AAA vendesi case vecchie a un euro

In altre Regioni ci provano da tempo, ora la proposta è arrivata anche nell’Isola: una casa per una moneta da un euro. Niente attici con vista mare, ma ruderi, da riassettare. Il tutto, nero su bianco, è scritto in un emendamento al Piano casa in discussione in questi giorni in Consiglio regionale, proposto dal gruppo Sardegna Vera (La Base – Idv -Upc – Psi).

Leggi il meccanismo: Vecchie case vuote in vendita a un euro. La proposta di ‘Sardegna vera

Il prezzo simbolico servirebbe a spronare gli acquirenti e avviare un meccanismo per cui, in base alla proposta, sarebbe necessaria la collaborazione anche di Regione e dei singoli Comuni. Un passo per far incontrare domanda e offerta. C’è chi da una parte appende cartelli “vendesi” e vuole disfarsi di case ereditate da lontani parenti e continua a pagare (e dividere) tasse locali, aggiustamenti d’obbligo e ingorghi burocratici e chi, insomma, non sa dove vivere. E sarebbe disposto anche a trasferirsi lontano dalle città e dai centri. Perché, di fatto, l’idea calza a pennello per i paesi dell’interno che continuano a perdere residenti nell’Isola che arriva ad appena un milione e 600mila abitanti. Ben 33, secondo uno studio istituzionale della Regione, sono a rischio estinzione: potrebbero sparire tra meno di 20 anni. I bimbi che nascono sono pochissimi, le coppie, più o meno giovani, vanno via. E nelle viuzze restano soprattutto pensionati, che invecchiano e quando muoiono, lasciano le case vuote. Una dietro l’altra. E non è un caso che nei piccoli centri sia scoppiato il caso delle pluriclassi.

Contro lo spopolamento. Ma non è necessario scomodare rigide statistiche per capire. Basta fare un giro a piedi nei paesi, dopo qualche decine di chilometri spesso di tornanti: finestre chiuse, portoni sbarrati. Dentro storie di vita, oggetti che restano lì ad aspettare. Nel migliore dei casi di essere aperte qualche mese all’anno, forse anche meno. Quando rientrano i figli di chi si è trasferito decenni fa nelle città del Nord Italia o, come un tempo, in Germania, in Francia, in Svizzera. Ma spesso, prendono casa direttamente al mare per le tre, uniche, settimane di vacanza dell’anno. E allora, che fare?

I primi cittadini. L’idea in versione sarda piace ai primi cittadini interpellati da La Nuova Sardegna oggi in edicola. Nasce anche per spirito d’osservazione, Efisio Arbau, consigliere regionale Sardegna Vera è infatti ex sindaco di Ollollai (Nuoro). Le fasce tricolore a guida di centri che non superano i 2mila abitanti si dicono addirittura entusiasti, come il sindaco di Tula, Andrea Becca– nel Sassarese – che lotta da tempo contro l’emorragia di cittadini. Altri, sono più cauti e realisti come  il collega Gianni Murineddu, Benetutti – Goceano: per prima cosa bisogna trovare proprietari disponibili alla cessione. Convinti che il bene soprattutto una perdita. Punta invece  sull’applicabilità concreta il sindaco di Bortigiadas, Gallura, Emiliano Deiana. Il rischio è che appunto la burocrazia stemperi anche gli animi più volenterosi. E chi davvero vorrebbe contribuire a restaurare centri storici cadenti e abbandonati. In questi anni i progetti, anche con Fondi europei, di sostegno al restauro e alla conservazione (guidati anche dai Gal locali) sono andati a rilento per via dell’enorme mole di scartoffie e per i tempi troppo lunghi.

Gli acquirenti con accento straniero. E poi ci sono le altre azioni in campo, da tempo. Perché se i giovani sardi vanno via, a caccia di un lavoro difficile da trovare, nonostante il collegamento Internet alla massima velocità, ci sono anche apparenti controtendenze. In vari paesi, infatti, spesso senza alcuna agevolazione particolare si sono stabiliti e hanno acquistato mini casette, poi sistemate, coppie di stranieri con nessun legame con il territorio. Si tratta di pensionati soprattutto francesi e tedeschi che passano metà dell’anno nella Sardegna dell’interno: svernano tra i silenzi della campagna e i ritmi scanditi dalle campane. Fanno la spesa nei negozietti in uno stentato italiano, passeggiano e gustano il vino locale. E ci sono apposite convenzioni che vanno in questa direzione, come a Ussassai, in Ogliastra. Giannino Deplano è un sindaco combattivo, ricorda a La Nuova Sardegna l’esistenza di una convenzione con il Nord Europa siglata a spese del Comune. E rilancia: “Non basta restaurare, bisogna lasciare i servizi qui. Se chiudono banche, scuole e ambulatori i paesi muoiono per forza”. O al massimo, possono diventare residence a basso costo per il buen retiro di stranieri a caccia di tranquillità.

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