Eni e lo stop alla cessione Versalis: retroscena e spiragli ‘chimica verde’

Il fondo americano Sk Capital intendeva azzerare gli attuali vertici di Versalis dopo l’operazione di acquisizione. È stato questo, stando alle prime indiscrezioni, il motivo per cui Eni ha deciso di far saltare le trattative per la vendita di Versalis, la società controllata dal cane a sei zampe che si occupa di chimica. Dopo un “corteggiamento” durato 9 mesi, la brusca interruzione è arrivata nella tarda serata di ieri tramite un comunicato di poche righe. “Eni e il fondo americano SK Capital hanno convenuto di porre fine alla trattativa per la cessione di una quota di maggioranza delle azioni di Versalis avendo constatato l’impossibilità di trovare un accordo su alcuni punti negoziali tra cui, in particolare, la futura governance della società”. Si tratta di una conferma implicita, da parte della società, di ciò che i sindacati sostenevano da tempo. E cioè, l’inconsistenza di un fondo esclusivamente finanziario, non abituato a fare i conti con un settore produttivo di questa portata (4.300 addetti in Italia e circa altri mille all’estero). Eni aveva posto fin dall’inizio condizioni ben chiare per la cessione della società: mantenere gli attuali stabilimenti per almeno 5 anni, garantire per 3 anni i livelli occupazionali e gli investimenti in tutte le attività. Lo società guidata da Claudio Descalzi, inoltre, aveva chiesto espressamente che Versalis rimanesse con lo stesso management di oggi. È stato soprattutto quest’ultimo punto a causare la frattura: gli americani, evidentemente, non avevano intenzione di mantenere i vertici attualmente in carica.

Lo scenario. Il comunicato lascia intendere che per il momento non ci sono nuove ipotesi di cessione. “Eni dalla prossima semestrale tornerà a consolidare integralmente Versalis nei conti di gruppo”. Una frase che potrebbe tradursi nella volontà di continuare a mantenere sul lungo periodo un controllo strategico sul settore della chimica, almeno fino a quando non compariranno all’orizzonte nuovi investitori privati che siano in grado di farsi carico dell’acquisto di quote societarie. Intanto rimane sul tavolo la questione degli investimenti. In particolare sul fronte della cosiddetta “chimica verde“: un tema che coinvolge in prima persona i lavoratori di Porto Torres. Il progetto turritano prende il nome di Matrìca, società nata dalla joint venture paritetica tra Novamont e Versalis che prevede la realizzazione di una bioraffineria di terza generazione per produrre plastiche bio attraverso una filiera vegetale. “Siamo soddisfatti, ora occorre tenere alta la guardia sugli investimenti legati alla chimica verde, affinché vengano realizzati” – Giovanni Tavera, segretario generale della Uiltec – esprime così la posizione dei lavoratori del settore chimico di Porto Torres dopo l’annuncio del blocco delle trattative. Per nove mesi i sindacalisti hanno fatto pressione a tutti i livelli, con iniziative di lotta tra cui uno sciopero generale, per chiedere alla multinazionale di rivedere il progetto di cessione al fondo americano Sk Capital.  Ora il risultato è stato raggiunto. “Non possiamo esultare completamente – afferma Tavera – perché occorre capire come si comporterà Eni per quanto riguarda gli investimenti da 1,2 miliari di euro, tra cui anche la chimica verde. Anche per questo dobbiamo continuare a vigilare sul futuro di Versalis, così come abbiamo fatto in questi mesi”.

Michele Spanu

@MicheleSpanu84 on Twitter

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