Teatro Lirico, incantevole Rosina per la prima de “Il Barbiere di Siviglia”

Un allestimento scenico ‘minimal-chic’ firmato Denis Krief per un titolo tra i più attesi. Il Barbiere di Siviglia, immortale capolavoro di Gioachino Rossini, è andato in scena ieri sera al Lirico di Cagliari. Quinto appuntamento della Stagione, il melodramma buffo in due atti ritorna dopo dodici anni in occasione dell’anniversario per i 150 anni dalla scomparsa del compositore. Un’opera splendida in cui tutte le emozioni vibrano dentro la musica. Un’opera “femminista” ante litteram, perché se Figaro rappresenta una sorta di deus ex machina nel farsi messaggero d’amore e favorire gli incontri tra i giovani innamorati, la vera protagonista è lei, Rosina. Tiene le fila della storia e pur prigioniera nella casa del tutore riesce ad ammaliare quel conte d’Almaviva che le si presenterà sotto le spoglie certamente amabili di Lindoro. La regia moderna privilegia l’aspetto leggero e malizioso di un gioco delle parti in cui ciascuno recita il proprio ruolo. Incantevole Aya Wakizono (Rosina) convincente e istrionico il Figaro di Christian Senn. Voce lirica e piena per il tenore Giorgio Misseri (il conte d’Almaviva) ben calibrati gli interpreti dei vari ruoli. Vincenzo Taormina è un Don Bartolo in bilico tra la giusta severità e gli sbandamenti del cuore. Luciano Leoni (Don Basilio) strappa l’applauso sulla nota aria della calunnia. Perfettamente in parte anche Lara Rotili (Berta), Nicola Ebau (Fiorello) e Michelangelo Romero (Un ufficiale). Gérard Korsten dirige con vivacità e brio, lasciando affiorare anche gli accenti più cupi e intimistici di un’opera che vive al confine tra passione e farsa, in cui il tema dell’amore contrastato s’intreccia all’indispensabile talento del gran faccendiere, Figaro, ideale tramite tra le diverse classi sociali e artefice dell’altrui felicità. Un immortale capolavoro in cui tutto è mosso dai desideri, spesso contrastanti, e dalle segrete ambizioni, che culmina in una festa di matrimonio con tanto di torta nuziale e sposa col velo intenta a gioire del proprio trionfo, costato “sospiri e pene”, quando “infin quest’alma amante comincia a respirar”. Tra auguri e brindisi, e lunghi applausi finali soprattutto per Aya Wakizono e Gérard Korsten e qualche nota di dissenso per il regista.

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