Aule K: da Cagliari alla Cina il gioco come modello educativo innovativo

Si chiamano “Aule K” sono nate e si sono sviluppate a Cagliari e per uno strano caso del destino stanno attirando interesse in Cina, Germania, Emirati Arabi Uniti e Kuwait.

Le aule sono realizzate dall’associazione “Laboratorio K”, dove K è l’abbreviazione di Karalis, l’antico nome della città di Cagliari, e si caratterizzano per un forte uso delle tecnologie. Educazione digitale o educazione 2.0, come si vogliono chiamare tutte le attività legate ai nuovi device, è il primo obiettivo dei fondatori dell’associazione Simone Masala e Barbara Pitzanti, che si integra alla educazione tradizionale.

Aule K. Giochi da tavolo, di società, giochi per le console, ma anche le ultime frontiere dell’ingegneria: i robot. All’interno delle aule si gioca ma sopratutto si svolgono lezioni sul modo corretto di giocare, sui videogiochi, sui social network ed in generale sulle nuove tecnologie. Ma soprattutto all’interno delle aule k si scopre cosa è utile e cosa può essere pericoloso nel web. “Nelle aule K non si fa solo tecnologia. Anche giochi di logica, di legno, scacchi e giochi di simulazione che scriviamo io e Barbara”, dice Simone Masala. E aggiunge: “Giochi narrativi, che derivano dai giochi di ruolo e che sono fondamentali per capire come funziona la società, strutturata nei suoi diversi ruoli”.

Il Gioco. In questo modo il gioco assume il ruolo di strumento didattico utile ad educare e esce dal suo abituale significato di strumento di svago. Diversi sono i significati che il dizionario ci mostra per il sostantivo “gioco”. Solitamente inteso come una attività di svago, senza altri fini se non quello della ricreazione e del divertimento. “Molto spesso si tende a dimenticare” racconta Simone Masala “che all’interno della definizione vi sono anche tutta una serie di ulteriori sfumature che fanno caratterizzare il gioco anche, e sopratutto, come attività di apprendimento. Una serie di azioni e regole, non solo del gioco, ma anche di comportamento e di modo di intendere il compagno di giochi, con cui si sviluppano forme attive di apprendimento”. Il gioco visto con una forte connotazione educativa che non solo sviluppa alla socialità, ma anche ad avere la giusta concentrazione in ciò che si sta facendo, al rispetto delle regole e del compagno di gioco visto come “avversario” specifica Simone Masala “e non come nemico. Differenza fondamentale che elimina il sentimento di avversione, di ostilità”. Sfumatura che spesso viene disattesa anche dal genitore. Spesso si vedono padri e madri che incitano i propri figli in modo scorretto dimenticando che il gioco e la vita reale non sono poi così distanti tra loro. “I bambini hanno bisogno di vincere nel gioco perché i genitori devono mostrare la vittoria del figlio come se fosse un trofeo” sottolinea il fondatore dell’associazione e continua “in questo modo i bambini giocano stressati e non al pieno delle loro possibilità”.

Le aule K e la metodologia d’insegnamento non sono altro che degli strumenti per demolire i problemi legati al gioco e costruire un buon cittadino partendo da attività ludico educative.

 

 

I numeri. Le aule non hanno avuto una storia lineare. La prima aula è nata nel 2012 ed hanno raggiunto l’anno successivo il loro numero massimo, ossia 14, ma nel 2014 hanno subito uno brusco stop per poi ripartire. Oggi si contano nove aule k sparse per diverse scuole, di ogni ordine e grado, a Cagliari. Dallo scorso anno è partito a Pirri un progetto pilota di durata biennale per lo sviluppo di tre nuove aule K  suddivise tra due per la scuola elementare e una all’interno della scuola media. Inoltre sono oltre cento i docenti cagliaritani che fanno formazione con l’associazione sul metodo “Didattica Ludica” dove vengono sviluppati modelli di insegnamento innovativo e vengono aiutati i docenti ad usare il “gioco come strumento didattico”.

Cina, Germania ed Emirati Arabi Uniti. Tre paesi stranieri che hanno intuito come sia possibile utilizzare il gioco, e le aule K, non soltanto come sistema di svago ma anche come caposaldo educativo. I primi passi si sono compiuti in Cina dove Simone Masala sta portando avanti diversi contatti per poter aprire aule K all’interno del paese dell’Asia. “In Cina sono interessati a portare avanti progetti simili, per loro i giochi educativi sono veramente innovativi, e stiamo valutando ed approfondendo diverse attività” ha raccontato il co-fondatore delle aule K. In Germania la “Dusyma”, società tedesca che si occupa dal 1925 di produrre e distribuire giocattoli educativi e che fornisce all’associazione tantissimo materiale educativo, ha colto appieno il modo di ragionare dell’associazione K ed assieme stanno studiando nuovi giocattoli robot educativi che “sfidano i cervelli”. A Dubai negli Emirati Arabi uniti la “Kidz Venture”, una scuola materna che si ispira al metodo d’insegnamento della Montessori, ha interesse ad aprire un’aula K e dove Simone Masala ha stretto una collaborazione come fotografo e formatore sul “metodo delle aule” agli insegnanti.

Prospettive. Diverse sono le opportunità che si stanno aprendo tutt’oggi come la partnership con la società cinese DFRobot per portare nelle aule K degli showrooms dei loro robot educativi di modo da poter utilizzare l’ultima frontiera dell’ingegneria all’interno delle scuole. Da Shanghai stanno partendo 12 robot, di diversi tipi, speciali computer “da parete” e stampanti 3D che la ditta dona alle Aule K in cambio della condivisione del nostro metodo didattico per usare la robotica nelle scuole. “Tutto quello che verrà fatto a Cagliari” concludono i fondatori dell’associazione “verrà esportato nelle 200 scuole cinesi a cui l’azienda fornisce materiale elettronico”. Ma a breve è in programma un ritorno in Medio oriente, precisamente nel Kuwait, dove si parlerà delle Aule K.

Alessandro Ligas

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