Parlano sardo i robot “cuccioli” dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova

Ha studiato alle industriali di Cagliari il padre di iCub un robot alto un metro dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova. Giorgio Metta, vice Direttore scientifico dell’Istituto italiano di tecnologia ligure e Direttore del dipartimento dell’istituto che si occupa di sviluppo del progetto di robotica iCub, era uno degli ospiti del Cagliari Festival Scienza 2016.

Classe 1970, dopo il diploma ha proseguito gli studi all’Università di Genova dove si è laureato con lode in Ingegneria Elettronica (nel 1994): “Perché – spiega – all’epoca non esisteva a Cagliari”. Diventa dottore di ricerca nel 2000, dal 2001 al 2002 lavora al Massachussetts Institute of Technology presso il laboratorio di Intelligenza Artificiale, occupandosi di diversi progetti di robotica umanoide. Torna poi in Italia nel 2005 da ricercatore presso l’Università di Genova, e dal 2006 lavora all’IIT.

Nel 2003 ha avuto l’intuizione, una sorta di “visione” dove si immaginava il piccolo automa: cub significa infatti “cucciolo” in inglese. “In quel periodo ero già impegnato nella robotica umanoide – dice Giorgio Metta  – negli USA lavoravo con un robot che oggi possiamo dire superato, dal quale però ho avuto modo di immaginare iCub. Ho voluto portare in Italia la mia idea e nel 2003 ho iniziato a scrivere il progetto che è partito nel 2004. Un piano che ha avuto un finanziamento europeo di circa 8,5 milioni di euro ed ha coinvolto 12 partner europei, a cui poi sono seguiti altri finanziamenti che ne hanno permesso ulteriori sviluppi”. La storia della nascita d iCub va in parallelo con la nascita dell’Istituto Ligure dove è stato realizzato anche un laboratorio di robotica che ha dato i natali alla “macchina”.

Il robot. iCub è alto un 1,04 metri, pesa 29 chili, ha 53 snodi, ed è composto da circa 5mila pezzi. Ha una “pelle” composta da 4000 punti sensoriali che gli permettono di interagire con l’ambiente e con gli oggetti. Costa 250mila euro e può essere portato facilmente in una valigia. Il “Cucciolo”  può anche riconoscere l’ambiente esterno grazie alle sue due telecamere poste negli occhi ed ai microfoni posti nelle orecchie. Ed è principalmente una piattaforma open source studiata per la ricerca cognitiva. L’obiettivo per cui è stato realizzato è: “Aiutare le persone più anziane, spiega Giorgio Metta – si stima che nel 2030 il 25% della popolazione sarà over 65 anni. Mancherà la forza lavoro e ci sarà bisogno di avere degli umanoidi che aiutino le persone più anziane nella vita di tutti i giorni”. Ed è infatti un settore in divenire: dal 2013 ad oggi sono diverse le società e le persone che stanno puntando sulla robotica. Come Elon Musk, amministratore delegato della Tesla Motors, che ha investito un miliardo di dollari nella Open IA Foundation, una società di ricerca senza scopo di lucro di intelligenza artificiale (AI). Amazon ha un laboratorio di IA a Berlino che si occupa principalmente di studiare l’intelligenza artificiale applicata alla logistica. La Toyota ha investito in due laboratori negli USA dove l’IA applicata alle automobili.

robot

Prospettive. L’evoluzione di iCub è R1, un progetto nato nel 2015 all’interno dell’Istituto Ligure sempre dalla visione di Giorgio Metta. Oggi ha 18 mesi ed ha suscitato l’interesse di diversi investitori tanto da far pensare di creare uno spin off ed una sua linea di produzione. È più alto del predecessore 1.25 metri, ma si può “allungare” arrivando a 1.45 metri, è senza gambe, per muoversi ha due ruote, e non ha una volto umanoide ma un display con due occhi digitali, le sue braccia sono estensibili per arrivare a raccogliere gli oggetti da terra grazie a mani prensili sensibilissime ed ha un’autonomia di tre ore – si ricarica attraverso una semplice presa elettrica. È stato concepito per entrare nelle nostre case in modo analogo al robot del film l’uomo bicentenario del 1999.  “Anche se a me dal punto di vista della intelligenza artificiale – dice Giorgio Metta – piace molto di più Ex Machina (film del 2015, ndr) ”. R1 potrà usato come supporto per monitorare lo stato di salute delle persone senza sostituirsi all’uomo.

In un futuro non troppo lontano vedremo robot-camerieri nei locali, anzi questo sta già accadendo. Business Insider riporta che in Cina robot servono già i clienti. Anche il The Wall Street Journal riporta che a Pechino, come in molte altre città dell’oriente, sono nati ristoranti che usano i robot – o jiqiren, “macchina-persone” in cinese, per servire i clienti o per cucinare. Un altro esempio dell’uso degli automi è dato dalla genovese Costa Crociere che ha recentemente imbarcato “Pepper”, il primo marinaio 2.0, a cui sono seguiti altri quattro modelli. Sono alti un 1,20 metri e pesano ciascuno 29 chili ed hanno un’autonomia di 12 ore senza aver bisogno di ricaricare le batterie. Sono dotati di sei laser, tre macchine fotografiche e sul petto ha un tablet da 10 pollici, parlano tre lingue ed hanno il compito di intrattenere gli ospiti della nave. “Ad Hong Kong – racconta Giorgio Metta -stanno immaginando Robot che diano informazioni e che si occupino di sicurezza. Essendo dotati di video camere possono essere facilmente connessi, tramite wi fi, ed in costante contatto con gli operatori della sicurezza. Ma si può facilmente immaginare che possano essere i primi a riconoscere e intervenire in situazioni pericolose”.

Ad oggi le macchine non sono in grado di manipolare l’ambiente, se non nei laboratori, e possono interagire con le persone soltanto dando informazioni a seguito di uno stimolo. Una domanda che può essere anche complessa. Ma, precisa Metta: “Non sono ancora in grado di interagire completamente con le persone, cosa che avverrà in un futuro non tanto lontano”.

Alessandro Ligas

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