Debito pubblico nazionale, i sardi hanno già pagato 3,3 miliardi

Ecco quanto la Sardegna sta pagando per gli accantonamenti, a copertura del debito pubblico ma anche per il fondo sanità delle regioni a statuto ordinario.

“Dal 2012 al 2017 la Sardegna ha garantito allo Stato un contributo di finanza pubblica (per risanare il debito nazionale, ndr) pari a 3,3 miliardi di euro. Si tratta di risorse spettanti statutariamente alla Regione come quote di entrate erariali, quindi di fatto sottratte al bilancio dell’Isola”.

È questo un passaggio del dossier che la Giunta di Francesco Pigliaru ha spedito a Roma (nella foto il ministero dell’Economia) per contestare l’impennata degli accantonamenti, che sono appunto le iniezioni di liquidità imposte alle Regioni dai governi Letta, Renzi e Gentiloni a copertura del debito. “Ma senza limite temporale, a differenza di quanto ribadito dalla Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima l’estensione non transitoria di misure restrittive a carico dei bilanci regionali”. Di qui l’apertura di una nuova vertenza da parte dell’Esecutivo sardo che ha affidato la trattativa con lo Stato al vicepresidente nonché assessore alla Programmazione, Raffaele Paci.

Oggi a Roma c’è un nuovo confronto, dopo quello del 17 marzo tra lo stesso Paci e il sottosegretario agli Affari generali Gianclaudio Bressi (nella foto). paci-bressaIl quale, a nome del Governo, si era detto favorevole alla riduzione degli accantonamenti, rinviando a successivi tavoli la quantificazione dei tagli. Proprio per questo Paci incontra la sottosegretaria alla presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi.

La Regione porta a Roma una rivendicazione precisa: almeno 113 milioni di decurtazione sul 2017, rispetto ai 718,7 che lo Stato chiede per quest’anno alla Sardegna. Il taglio è incluso nei 3,3 miliardi di accantonamenti totali conteggiati dalla Giunta dal 2012 al 2017. Diversamente la cifra salirebbe a 3 miliardi e 426 milioni.

Questo lo storico delle somme già versate dall’Isola e che nel 2012 ammontavano a 268,6 milioni. Di cui 108 chiesti “per aumentare il fondo sanitario delle regioni a statuto ordinario”, ha rilevato l’Esecutivo sardo, quando invece la Sardegna paga dal proprio bilancio l’assistenza medica e ospedaliera. Cioè che vale una spesa di oltre 3 miliardi e 300 milioni annui.

Lo stesso meccanismo è stato applicato negli anni successivi: nel 2013 la Sardegna ha pagato 431,5 milioni di accantonamenti, di cui 283 finiti nel fondo nazionale della sanità, anche a copertura dei deficit delle Asl italiane. Nel 2014 questa la proporzione: 578,4 milioni totali di cui 354,5 per gli ospedali delle regioni a statuto ordinario (e relativi passivi).

Nel 2015 altra impennata: gli accantonamenti sono costati alla Sardegna 681,7 milioni, perché ai 384,8 andati alla sanità nazionale si sono aggiunti i 148,4 imposti con la legge di stabilità dello stesso anno. Nel 2016 ancora un aumento: 684 milioni, visto che il fondo nazionale della sanità è cresciuto di ulteriori 2,3 milioni.

In questo 2017, senza la decurtazione che Paci sta chiedendo, la Sardegna rischia di pagare 781,7 milioni di accantonamenti: includono un nuovo prelievo da 97,7 milioni previsto le leggi di stabilità del 2016 e del 2017.  Per il 2018 la richiesta di Roma è addirittura di 848,4 milioni con un’ulteriore maggiorazione di 66,7 milioni fissata sempre dalle due Finanziarie nazionali. Invariata la quota chiesta alla Sardegna per la sanità nelle regioni a statuto ordinario: 387,1 milione sia nel 2017 che nel 2018.

Paci dice: “Andiamo a Palazzo Chigi forti delle nostre ragioni e pronti a farle valere. Alla sottosegretaria Boschi ribadirò che non possiamo più permetterci di pagare una cifra così elevata per gli accantonamenti: vanno drasticamente ridotti perché quei soldi sono dei sardi e vogliamo usarli per politiche mirate di crescita e sviluppo, necessarie a uscire finalmente dalla crisi”.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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