Assunzioni in Regione senza concorso, il caso dell’Agenzia sarda per il lavoro

Le assunzioni nei Centri provinciali per l’impiego (Csl) e nei Centri comunali per l’inserimento lavorativo (Cesil): ecco cosa è successo in Sardegna.

Mentre in Sardegna la disoccupazione giovanile continua a salire (56,4 per cento contro il 39,4 di media nazionale, stando all’ultimo dato Istat), spunta una nicchia di fortunati: sono i 519 ex dipendenti dei Centri servizi per il lavoro (Csl) e dei Centri servizi per l’inserimento lavorativo (Cesil), gestiti rispettivamente da Province e Comuni.

Dal 9 gennaio Csl e Cesil sono stati assorbiti dall’Agenzia sarda per le politiche attive del lavoro (Aspal), ma come enti pubblici autonomi avevano preso forma dal ’98 in avanti, in attuazione al decreto legislativo 469 che riorganizzò a livello nazionale i vecchi uffici di collocamento. La riforma era ambiziosa: usando più moderne forme di assistenza come il censimento dei curricula e l’attivazione di corsi formativi, si voleva facilitare la ricerca di un lavoro. Tanto che nell’Isola, dove la disoccupazione è un’eterna emergenza strutturale, Csl e Cesil vennero istituiti capillarmente, raggiungendo quota trentotto.

Ma l’obiettivo del sostegno all’occupazione per il momento pare essere stato centrato solo per i dipendenti degli stessi Csl e Cesil assunti senza concorso, attraverso chiamate dirette o selezioni per titoli più colloquio. Un paradosso tutto sardo che è emerso in queste giorni cioè quando per i 519 ex lavoratori di Csl e Cesil si sono completate le procedure di stabilizzazione nell’Aspal con gli ultimi 298 contratti firmati: da precari che erano, i 519 – a scaglioni – sono diventati dipendenti regionali a tempo indeterminato.

Maggioranza di centrosinistra e opposizione hanno votato all’unanimità il provvedimento. Fatto insolito in tempi in cui gli schieramenti non perdono occasione per farsi la guerra. Ma quei 519 lavoratori sono un caso a parte. È infatti vero che a suo tempo ci sono state anche selezioni pubbliche e i candidati sono stati valutati da apposite commissioni, ma la politica ha messo del suo. Ciò non significa ovviamente che tra gli assunti non ci siano eccellenti operatori (alcuni hanno ottenuto la stabilizzazione dopo dieci anni di precariato): il problema è che una parte delle assunzioni è stata condizionata in modo evidente dall’appartenenza politica dei prescelti. Una modalità di selezione bipartisan, praticata dal centrodestra come dal centrosinistra. Ed ecco una delle ragioni del voto unanime del Consiglio regionale. E anche di molti malumori.

Lo scorso 1° gennaio, quando Sardinia Post pubblicò la mappa sarde della stabilizzazioni in Regione (leggi qui), sulla bacheca Facebook del giornale non sono mancati i commenti di contestazione. Eccone alcuni. Marco Spano: “Bene, anziché assumere per concorso, saranno stabilizzati quelli che sono entrati grazie ai vari politicanti di turno, negli anni passati. Ma poverini li vogliamo lasciare precari a vita? È che mai sarà un contratto a tempo indeterminato, chi è quel pezzente che non se lo può permettere?”. Stefano Virdis: “Insomma, come al solito tutti i prediletti dei politici. I concorsi non esistono e non esisteranno mai”. Roberta Cuboni: “Ma ci si può ribellare a questa cosa e chiedere un concorso aperto a tutti?”. Letizia Calledda: “Ma non è previsto che l’accesso in Regione avvenga per concorso pubblico?”. Reazioni generalizzanti, che i diretti interessati avvertono come ingenerose. E che, però, sono indicative del clima di diffidenza che nella Sardegna della crisi accompagna le scelte della politica.

Ma non è il solo problema. A emergere è stata anche una sproporzione tra il numero degli assunti nei vari territori e quello dei disoccupati. Certo è che che il numero dei senza lavoro può variare e che dunque non può mai esserci una relazione stabile tra gli organici degli uffici e quanti cercano occupazione, ma in alcuni casi la sproporzione è particolarmente eclatante. Per esempio, nei Centri per l’impiego dell’Oristanese si concentrava il 18,3 per cento del personale (95 sui 519 totali), mentre nel territorio vive il 10 per cento dei senza lavoro sardi (29mila su un totale di 290mila). Il rapporto tra dipendenti e disoccupati è di 1 a 305. Per contro nella provincia di Cagliari, che raccoglie il 31 per cento dei senza lavoro (89.900), il Csl aveva una pianta organica da 41 dipendenti. Rappresentavano l’8 per cento sul totale dei 519, ma si saliva al 22 considerando che il bacino del Cagliaritano è assistito anche dalla vecchia agenzia regionale del lavoro per un totale di 115 dipendenti. Il rapporto in questo caso è stato di 1 a 781.

Nell’Oristanese il record assoluto ce l’aveva al Centro servizi di Ales, dove si contava una pianta organica da dodici e un bacino di senza lavoro da 1.900 persone, pari a una proporzione di un dipendente ogni 158 disoccupati. Per contro a Carbonia, che rispetto ad Ales ha l’819 per cento di disoccupati in più (oltre 15mila), la pianta organica del Cesil era ugualmente da dodici.

Nelle stesse condizioni dell’Oristanese, quindi con un numero alto di assunti nei Csl e nei Cesil, c’erano anche le province di Nuoro e dell’Ogliastra: lì la proporzione tra dipendenti dei centri per l’impiego e disoccupati è stata di 1 su 400, circa. Con rapporti numerici simili a quelli del Cagliaritano, ecco invece la Gallura: qui gli iscritti nelle liste di disoccupazione sono il 12 per cento (34.800 persone), mentre i dipendenti del Centro per il lavoro risultavano essere 40 (7,7 per cento), con una proporzione di 1 a 870. Ugualmente nel Sassarese lo squilibrio è importante: a fronte di 58mila disoccupati (il 20 per cento del totale regionale), i dipendenti del Csl erano 64 (12,3 per cento). Risultava una proporzione di 1 a 906. Nel Sulcis, dove dove risiede il 10 per cento dei disoccupati sardi (29mila), il Csl aveva 32 dipendenti che corrispondevano al 6,1 per cento dell’organico totale con una proporzione di uno a 815.

A proposito della gestione di Csl e Cesil, lo stesso direttore generale dell’Aspal, Massimo Temussi, ha parlato di “scelte e logiche del passato che hanno portato a grandi disparità e difformità nel trattamento dei servizi”. Per questo nel tentativo di riequilibrare le storture – a suo dire -, parte dei nuovi assunti è stata destinata a una sede diversa rispetto a quella dove ha sempre lavorato. Ne è nato un caso politico, sollevato dal consigliere di Sel, Francesco Agus, che ha accusato Temussi di “abusi nell’assegnazione delle sedi”.

Alessandra Carta
(@alessacart opn Twitter)

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