Consumi di energia al minimo. Confartigianato: “E’ il segno della crisi”

I consumi delle imprese sarde al minimo: nel 2013 c’è stato un calo del 24,5% rispetto all’anno precedente (peggior performance a livello nazionale, dove la media si è attestata al -3,2%). A rivelarlo un’elaborazione dell’Ufficio Studi di Confartigianato relativa alla domanda di energia elettrica delle imprese, su dati Terna del 2012 e 2013. Per la Confartigianato Sardegna, “è il segno della crisi”.

Segno positivo solo per il Medio Campidano ma “sprofondo” per Carbonia-Iglesias: -61,8%. In un anno, a livello regionale si è passati da 7.383 a 5.573 gigawatt/ore, con una perdita secca di 1.810 gwh. Tra le province segno positivo (leggero) solo per il Medio Campidano, in crescita del 0,5% (da 153 gwh del 2012 a 153,5 gwh del 2013).

Segno negativo per tutte le altre: Olbia-Tempio -2,7% (da 477 a 464), Sassari -3,6% (da 738 a 711), Oristano -3,9% (da 290 a 279), Ogliastra -4,0% (da 94 a 90), Nuoro -6,3% (da 541 a 507), Cagliari -8,9% (da 3.452 a 3.144). Chiude Carbonia-Iglesias, ultimo posto in Italia, con uno sprofondo del -61,8% (da 2.296 a 878).

Il Rapporto segnala come una piccola impresa tipo arrivi a pagare una bolletta elettrica annua di 14.408 euro, di cui il 35,3% è determinato dagli oneri generali di sistema e il 6,1% da oneri fiscali. Oltre agli oneri generali di sistema, a “gonfiare” la bolletta elettrica delle piccole imprese c’è anche la componente fiscale, tra le più gravose d’Europa: la tassazione dell’energia è pari al 2,3% del Pil ed è superiore di 0,6 punti rispetto alla media dell’Eurozona.

L’indagine rivela anche come le imprese artigiane subiscano un doppio “spread elettrico”: queste pagano il kwh (kilowattora) il 31% in più rispetto ai competitor europei e l’89% in più rispetto alle grandi imprese italiane (quelle con maggior consumo di energia). “La situazione in Sardegna è ancora più complicata – sottolineano da Confartigianato Imprese Sardegna – ricordiamo che nel 2012 (ultimo paragone disponibile) le imprese sarde pagavano ben 2.708 euro in più rispetto alle altre aziende europee e 932 euro in più rispetto ai colleghi delle altre regioni italiane ovvero 1,03% del valore aggiunto svaniva in maggiori oneri energetici”.

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