Tombe fenicie a villa Certosa, in un video la ‘confessione’ di Berlusconi

Il 24 luglio 2009 l’avvocato e deputato Niccolò Ghedini è furente. Deve fronteggiare le polemiche divampate dopo la pubblicazione delle registrazioni che la escort Patrizia D’Addario ha effettuato durante i suoi intimi incontri con Silvio Berlusconi. A far imbestialire il penalista non sono tanto i racconti del suo assistito sulle nottate in bianco nel ‘lettone di Putin’, e nemmeno il peana sui benefici dell’autoerotismo che l’allora primo ministro rifila all’accompagnatrice. Ghedini è furente per una questione di tombe. Fenicie. Trovate, racconta sempre l’allora premier alla D’Addario, a Villa Certosa e mai denunciate. “Un’altra storia miserabile – taglia corto l’avvocato -. Mai il presidente Berlusconi potrebbe aver parlato del ritrovamento di trenta tombe fenicie nel suo parco, perché mai nulla di simile si trova o è stato rinvenuto nell’area di villa Certosa”. Anche perché, se così fosse stato, il premier avrebbe dovuto denunciare tutto alla Soprintendenza ai beni archeologici e consegnare i reperti, a meno di incappare in un reato. Rimane il fatto che a parlarne è stato proprio l’ex Cavaliere, illustrando alla D’Addario le meraviglie della magione di Porto Rotondo.

“Sotto qua abbiamo scoperto trenta tombe fenicie… del 300 avanti Cristo”, si vanta Berlusconi. L’allora soprintendente ai Beni archeologici di Sassari Rubens D’Oriano casca dalle nuvole e azzarda: “Vista la natura del luogo, magari hanno dato comunicazione ad organismi superiori per motivi di sicurezza nazionale”. E invece nulla, tanto che l’Osservatorio internazionale archeomafie presenta un esposto-denuncia alla Procura della Repubblica di Roma, al comando generale dei carabinieri e al ministero dei Beni culturali. Che strada abbia preso quella denuncia, non si sa.

La notizia fa il giro del mondo, ripresa da Cnn, Washington Post, El Pais e The Times. Tiene banco per qualche settimana e poi sparisce. Fino a quando, nel dicembre scorso, il fotoreporter Antonello Zappadu viene in possesso di un video girato a villa Certosa nel 2007. Pubblica il filmato sul suo sito ma, incredibilmente, il documento passa sotto silenzio. Si vede un signore che illustra con orgoglio le bellezze della magione a un gruppo di adolescenti curiosi. Quel signore è Silvio Berlusconi, i giovani che lo ascoltano frequentano la scuola media di Olbia e a villa Certosa, racconta Zappadu, li ha portati l’allora (e attuale) sindaco Settimo Nizzi, già medico personale in terra sarda dell’ex Cavaliere prima di essere eletto in Parlamento con Forza Italia.

E che racconta Berlusconi, indicando un macigno granitico nel bel mezzo di villa Certosa? Questo: “Hanno trovato una tomba in un cui erano sepolte due ragazze, dell’apparente età di 16 anni e avevano i loro monili. Abbiamo conservato orecchini – dice toccandosi i lobi – bracciale e anello. Bellissimi, di pasta di vetro, di epoca fenicia”.

https://www.youtube.com/watch?v=AERioyLz5Pg

Il filmato è stato realizzato con il cellulare da uno degli studenti e dura qualche decina di secondi. “Nel 2007 non era certo comune avere un telefonino con cui si potevano fare filmati di una certa qualità – dice oggi Zappadu – quindi è possibile che Berlusconi pensasse ad una fotografia, non a un video. Quindi ha parlato tranquillamente dei reperti”. Gli stessi che due anni dopo non saranno “mai esistiti né ritrovati”, protagonisti di una “storia miserabile” e responsabili dell’idrofobia dell’avvocato Ghedini. Che forse oggi, a distanza di quasi dieci anni, sarà costretto a tornare nuovamente sull’argomento e smentire il suo assistito. Fino ad allora ci si può solo attenere alle dichiarazioni spontanee del ‘Cicerone-Berlusconi’, che a cascata generano alcune domande. Innanzitutto sul comportamento che tenne l’ex Cavaliere, in qualità di premier. E soprattutto: dove sono oggi quei reperti? Perché il prestigioso ritrovamento – “Se fosse vero sarebbe uno scoop”, dichiarò nel 2009 il docente universitario Piero Bartoloni – non è stato denunciato alle autorità come impongono le leggi? E tutto senza dimenticare che già solo la detenzione di reperti archeologici, anche a distanza di anni dal loro ritrovamento, si configura in sostanza come una perpetuazione del reato. Come dire: la prescrizione, per Berlusconi a volte salvifica, in questo caso non è contemplata.

Pablo Sole

sole@sardiniapost.it

 

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