Gli pneumatici? Prodotti da fanghi e polveri di scarto delle cave di Orosei

Le polveri di scarto delle cave di marmo Orosei saranno utilizzate per produrre pneumatici, vernici e altri materiali per l’edilizia. Questo è il risultato di una ricerca, condotta dal Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e (DICAAr) dell’Università di Cagliari, dal titolo “Riduzione delle discariche di lavorazione del marmo mediante la valorizzazione del carbonato di calcio (CaCO3)”, finanziato dalla Regione Sardegna. Lo studio, iniziato nel 2015 e conclusosi recentemente, aveva l’obiettivo di rispondere alla domanda “cosa possiamo fare per recuperare e riusare gli sfridi (le polveri di risulta, ndr), che provengono sia dall’attività di cava sia dagli stabilimenti di lavorazione della pietra, per impiegarli nella produzione di prodotti ad alto valore aggiunto e contemporaneamente diminuire il materiale da smaltire in discarica?”.

“Fino a ieri la soluzione preferita per smaltire i fanghi e le polveri di risulta era quello di conferirli nella discarica consortile – ha detto il professor Nicola Careddu responsabile del progetto di ricerca – in quanto venivano considerati dei materiali non utilizzabili in nessun altro ciclo produttivo. Oggi questa soluzione non è più compatibile con il concetto di sviluppo sostenibile. Molti paesi avanzati stanno puntando su un’economia circolare che mira a preservare le risorse valorizzando quelle esistenti, magari ora in discarica, piuttosto che acquisendone delle nuove”.

La ricerca. “Abbiamo provato ad utilizzare gli scarti di lavorazione del distretto marmifero in diversi campi – ha raccontato l’Ingegnere Graziella Marras ricercatrice del DICAAr -. Nei primi anni ci siamo concentrati su alcuni settori dell’edilizia perché, abbiamo pensato, che in questo settore si utilizzano grandi quantitativi di materiali e di conseguenza era possibile smaltirli più velocemente. Poi abbiamo affinato la ricerca in settori più specifici”. Nell’edilizia, le polveri di risulta, sono stati utilizzati come materiale aggiuntivo, ossia come composto non presente in quello base. “Un’aggiunta questa che ha dato dei risultati soddisfacenti – prosegue la ricercatrice -. Ad esempio nei laterizi abbiamo dimostrato che aggiungendo il carbonato di calcio (il materiale di cui sono composte principalmente le rocce ornamentali delle cave di marmo di Orosei) è possibile migliorare l’imbibizione ossia il minor assorbimento di acqua da parte del mattone. Nei calcestruzzi, dove si è sostituito una percentuale di cemento con il CaCO3, i valori di resistenza a compressione sono risultati leggermente superiori rispetto a quello base. Infine negli intonaci a base di gesso, dove si è sostituito una percentuale di CaCO3allo stesso materiale base, sono migliorati sia la rottura a flessione, sia quella a compressione che l’aderenza al supporto. In questi campi però gli scarti delle cave sono considerati dei materiali “poveri” e vengono pagati molto poco”.

Un cambio di prospettiva per la valorizzazione CaCO3 anche in chiave economica arriva con la sua applicazione in settori specifici. “Abbiamo ampliato e affinato la ricerca in settori nei quali il carbonato di calcio è utilizzato in maniera meno importante come quantitativo – prosegue la ricercatrice – ma sicuramente in maniera più importante se consideriamo il punto di vista economico. Ossia in quei settori dove il composto chimico è utilizzato come elemento micronizzato cioè come aggregato di dimensioni ridottissime, meglio conosciuto come filler”.

Il carbonato di calcio delle cave di Orosei ha una purezza del 98% e in genere è già micronizzato se si considerano i fanghi come tipologia di scarto. “Una macinazione che risulta analoga a quella ottenuta dalle stesse rocce carbonatiche mediante micronizzatori – aggiunge la ricercatrice – e quindi abbiamo provato ad applicare i fanghi in quegli stessi settori dove è già impiegato normalmente come ad esempio negli pneumatici e nella pittura”. I risultati di laboratorio hanno sottolineato come questa sostituzione abbia migliorato la durezza e la trazione della gomma vulcanizzata – quel processo che serve per creare tutti i legami specifici della struttura dello pneumatico. Lo studio ha anche dimostrato che le mescole con i fanghi carbonatici raggiungono la massima vulcanizzazione in tempi più rapidi rispetto a quelle con il carbonato di calcio tradizionale.

“Se si dovessero utilizzare queste mescole si potrebbero, in linea generale, avere delle gomme più resistenti – conclude la ricercatrice -. Naturalmente questa ad oggi è solo un’ipotesi in quanto la ricerca non ha approfondito questo aspetto. Partendo da questa mescola si dovrebbero realizzare, in catena industriale, degli penumatici e tramite test verificare i risultati ottenuti e confrontarli con quello della mescola. Questo perché possono esserci altri fattori, non analizzati, che possono interferire con i risultati ottenuti”.

Per quanto riguarda la pittura la ricerca si è focalizzata sulla tipologia muraria lavabile bianca dove il carbonato di calcio ha un’importanza anche a livello portante o perché rappresenta circa il 60% della base della struttura. “Anche in questo caso la sostituzione del filler coi fanghi – precisa la ricercatrice – ha aumentato la “luminanza” di circa 2 punti percentuali portandola a circa il 96%. Questo rende la pittura più bianca alla sua stesura mentre invece il potere coprente e la resistenza al lavaggio hanno caratteristiche superiori rispetto a quella ottenuta con il CaCO3commerciale”. Lo studio è ancora in itinere e i risultati preliminari, più che positivi, fanno ben sperare nel suo buon esito.

Alessandro Ligas

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