I robot – allevatori nelle stalle, Sardegna apripista: addio alla mungitura a mano

Nativi digitali, con maggiore confidenza con l’inglese e le tecnologie che coi ritmi della stalla, pronti a viaggiare e ad aggiornarsi. È l’identikit dell’allevatore di precisione che porta i robot in stalla. Una scelta di investimento che permette di dare un calcio alla sveglia, che per chi munge le mucche tradizionalmente suona alle tre e mezza di notte festivi compresi, e garantisce più benessere animale. La mungitura robotizzata sta prendendo piede in Italia dove si contano 300 robot di mungitura, con la Sardegna che fa da apripista. Sono una dozzina i robot acquistati, con fondi privati, dai soci della cooperativa agricola Arborea, un gigante che nel 2017 ha fatturato 166 milioni di euro producendo latte 100% made in Sardegna in gran parte vaccino (90%), e con crescenti produzioni anche casearie a base di latte caprino e quello di pecora. Nello stabilimento, fondato nel 1956 nei terreni dell’Oristanese strappati con le opere di bonifica di un secolo fa alla malaria e alle paludi, entrano ogni giorno 560mila litri di latte, raccolto in 228 aziende zootecniche associate, precisa il presidente di Arborea Gianfilippo Contu. I robot sono di fabbricazione olandese dove sono in uso da una decina di anni e colossi come la Lely fatturano 600 milioni di euro l’anno investendo però almeno il 6% in sviluppo e ricerca. ”L’allevatore torna padrone del proprio tempo – racconta Michele Zirone – e la mucca va in mungitura quando sente la necessità, anche sei volte al giorno e non in turni standard. Ho investito di mio 250mila euro due anni fa, e registro un incremento della produzione del 15%. Una scelta di necessità: anche gli indiani – afferma – non hanno più voglia di svegliarsi in piena notte per mungere, e con l’età che avanza voglio qualità della vita”. La speranza segreta, sottolinea il vice presidente di Arborea Emanuele Balliana, è anche quella di coinvolgere figli e nipoti, per assicurare ricambio generazionale nella conduzione aziendale. Sembra che funzioni: la media italiana di chiusure alla terza generazione è del 30%, da noi del 10%. ”Sono certo – sottolinea ancora Zirone – che i robot in stalla siano il futuro; il domani dei giovani che così non devono andare all’estero a fare i pizzaioli. Devi però cambiare mentalità: lavori sempre tutto il giorno, ma col tablet in mano dove arrivano migliaia di dati da interpretare, anche per prevenire malattie e evitare così antibiotici. Una app mi dice quanto ciascun animale ha ruminato, le spazzole massaggiatrici si prendono cura di ogni esemplare, e le telecamere guidano i robot dove c’è più latte, di solito i capezzoli posteriori, evitando così stress e mastiti. Le vacche possono essere timide, prepotenti, curiose; ma tutte sembrano andar d’accordo col robot. Non ho alcuna nostalgia della vecchia sala da mungitura, anzi. Prossimo passo – annuncia – la cucina robotizzati per standardizzare pasti con menu bilanciati, e precisi al Kg, quindi a prova di veterinario”.

Ansa – Alessandra Moneti

 

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