramite un bando di concorso aperto a livello internazionale. Guardiamo ciò che avviene nelle altre regioni italiane. In Sicilia esistono ben 9 ambiti di gestione dell’acqua, e non tutti sono gestiti della stessa società. Anzi, una recente legge dell’Assemblea regionale siciliana sta andando nella direzione di restituire ai cittadini la gestione diretta di questo bene così prezioso. E se allarghiamo lo sguardo a livello nazionale si scopre che sono poche le Regioni che, come la Sardegna, hanno scelto un unico ambito su tutto il territorio regionale.

A Nuoro e a Sassari, dove i disagi legati alla fornitura dell’acqua si fanno sentire con maggiore intensità, l’idea non dispiace. Nel capoluogo della Barbagia il più sensibile a questo tema è Roberto Deriu, esponente del Pd e presidente onorario del comitato “Liberiamo l’acqua”. “Con Abbanoa abbiamo creato un vero e proprio idromostro. La società in sé non ha colpe particolari – dice Deriu – ma è innegabile il fatto che le è stato affidato un territorio troppo grande per le sue competenze. La legge dice che l’ambito deve essere ottimale, il che significa che deve essere al prezzo più basso. E se gli studi dicono che l’ambito ottimale deve essere di circa 500mila abitanti, questo significa che noi stiamo spendendo il triplo rispetto a quanto faremmo con tre ambiti”. Ecco perché Deriu è pronto alla “secessione” del Nuorese dall’ambito unico regionale.

Più complicata la situazione nel nord dell’Isola dove la rabbia dei cittadini verso Abbanoa si sta trasformando in una crisi di nervi. Nei giorni scorsi, come ha raccontato La Nuova Sardegna, un uomo ha fatto irruzione con un coltello negli uffici della società a Olbia perché esasperato: da giorni non riusciva a lavarsi. Dal punto di vista politico, però, la situazione è in una fase di stallo. Il sindaco di Sassari, Nicola Sanna, è stato indicato come presidente della nuova autorità d’ambito e dunque si trova in una situazione che renderebbe difficile – ma non impossibile – condurre una battaglia contro l’ambito unico regionale. Nel Pd sassarese non mancano tuttavia le voci attente a questo tema. Il consigliere comunale Simone Campus ha votato contro la nomina di Sanna proprio perché fortemente contrario rispetto all’ambito unico regionale.

A Cagliari l’assessore regionale Paolo Maninchedda, da parte sua, è impegnato in un difficile lavoro: chiedere un cambio di rotta ai manager di Abbanoa e dimostrare ai cittadini che la società che fino a un anno fa rischiava il crack ora ha tutte le carte in regola per salvarsi. Il nuovo amministratore delegato, Alessandro Ramazzotti , è al lavoro per ridurre l’esposizione nei confronti delle banche, perché il vero problema della società non sono tanto le condotte colabrodo o gli impianti di depurazione ma i debiti. Se le cose dovesser mettersi male su questo fronte, c’è un piano B pronto ad essere utilizzato. E Maninchedda lo sa bene, perché è la persona che più di ogni altra ha seguito l’iter di approvazione della legge. Nello scenario che si può immaginare, l’Isola potrebbe essere divisa in tre ambiti che rispettino il blocco legato ai 500mila abitanti: Sud Sardegna, Centro Sardegna (Oristanese e Nuorese) e Nord Sardegna. Ognuno dei tre avrebbe l’autonomia per elaborare un proprio piano idrico e, di conseguenza, la possibilità di poter mettere a gara la gestione del servizio idrico a prezzi vantaggiosi per i contribuenti. Sarebbe la fine del monopolio Abbanoa e al tempo stesso, una bella iniezione di acqua fresca in un settore decisamente stagnante.

Michele Spanu

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