“Mystery shopper”, il cliente in incognito lo trova Maurizio Battelli

Il mystery shopper scopre le falle nelle vendite. Viene ingaggiato dalle aziende a insaputa dei dipendenti. Intervista a Maurizio Battelli.

Mystery shopper. Cliente in incognito. Ovvero, una sorta di ispettore che, sotto mentite spoglie, viene ingaggiato dalle aziende per valutare la qualità dei propri servizi, a insaputa dei dipendenti. Il filone commerciale è la vendita, ma anche la customer care, quell’assistenza al cliente applicata ormai in maniera quasi maniacale, come richiede il mercato in tempo di globalizzazione. Perché a fare la differenza, sempre di più, sono i dettagli. Pioniere del settore, Maurizio Battelli, il manager cagliaritano di Lynx, la società che “vende” il mystery shopping (inteso come complessiva pratica di marketing) ad Aveda, Bose, Boscolo, Edison, Euronics, Starhotels, Tiscali, Tiger, Trony. Nel 2001 l’esordio, quando Battelli – classe ’64, un master a Roma e un altro all’Ailun di Nuoro – era ancora il direttore di Optima. Poi la nuova srl fondata nel 2012, ancora tutta sarda.

Battelli, si guadagna offrendo mystery shopping?

Il nostro mercato è diventato interessante. Le imprese non possono più fare a meno di valutare la propria capacità di vendita, mettendo sotto la lente l’intera catena del servizio.

Il mystery shopper scopre falle e dà pagelle. A pagare pegno sono i dipendenti?

No, assolutamente. Il mystery shopping non ha una funzione punitiva. Semmai è una procedura che deve portare all’ottimizzazione di un servizio, non al suo smantellamento.

Facciamo l’esempio di un negozio del segmento lusso, quindi abbastanza fuori dal perimetro della crisi, ma che registra un calo importante di fatturato. Come funziona il percorso?

La nostra società individua il mystery shopper più adatto a quel tipo di verifiche e lo manda nel punto vendita da analizzare. Ovviamente non alla cieca, ma con un vero e proprio copione di indagine calibrato sulla flessione delle vendite, in base alle indicazioni fornite dalla stessa azienda con la quale viene costruito e concordato uno scenario tipo.

La simpatia delle commesse conta nella valutazione?

Sì, ma non è il solo fattore che può determinare i mancati acquisiti. Resta il fatto che la missione del mystery shopping non è volutamente pensata per mettere sotto stress il personale. Il mystery shopping solo in alcuni casi veste i panni del più difficile dei clienti.

Finita la spedizione, cosa succede?

Il mystery shopper fa una relazione dettagliata della sua missione, compilando un questionario. Da lì comincia la valutazione delle eventuali debolezze aziendali.

Come si diventa mystery shopper?

Curiosità e occhio attento ai dettagli sono le due più importanti caratteristiche. Ma serve anche una buona memoria e una buona capacità di raccontare l’esperienza vissuta.

Si riesce a vivere facendo solo il cliente in incognito?

Di norma no. Un incarico semplice, come per esempio la visita in un negozio, viene pagato tra i 15 e i 20 euro. Ma si può arrivare a 120 quando servono più verifiche.

Esiste una banca dati dei mystery shopper?

La nostra ha circa 21mila curriculum, su tutta l’Italia.

Più donne o più uomini si offrono per fare il mistery shopper?

Da noi più donne, direi il 65 per cento.

La cultura del mystery shopping è ancora una faccenda da grandi aziende del Nord Italia?

Sì, lavoriamo soprattutto con clienti che hanno sede nel Nord e negozi distribuiti su tutta l’Italia.

In Sardegna quanto ci si affida al mystery shopping?

Ancora poco. Ma il mercato è in espansione.

Per diventare mystery shopper si fa un corso?

Non c’è una scuola certificata. Ma è evidente che noi formiamo le nostre figure professionali, malgrado lavorino occasionalmente. Non un solo mystery shopper può essere impreparato.

Se il copione concordato con l’azienda prevede l’acquisto di un capo, anche costoso, chi paga?

Al mystery shopper viene assegnato un budget. Poi, per contratto, il capo o il prodotto acquistati restano al cliente in incognito.

Oggi lei sta dall’altra parte della barricata, ovvero studia per le aziende la exit strategy da una crisi. Ma il mystery shopping lo ha mai fatto?

Certo.

Un aneddoto?

Per una catena alberghiera avevo seguito il lancio del “Menù dei cuscini“, una promozione che permetteva ai clienti di scegliere modello e tipo del guanciale. C’era quello rigido, il morbido, l’anallergico e così via. I clienti, però, non erano aumentati secondo le aspettative. Così l’azienda decise di affidarsi al mystery shopping.

La falla qual era?

Il cuscino prescelto dal cliente venivano portato in camera dall’addetto ai piani che lo teneva sotto l’ascella, senza nemmeno avvolgerlo nel cellophane.

Scoperto il baco, cosa successe?

La catena alberghiera decise di formare gli addetti in modo preciso, su come doveva essere trasportato e consegnato il cuscino.

Nella vendita quali sono le parole d’ordine?

Up-selling e cross-selling. Nel primo caso, pur rispettando il gusto del cliente, gli si offrono prodotti di fascia più alta rispetto a quelli richiesti. Nel secondo caso, gli si vendono i cosiddetti prodotti collaterali. Nel campo della telefonia, vuol dire la custodia di un cellulare, il coprischermo o l’assicurazione.

Il futuro del mystery shopping?

Abbiamo appena lanciato una App chiamata Shop’n’Rate, una sorta di Tripadvisor del commercio. Dopo l’acquisto, ogni cliente potrà dare uno e più voti alla qualità del servizio. Sono già mappati 10mila negozi in tutta Italia, quelli delle principali catene, come H&M, Benetton, Tezenis, Intimissimi, Bershka, Calzedonia, Zara, Diesel, Sisley e GameStop. Gli internauti accumuleranno dei punti ogni volta che useranno la App e avranno diritto a partecipare a delle missioni da noi richieste, al termine delle quali convertiremo i loro punti in soldi.

Domani comincia a Cagliari la terza edizione di Sinnova. Organizza Sardegna Ricerche, l’ex Consorzio Ventuno in cui lei era assunto a tempo indeterminato e poi è andato via. Le hanno mai dato del folle?

Siamo andati via in due, io e Mario Mariani.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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