Sulcis, aiuti di Stato e licenza di inquinare

Ancora una volta. Il peccato originale della Sardegna, e in particolare del Sulcis, resta sempre lo stesso: aiuti di Stato. Illegittimi perché violano le norme comunitarie sulla concorrenza. Questa volta, l’ultima in ordine di tempo, la condanna è arrivata all’Italia dalla Corte di giustizia europea per mancato recupero di più di 18 milioni di euro in favore di varie industrie del Sulcis, a Portovesme.

In particolare, secondo quanto segnala il Gruppo d’intervento giuridico, nel mirino Ue sono finite le tariffe agevolate di energia elettrica fornite alla Portovesme s.r.l., all’Ila spa., all’Eurallumina spa e alla Syndial spa. Alcune di queste industrie sono ferme da tempo, in attesa di un rilancio del comparto che non arriva.  Quindi fuori mercato, mal gestite e spesso causa dell’alto livello di inquinamento del basso Sulcis, puntualizza l’associazione ambientalista.

L’Italia, quindi, oltre a provvedere al recupero dei fondi, dovrà pagare le spese del procedimento.  In caso di ulteriori ritardi o inadempienza, potrebbe arrivare anche la condanna a pesanti sanzioni pecuniarie.

Non è appunto l’unico caso. Sempre dal Grig arriva la segnalazione di un’altra situazione simile e poco distante: quella degli aiuti di Stato concessi alla Carbosulcis spa, partecipata regionale che ha in gestione l’omonima miniera di Nuraxi Figus, nota a livello nazionale per le proteste dell’estate del 2012. Gli aiuti sono stati ritenuti illegittimi dalla Commissione europea. Da Bruxelles contestano la gestione della miniera e per le  attività di ricerca per l’uso cosiddetto sostenibile del carbone. Si tratta di almeno 405 milioni di euro.

Il futuro. Proprio a fine febbraio con l’approvazione del decreto Destinazione Italia, diventato legge, è arrivato il via libera alla centrale termoelettrica a carbone vicino alla miniera. Era uno dei progetti alternativi per il rilancio. Un’altra patata bollente sul tavolo del neogovernatore, Francesco Pigliaru. Sarà infatti proprio la Regione che potrà bandire una gara internazionale entro il 30 giugno 2016 “per realizzare una centrale termoelettrica a carbone, dotata di apposita sezione di impianto per la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica prodotta, da realizzare sul territorio del Sulcis Iglesiente, assicurando la disponibilità delle aree e delle infrastrutture necessarie”.

Ed è previsto, ovviamente, un ricco incentivo. Al soggetto imprenditoriale vincitore “è assicurato l’acquisto da parte del Gestore dei servizi energetici S.p.a. dell’energia elettrica prodotta e immessa in rete dall’impianto”. Una garanzia che dura 20 anni, al prezzo di mercato maggiorato di un incentivo fino a 30 Euro/MWh. L’importo complessivo è di 60 milioni di euro annui, ben 1,2 miliardi di euro totali da spalmare sulla bolletta energetica di tutti gli italiani. Il progetto prevede la cattura dell’anidride carbonica e il relativo stoccaggio in una sigla CCS (Carbon Capture and Sequestration) .

A ciò si aggiunge una certa licenza di inquinamento perché “in caso di funzionamento della centrale termoelettrica in assenza di cattura e stoccaggio della CO2, le emissioni di gas serra attribuite all’impianto sono incrementate del 30%”.

Ma anche sul nuovo progetto e relativo via libera nazionale pende la mannaia dell‘ennesima procedura di contestazione comunitaria, per cui “Il rapporto tra l’ammontare complessivo di tale incentivo e il costo totale di investimento sostenuto dal vincitore della gara non deve superare le proporzioni consentite dalle norme comunitarie sugli aiuti di Stato e nessun incentivo può’ essere concesso prima della approvazione da parte della Commissione europea”. L’eterno gioco dell’oca: un passo avanti e tre indietro. Pur di non restare fermi.

 

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