Tiberio Murgia, il grande bugiardo (e il puro artista) secondo Naitza

Quanto deve la commedia all’italiana degli anni d’oro (ma anche “d’argento” e di metallo scaduto) ai cosiddetti caratteristi? Probabilmente tutto, anche perché, per la maggioranza dei casi, si trattava, soprattutto nelle sceneggiature firmate dai “grandi“ (Age, Scarpelli, Scola etc), di storie che riuscivano a mettere in luce sia i protagonisti  sia i personaggi con meno battute.

Si rifletteva così bene una fetta di società che si voleva stigmatizzare con ferocia e melanconia, allo stesso tempo. Un esempio di questo metodo di scrittura filmica è “I soliti ignoti” (1959) di Monicelli, nel quale lo spettatore si divertiva a vedere il capovolgimento dei ruoli degli attori preferiti (Gassman non più romantico o cattivo, ma stolto pugile suonato) e nuovi volti espressivi e esilaranti.

Tra questi, indimenticabile fu il “Ferribotte” di Tiberio Murgia, sardo di nascita e siciliano “per forza” nello schermo, un viso particolare, una maschera funzionale su pellicola, sicuramente indimenticabile. Quale è stata la vicenda personale e artistica di Murgia, nato a Oristano e morto a 81 anni in una casa di riposo per anziani?

Ce la racconta con grande intensità Sergio Naitza in un lungometraggio fresco di menzione speciale al “Nastro d’argento” –  categoria documentario sul cinema – un genere sempre molto interessante, ma che diventa appassionante esclusivamente se si affronta l’argomento con atteggiamento d’approfondimento umano e cinefilo, nello stesso tempo.

“L’insolito ignoto. Vita acrobatica di Tiberio Murgia“ di Sergio Naitza possiede questo taglio e vale la pena di andare a vederlo in sala, dove ha esordito mercoledì all’ “UCI Cinemas” di Cagliari, presentato dello stesso regista Sergio Naitza, con la partecipazione di Benito Urgu, il quale ebbe occasione di frequentare Murgia negli anni oristanesi. Prodotto dalla “Karel”, è un’opera composta da uno staff ormai all’unisono: oltre a Naitza alla regia, troviamo Luca Melis alla fotografia, Davide Melis al montaggio, Romeo Scaccia alle musiche, un gruppo affiatato di professionisti di talento già affermato.

L’insolito ignoto – vita acrobatica di Tiberio Murgia – teaser from Karel on Vimeo.

La lunga esistenza di Murgia avrebbe spunti per il soggetto di decine di film, allo stesso modo, è un “exemplum” efficace dell’Italia dagli anni dal boom alla crisi economico sociale, dall’altro una classica parabola esistenziale di chi, passato dalla miseria alla solidità economica, non riesce a gestire né il proprio privato né la propria carriera artistica. Infatti, Murgia incarna il ritratto di un meridionale, di un isolano vissuto tra ristrettezze e espedienti in una terra avara di possibilità di cambiamento, che ha la fortuna di entrare dalla porta principale del cinema, dopo la scelta di cast di Monicelli, e, poi, l’attrazione per la “dolce vita”, gli anni esagerati trasformatisi in illusioni perdute, perdurando la voglia e la necessità di continuare a lavorare (Murgia ha recitato in 155 film).

Insomma, come spesso capitava anche a certi pugili diventati d’improvviso milionari, ha dominato l’incapacità di gestirsi, di investire. In fondo, perché Tiberio Murgia, oltre a essere, come ci racconta Naitza, un “grande bugiardo”, era un puro artista, un istintivo, capace di dimenticare qualsiasi remora per la gioia di abbracciare una nuova, intrigante avventura della vita.

Elisabetta Randaccio

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