Cartoline dal cielo del Marganai 1/2. Il buco con la foresta intorno

di Pablo Sole  sole@sardiniapost.it

Spesso guardare le cose da un’altra prospettiva aiuta a comprendere meglio la realtà. Ecco perché, otto mesi dopo il primo reportage, siamo tornati nel compendio del Marganai con un drone. L’occhio elettronico ha sorvolato le aree che quasi due anni fa sono state rase al suolo col placet dell’Ente foreste e ha svelato un’immensa foresta con un buco al centro: 33 ettari di bosco trasformati in legna da ardere e materia prima per la produzione di pellet. Abbiamo effettuato un sopralluogo in tre diverse zone interessate dalla ceduazione: S’isteri, Sa folara de su carbonau e Su caraviu. Ecco quello che abbiamo trovato.

Località S’isteri

A S’isteri tanto verde. Ma è quello sbagliato.

“Tutto ricrescerà ancora più rigoglioso”, si sono affrettati a dire i vertici dell’Ente foreste nel bel mezzo delle polemiche sul taglio della lecceta. Quando, però, non si sa: “In effetti negli ultimi due anni, dopo il passaggio delle motoseghe, qualcosa è cresciuto: corbezzolo, cisto, erica. Dai tronchi dei lecci tagliati invece, spuntano solo timidi polloni: continuamente brucati dagli animali di passaggio, non riescono a svilupparsi”, dice Francesco Aru, in rappresentanza del team che sta costantemente monitorando l’area per l’aggiornamento del Piano di gestione del Monte Linas – Marganai. Del gruppo di professionisti fanno parte anche il padre della geopedologia in Sardegna, Angelo Aru e il geologo Daniele Tomasi. Nel frattempo, la differenza tra l’area tagliata e la foresta intatta è impressionante: il paesaggio è totalmente modificato ed è rimasto immutato negli ultimi due anni. Forse anche per questo il Sovrintendente ai beni paesaggistici di Cagliari e Oristano, Fausto Martino, ha deciso di imporre lo stop ai tagli e di ragionare a bocce ferme sull’intero progetto, che nel giro di pochi anni dovrebbe interessare circa 550 ettari di lecceta. È ciò che chiedeva a gran voce anche l’associazione ambientalista Gruppo di intervento giuridico, che per prima ha denunciato il caso Marganai.

In volo radente dentro l’area ceduata

“Al posto dei lecci c’è il corbezzolo, che non è particolarmente apprezzato dai cervi, e tantissimo cisto. Il terreno si è trasformato in una landa desolata, si vede pietrame dappertutto – dice Aru -. L’azione erosiva dell’acqua, non mitigata dalla vegetazione, ha asportato notevoli quantità di suolo e messo a nudo il pietrame sottostante. Questa è la conseguenza del taglio a raso su suoli fortemente sensibili all’erosione, come questi”. Malgrado il Corpo forestale avesse imposto di lasciare sul terreno i lecci più forti e ben sviluppati (circa 100 per ettaro, come prevedono le norme), è stato fatto l’esatto contrario. A S’Isteri, ma anche in tutte le altre zone tagliate, son rimasti in piedi solo gli alberi più giovani, con i fusti più esili: avendo una resa di legname vicina allo zero, non sono economicamente appetibili. “Le piante migliori, le più vecchie sono state tagliate e portate via per fare legna – conferma Aru -. E mancando la protezione della foresta, gli agrifogli, specie ultra protetta, sono morenti o schiantati al suolo dal vento”. Due mesi orsono l’assessore all’Agricoltura del Comune di Domusnovas Alessio Stera dichiarò a favore di telecamere: “Vedete, il bosco è stato ripulito”. Aveva ragione. Nel senso che della foresta è rimasto ben poco. “Ma ora vediamo come gli alberi ricrescono dopo otto mesi”, proseguì. Peccato che la ricrescita non ci sia. E mica in otto mesi, come affermato dall’assessore, ma in quasi due anni: qui le motoseghe sono state accese per l’ultima volta nel dicembre del 2013.

I tagli hanno prodotto una nuova specie: il leccio nano

“Oggi, a distanza di quasi due anni dai tagli, a S’isteri dovremmo avere nuovi lecci alti almeno 2,5 metri. È così? No. La stragrande maggioranza arriva a 40-50 centimetri: se li mangiano gli animali“, spiega Aru. Questo fa sì che anziché svilupparsi in altezza, come dovrebbe essere, i polloni gemmano in più direzioni col risultato che al posto di un nuovo albero, si ha un cespuglio basso. “È un comportamento naturale che la pianta mette in atto per difendersi dai predatori. È simile ad un uomo che, sentendosi minacciato, si rannicchia”. Per ovviare al ‘piccolo’ problema, l’Ente foreste avrebbe potuto imporre la recinzione dell’area ai titolari della concessione di taglio. A quel punto però i costi sarebbero arrivati alle stelle – si parla pur sempre di 33 ettari – e l’operazione si sarebbe rivelata assolutamente antieconomica. Nel frattempo, tra una rassicurazione e l’altra, i cervi festeggiano. I lecci un po’ meno. Non convincono nemmeno le infografiche predisposte dall’Ente foreste qualche settimane fa, laddove si dice che “la ricrescita è ben visibile nelle aree di taglio”. Forse parlavano di corbezzoli.

Località Sa folara de su carbonau

Al posto del terreno, le rocce: l’acqua ha spazzato via tutto

“Quando piove, l’acqua non trova più le chiome degli alberi, quindi arriva a terra con una potenza dirompente. Agisce come una lamina erosiva – spiega Francesco Aru – sui versanti con pendenze medie o elevate, come nel caso di Sa folara, quindi scende a valle portando con sé tutto il materiale organico che costituiva la lettiera. Là dove un tempo c’era il terreno fertile, ora affiorano le rocce. Restano frustoli legnosi e rametti – prosegue il professionista – sparsi tra pietre di medie e grandi dimensioni, su un suolo privo di verde e pieno di ceppi, ossia i tronchi degli alberi tagliati, in parte morti e altri con pochi ricacci, che sono continuamente brucati da cervi e chissà se torneranno ad essere alberi”.

La terra non c’è più e le radici fluttuano per aria

Quando le piogge trascinano a valle la terra, il risultato è semplice: molte piante hanno le radici per aria. “La perdita di suolo è di circa 4 centimetri e, in certi punti, è anche maggiore – dice Aru -. In aree a pendenza elevata la forza erosiva delle acque piovane che scorrono sul terreno è elevatissima, soprattutto quando la superficie del suolo è ripulita da foglie e altri residui vegetali, che con la decomposizione vanno a formare la cosiddetta lettiera. Oltre a rappresentare un importantissimo nutrimento per le piante, la lettiera funge anche da sistema di regimazione delle acque. L’assenza di copertura vegetale, conseguente al taglio a raso, e di lettiera, aggrava fortemente i processi erosivi del suolo, come in questo caso”. (Segue)

(Riprese drone: Davide Manca (Istantanea)

 

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