Slitta la decisione del Consiglio di Stato sul progetto Eleonora

Niente di fatto: il Consiglio di Stato si esprimerà sul progetto Eleonora della Saras il 9 giugno. E non si limiterà a pronunciarsi  sulla sospensione della sentenza del Tar Sardegna invocata dalla società petrolifera, ma emetterà un provvedimento definitivo entrando nel merito dei procedimenti che hanno portato al rigetto del progetto della società petrolifera. A chiedere una pronuncia in tal senso è stata la Regione Sardegna.

La Saras da tempo ha in piedi ad Arborea, nell’Oristanese, un piano per l’esplorazione, mediante trivellazione, di gas naturale nel sottosuolo. “L’auspicio dell’amministrazione comunale e di tutta la comunità è che venga scritta la parola fine a una vertenza che ha prodotto come unico risultato un profondo e diffuso sentimento di opposizione”. Queste le parole del sindaco di Arborea, Manuela Pintus, alla vigilia dell’importante decisione. “Una vertenza che proprio il prossimo 6 aprile compie dieci anni di vita , se consideriamo i primi permessi ottenuti nel 2006 per le prospezioni geofisiche sul nostro territorio”, ricorda il comitato No Eleonora.

Il ricorso contro la sentenza del Tar Sardegna, insieme ad una richiesta di risarcimento pari a 7,2 milioni di euro per le spese sostenute in analisi, studi e sondaggi, è stato presentato dalla Saras  a fine dicembre. Adducendo questa motivazione: la dichiarazione di improcedibilità del provvedimento di valutazione ambientale del Savi non ha ragion d’essere.

La battaglia legale è cominciata subito dopo la decisione della Regione, che da parte sua ha motivato la dichiarazione di  improcedibilità con l’incompatibilità del pozzo esplorativo proposto dalla società petrolifera rispetto al Piano paesaggistico regionale. La sentenza del Tar Sardegna, a cui la Saras si era appellata, è arrivata un anno dopo, ad ottobre del 2015. Per il tribunale amministrativo, il pozzo esplorativo “Eleonora 01-dir” non è risultato essere né un’opera temporanea e precaria né una cosiddetta “infrastruttura puntuale”. Vale a dire che l’intervento in questione non è riconducibile alle opere autorizzabili in conformità al Piano paesaggistico. Questo ha stabilito il Tar, aggiungendo che, “laddove il regime di tutela del paesaggio sia assolutamente inderogabile e si ponga come irrimediabilmente ostativo, l’intervento non è neanche prospettabile”. Secondo i giudici, bene, dunque, ha fatto il Savi a dichiarare l’improcedibilità della valutazione d’impatto ambientale del progetto, riferendosi alle norme del Piano paesaggistico regionale che tutelano la fascia costiera e, nel caso specifico, anche lo Stagno di S’Ena Arrubia.

Nella sentenza, i giudici ricordano dunque che il progetto sottoposto a Via “comporta la trasformazione di circa 12.840 mq. di terreno incontaminato (7.750 per area piazzale, 3.280 mq. quale pertinenza mineraria, 1.550 mq. per parcheggio automezzi di cantiere, 260 mq. necessari per la collocazione della fiaccola)”. Ecco perché il Tar esclude “la presenza di volumi di modesta entità e comunque tali da non alterare lo stato dei luoghi”. Oltre a ciò, “il carattere temporaneo è smentito dalla prevista durata di circa 1 anno e mezzo della realizzazione dell’opera, senza considerare il fatto che, a fine lavori, è prevista la permanenza in sito di una struttura denominata ‘testa di pozzo’ e del locale ‘cantina’. Mentre il carattere “precario” è radicalmente escluso dal fatto che la struttura è prevista come “saldamente ancorata al suolo”: si pensi, ad esempio, alla “torre” alta circa 40 metri e al plateau in cemento.

P.L.

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