Sad: a San Basilio la “piantagione di antenne sarde” per ascoltare il cielo

È proprio il caso di dirlo, per ascoltare il cielo bisogna mettere l’ “orecchio in terra”. Questo è lo spirito del progetto che a San Basilio, nel sud Sardegna, presso il Sardinia Radiotelescope (Srt), si sta portando avanti.  La “piantagione sarda” è Sad (Sardinia Aperture array Demonstrator), è stata terminata poche settimane fa: 128 antenne alte un metro e 37 centimetri sono state posizione per la ricezione di segnali radio dal cosmo.

Le antenne. Le speciali piante, fabbricate interamente in Sardegna, coprono la superficie di 64 metri di diametro, hanno quattro grandi petali verticali di spessa griglia metallica di acciaio Inox orientati a 90 gradi l’uno rispetto agli altri. Pesano 16 chilogrammi e non necessitano di un “ground plane”, uno speciale piano, per schermarla dall’emissione del terreno. Ogni antenna poggia su un basamento di cemento, che serve per stabilizzarla, dal peso di circa 80 kg che garantisce una resistenza al vento fino a circa 130 km/h. Il loro disegno è conosciuto tra i radioastronomi come Vivaldi ed hanno una caratteristica che le rende uniche nel loro genere: vedono tutto il cielo contemporaneamente.

 

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La rete di radiotelescopi. Sono il primo banco di prova a livello nazionale con cui sperimentare tecnologie e tecniche di calibrazione che saranno impiegate negli “aperture array” di nuova generazione, primi fra tutti quelli a bassa frequenza dello Square Kilometre Array (Ska). Il progetto internazionale che mira a costruire il più grande radiotelescopio mai pensato composta da migliaia di radiotelescopi. “Ska è un progetto di scala mondiale che potrà dare risposta a tanti quesiti scientifici fondamentali, come ad esempio i limiti di validità della Teoria di Einstein o le modalità con cui l’universo si è evoluto, da dove nascono i campi magnetici presenti nell’Universo – spiega Andrea Possenti, direttore dell’osservatorio astronomico di Cagliari -. Per mettere a punto un esperimento capace rispondere a queste, e molte altre, domande non basta fare telescopi più grandi del passato, ma bisogna operare una vera rivoluzione tecnologica nel modo di costruire e gestire tutte le apparecchiature”. Un progetto che permetterà di monitorare il cielo con dettagli senza precedenti. Migliaia di volte più velocemente rispetto ad altri sistemi già esistenti. Le antenne dello Ska saranno schierate principalmente in Australia e Sudafrica, scelti per via delle loro condizioni geografiche, di cui si stanno sperimentando i prototipi in varie parti del mondo tra cui anche San Basilio. Al progetto partecipano dieci nazioni: Australia, Canada, Cina, India, Italia, Olanda, Nuova Zelanda, Sudafrica, Svezia e Regno Unito.

“Partecipando a Ska – dice il direttore Possenti – l’Italia e in particolare l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), da un lato si assicurano il mantenimento del proprio ruolo di protagonisti sulla scena della ricerca mondiale. Dall’altro lato, il paese si mantiene alla frontiera della ricerca tecnologica di punta in settori chiave come la microelettronica, la scienza dello scambio di informazioni e delle telecomunicazioni, il software di gestione, l’energia a basso costo e basso impatto ambientale, etc”. Conclude il direttore: “senza contare che, come l’esperienza passata insegna, queste rivoluzioni tecnologiche hanno molte – e quasi sempre inaspettate – ricadute sulla vita quotidiana: ad esempio, qualche anno fa, un esperimento molto più piccolo di Ska, condotto da parte di alcuni radioastronomi australiani, ha portato alla invenzione del sistema Wi-Fi, oggi usato ovunque”.

I test in arrivo. Le antenne “piantate” a San Basilio servono per osservare il cielo a bassa frequenza radio e la prossima primavera si inizieranno i primi test. “Tutti i corpi celesti – ha spiegato Matteo Murgia, ricercatore responsabile del progetto Sad – emettono naturalmente onde radio: il Sole, i pianeti ma anche le galassie come la nostra Via Lattea sono sorgenti di onde radio a bassa frequenza. Il disegno e le proprietà della nuova Vivaldi 3.1 sono state ottimizzate per lavorare in un ampio intervallo di frequenze, da 50 fino a 600 megahertz, e la sua area efficace è stata massimizzata nella banda da 270 a 420 megahertz, l’intervallo di frequenze meno contaminato da interferenze radio al sito Srt”. “Bisogna tenere presente – ha continuato il ricercatore – che i segnali naturali provenienti dalle sorgenti radio celesti sono infinitamente più deboli di quelli dei radiocomandi spesso utilizzati per comandare l’apertura e chiusura di cancelli e garage. Per fare un paragone così come i tradizionali telescopi ottici soffrono l’inquinamento luminoso delle città, così i radiotelescopi, come Sad e Srt, necessitano per funzionare di un ambiente pulito da segnali radio interferenti originati dall’attività umana”.

Il funzionamento e i costi. Le antenne raccolgono il debole segnale radio che proviene dallo spazio, lo amplificano e lo trasformano in un segnale ottico che viene inviato via fibra ad una unità di calcolo centrale che a sua volta lo trasforma in un segnale elettrico e lo digitalizza per poterlo elaborare. “Una delle caratteristiche più innovative di Sad – dice il ricercatore – è che le antenne non hanno parti meccaniche mobili. Il puntamento di un oggetto celeste viene effettuato elettronicamente usando processori allo stato dell’arte e sofisticati software dedicati. Si tratta del cosidetto “beam-forming” che permette, disponendo di sufficiente potenza calcolo, di osservare simultaneamente tutto il cielo”. Le 128 antenne hanno avuto un costo di produzione di circa 40mila euro, approssimativamente 300 euro ad antenna. Se si considera anche l’elettronica il costo sale a circa 3000 euro ad antenna per un totale di 384 mila euro.

Un progetto che ha delle importanti ricadute per le aziende sarde. Infatti le antenne sono state realizzate in Sardegna dalla Termomeccanica Energia S.r.l. che ha sede ad Uta (Cagliari). “Si è centrato uno degli obiettivi più importanti del bando Ras Legge Regionale 7 che era appunto quello di auspicare una significativa ricaduta tecnologica sul territorio”, ha detto Matteo Murgia. L’elemento ricevente per SAD è stato sviluppato dall’INAF in collaborazione con l’IEIIT-CNR e il Politecnico di Torino.

Le antenne SAD sono state costruite nell’ambito del progetto “Studio di nuove tecnologie per l’osservazione del cielo radio a bassa frequenza”, finanziato dalla Regione Autonoma della Sardegna (Legge Regionale 7 Agosto 2007, N.7 : “Promozione della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica in Sardegna”) e dall’INAF.

Alessandro Ligas

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