A poco più di tre mesi dai 70 anni dalla nascita dello Statuto sardo, l’Isola si interroga sul ruolo della specialità, in un momento nel quale, dopo i referendum di Lombardia e Veneto, anche alcune regioni ordinarie spingono per ottenere competenze e risorse. Il tema è stato sviscerato a Sassari durante il convegno “La specialità nello Statuto della Sardegna: un privilegio da cancellare o un valore da preservare?”, organizzato dall’associazione degli ex consiglieri regionali della Sardegna, in collaborazione con il dipartimento di Giurisprudenza dell’Ateneo sassarese. “Siamo in una fase di grande cambiamento – ha osservato il presidente dell’Assemblea sarda, Gianfranco Ganau – ma ritengo che oggi le regioni che chiedono di utilizzare risorse a proprio uso e consumo, commettano un errore che va contro la filosofia dell’atto costituzionale e i principi di solidarietà nazionale. Sbagliano quelle regioni che chiedono la specialità perché questo riconoscimento nasce storicamente da ragioni ben precise legate a condizioni geografiche e culturali, uniche, non ripetibili e non replicabili, salvo così voler svilire e mortificare il nostro sistema costituzionale”.
“Dobbiamo pensare a un’autonomia positiva e responsabile che si spinga sino all’assunzione di un maggior carico di responsabilità in campi definiti come la fiscalità locale e le politiche che riguardano l’istruzione – ha aggiunto l’assessore delle Riforme Filippo Spanu – È necessario ripartire dalle norme di attuazione, strumento prezioso nel percorso di rafforzamento della nostra capacità di autogoverno. L’autonomia inoltre trova nuova linfa attraverso il potenziamento delle relazioni con altre regioni mediterranee e, in questo contesto, la Giunta ha scommesso su un rapporto stretto con la Corsica e con le Baleari per far valere, in ambito europeo, istanze comuni in settori strategici. In questo modo possiamo essere più forti in Italia e in Europa e declinare in una forma nuova e moderna la nostra specialità”.
