Lirico di Cagliari, la scure della Corte dei conti sulle spese della Fondazione

Era tutt’altro che allegretto il Sovrintendente del Lirico di Cagliari Claudio Orazi, quando pochi giorni fa ha dovuto commentare l’ennesimo taglio ai trasferimenti arrivato dal ministero dei Beni e delle attività culturali: per la fondazione di via Sant’Alenixedda, quasi 700mila euro in meno rispetto al 2014 (come anticipato da Sardinia Post), con un decremento in valori assoluti da 8,2 a 7,5 milioni. Tutto ciò considerato che già due anni fa c’era stato un taglio di 400mila euro. “Mi dispiace due volte – ha dichiarato – perché la gestione economica e finanziaria di questo 2016 è stata rigorosa e virtuosa (nel 2015 il bilancio d’esercizio è stato chiuso in perfetto pareggio, ndr)”, richiamando implicitamente i bilanci in affanno firmati da alcuni suoi predecessori.

E ha ragione, Orazi. Lo dice anche la Corte dei conti (qui la relazione completa), che solo pochi mesi fa ha pubblicato un dettagliato studio sulle fondazioni lirico-sinfoniche italiane, passato sotto silenzio. E invece per il Lirico quel documento assume, soprattutto alla luce degli odierni tagli ministeriali, un’importanza cruciale. Perché traccia un quadro preciso dello stato dell’arte e analizza i prodromi di quel che l’ente sta vivendo oggi, con un’impietosa disamina del bilancio 2014, quando le cariche di Sovrintendente e di direttore artistico erano entrambe ricoperte dal Maestro cagliaritano Mauro Meli. Che dopo aver ereditato un bilancio in attivo – seppur di appena 29mila euro – ha lasciato nelle casse di chi l’ha sostituito, vale a dire Angela Spocci, nel 2015, un “saldo negativo di 5,5 milioni di euro”, scrive la Corte dei conti.  Meli ricopre attualmente la carica di direttore artistico del Lirico, chiamato dallo stesso Orazi poiché ritenuto “indispensabile”.

Dal bilancio in attivo del 2013 al rosso di 5,5 milioni del 2014

“Il bilancio d’esercizio 2014 (guarda) dice che il saldo negativo, pari a 5.519.497 euro, è causato dall’incremento dei costi, sia per servizi, sia per il personale, nonché in particolare dalla consistente svalutazione (3,9 milioni) effettuata per adeguare il valore dei crediti a quello di presumibile realizzo”. L’incipit della relazione pubblicata nel maggio scorso dalla Corte dei conti, non lascia molti dubbi sullo stato preoccupante delle casse di via Sant’Alenixedda dopo il 2014. Tradotto: è come se un padre di famiglia tranquillizzasse moglie e figli dicendo che tutto va bene perché qualcuno deve dargli un sacco di soldi, ma in effetti non mette in conto che, analizzati vari aspetti della vicenda secondo prudenza, il debitore potrebbe semplicemente dargli picche. Per vari motivi. Da qui – come prevedono le norme – la svalutazione del credito: si tratta di denari che sono in cassa solo sulla carta. Ed è una prassi, quest’ultima, che è stata applicata per anni.

Spese alle stelle per garantire una stagione “di alta qualità”. Che il ministero ha bocciato

Scrive la Corte dei conti che “nella gestione 2014 viene evidenziato come la volontà da parte della Fondazione di garantire una stagione di alta qualità artistica, abbia comportato il sostenimento di alti costi di gestione, non adeguatamente controbilanciati da maggior ricavi, e una forte perdita economica”. Tutto ciò pur considerando che durante la ‘doppia gestione’ del Maestro Meli (Sovrintendente e direttore artistico) i ricavi legati alla vendita di biglietti e abbonamenti hanno avuto un incremento del 48 per cento rispetto al 2013, passando da 1,4 a 2,2 milioni. A fare da contraltare all’incremento dei ricavi però ci hanno pensato i costi della produzione, passati da 21,8 milioni nel 2013 (con l’allora Sovrintendente Marcella Crivellenti) ai 27,8 del 2014, con Meli.

Dove sono andati a finire i soldi

Ma come si arriva a un incremento della spesa così imponente? In primis con un “forte incremento” del personale: nel 2014 infatti vengono stipulati 139 nuovi contratti, nella quasi totalità dei casi a tempo determinato, che comporta una spesa complessiva ex novo di 731mila euro. Questo esborso, sommato all’incremento dei costi per l’acquisto di servizi, ha determinato “un forte disavanzo a causa dell’incremento (rispetto al 2013, ndr) dei costi di produzione (+27,3 per cento), rispetto al valore prodotto, rimasto sostanzialmente stabile (+1,2 per cento)”.

I tagli ai trasferimenti decisi da Roma

L’idea di puntare su una stagione artistica di alta qualità, non ha oggettivamente colpito positivamente la Commissione consultiva per la musica, che ogni anno per conto del ministero ha il compito di stilare la classifica delle 14 fondazioni italiane e distribuire quindi, in proporzione, in milioni del Fondo unico per lo spettacolo. Se l’attività svolta nel 2013 sotto la guida della Sovrintendente Crivellenti e la direzione artistica di Umberto Fanni aveva ottenuto una valutazione complessiva di 7 punti (su 150), l’anno successivo il Maestro Meli pur incrementando i costi di produzione del 27,3 per cento ha ottenuto esattamente lo stesso risultato di chi l’ha preceduto: 7 punti (su 150).

Quindi il contributo generale a valere sul Fondo unico per lo spettacolo era passato dai complessivi 8,7 milioni assegnati sulla base della gestione Crivellenti nel 2014 (ma arrivati a Cagliari l’anno successivo, quando il Sovrintendente era Meli) agli 8,2 milioni assegnati nel 2015 ad Angela Spocci sulla base della gestione Meli del 2014. E questo, oltretutto, nonostante il ministero avesse accordato al Lirico un bonus legato al fatto che gli ultimi tre bilanci (Di Benedetto nel 2011, Massimo Zedda (facente funzioni nel 2012,ndr) e Marcella Crivellenti nel 2013) fossero in attivo. Dal 2015 si perde anche il bonus, poiché come visto il bilancio d’esercizio 2014 ha “un saldo negativo di 5,5 milioni”.

I crediti “di dubbia esigibilità” messi (comunque) a bilancio

Il saldo negativo riportato dalla Corte dei conti non si ottiene solo con l’incremento del 27,3 per cento dei costi di produzione. Lo spiega bene l’allora Sovrintendente Angela Spocci quando nel 2015 presenta il bilancio d’esercizio 2014 al Consiglio di indirizzo e sottolinea come la situazione economica sia “aggravata dalle scelte di gestione e dalla politica di bilancio adottata negli esercizi pregressi, che ha fatto sì che siano stati contabilizzati ricavi e crediti che non avevano il requisito di certezza, liquidità ed esigibilità”. Il riferimento è in particolare ai 2,3 milioni di euro che la Fondazione avrebbe dovuto ottenere dalla Regione per un progetto presentato nel lontano 2003, non ammesso alla graduatoria ma poi reintegrato da una sentenza del Tar (e in effetti messo a bilancio, in attivo, da tutti i predecessori).

“La domanda – scrive Spocci – deve essere quindi riammessa a valutazione”. Il che non significa che i denari siano certi. Inoltre, nel conteggio finale dei crediti svalutati perché di dubbia esigibilità figurano altri 500mila euro legati al progetto ‘Arcus’, promosso dallo Stato per “l’adeguamento e la valorizzazione delle strutture, nonché per la promozione del Lirico”. L’adesione al progetto arriva nel 2010 con l’allora Sovrintendente Maurizio Pietrantonio ma dopo un abbozzo, tutto rimane in sospeso fino al 2013, quando Marcella Crivellenti resuscita l’intervento e rimodula il progetto ma deve abbandonare tutto quando il Tar decreta la sua destituzione dalla guida del Lirico. Poco dopo Massimo Zedda vola a Roma e tenta di recuperare il mezzo milione di finanziamento. Ci riesce, quindi arriva Meli, che firma il contratto tra lo Stato e la Fondazione nel febbraio del 2014, un mese dopo la nomina. Ma “considerato che al 31 dicembre 2014” il progetto non è stato realizzato, “il credito non è certo, liquido ed esigibile”, mette nero su bianco Angela Spocci. Infine c’è un ulteriore milione svalutato “per inesigibilità del credito” verso la Regione.

Missione risanamento (ma col rischio di venire cancellati)

Ora, il Sovrintendente Orazi ha rimarcato come “la gestione economica e finanziaria del 2016” sia stata improntata al rigore. Si spera poi che l’effettivo consuntivo (laddove si vedranno costi e ricavi effettivi) rispecchi gli auspici odierni. Si lavora inoltre sul versante dei debiti con le banche e con i fornitori. Se per l’esercizio 2014 la Corte dei conti riporta un indebitamento oltre i 13 milioni di euro, tre giorni fa è arrivato l’annuncio della riduzione del passivo per circa “cinque milioni di euro”, con “un significativo decremento rispetto ai 9,6 milioni previsti alla stessa data dello scorso anno”, riporta l’Ansa. Il risanamento peraltro è una scelta obbligata, visto che se i conti non torneranno presto in regola, il ministero potrebbe decidere di mettere in liquidazione coatta la Fondazione, così come gli altri enti con i bilanci in rosso.

Pablo Sole

sole@sardiniapost.it

(foto di Roberto Pili)

 

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