Sipario sul Festival di Venezia, c’è spazio anche per il “Rosa Nudo” di Coda

Nell’ultimo giorno della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia ha avuto il suo spazio anche il “Rosa Nudo” di Giovanni Coda, scelto dal “Queer Lion Award” come evento speciale, prima della premiazione ufficiale e di un confronto su “Lotta all’omofobia. Quali strumenti?”. Per il regista sardo è stata una bella occasione pure per presentare il teaser del suo prossimo lavoro, “La donna di carta”, per certi versi, la seconda parte di una trilogia che dovrebbe rappresentare la violenza sui più deboli, in questo caso sulle donne, soprattutto all’interno del nucleo familiare, in cui ci si dovrebbe sentire sicure e, invece, si subiscono efferatezze, spesso, taciute e rimosse.

L’autrice della sceneggiatura, Francesca Falchi, ha letto un brano del suo toccante testo, poi è stato introdotto dal regista e da Vincenzo Patanè il “Rosa Nudo”. Presente in sala la senatrice Josefa Idem, che ha seguito con attenzione la proiezione, prima di partecipare all’incontro e, poi, alla premiazione di “Philomena”, il commovente film di Stephen Frears, scelto dalla giuria del “Queer Lion” come vincitore della sezione.

Al Festival di Venezia, le giurie sono svariate, tutte molto serie e rilevanti, da quella per il “Leoncino d’oro” assegnato dagli studenti dei licei, a quella della FEDIC,  della FIPRESC, della Settimana della Critica, a dimostrare l’interesse per la settima arte. in laguna, del pubblico, dell’associazionismo cinematografico, dei giovani e dei critici internazionali. Ognuna ha dato il riconoscimento a film comunque di rilievo, sempre felici di ricevere un piccolo grande onore.

Le giurie ufficiali, quelle di “Orizzonti” (presidente il regista e sceneggiatore Paul Schrader) e della “70° Mostra” (guidata dal grande Bernardo Bertolucci) hanno avuto l’opportunità di una serie di premi da dividere tra i film più interessanti, cercando di non scontentare né l’industria né la critica. Tra i riconoscimenti di “Orizzonti”, c’è quello alla miglior regia per un autore italiano, seppure operante da tempo in Inghilterra, Uberto Pasolini, che ha dimostrato una maturità artistica, ormai, acquisita e ha regalato al pubblico, che si spera diventi anche quello del circuito quotidiano, “Still life”, il quale aveva avuto, sin dalla prima proiezione, calorosi consensi.

La giuria “regina” ha lavorato con intelligenza, ricordandosi come il premio prestigioso fosse da assegnare a un film che poteva riceverne una forte spinta di visibilità. Allora, si capisce come “Philomena” sia stato premiato “solo” con il riconoscimento alla perfetta sceneggiatura di Steve Coogan e Jeff Pope; infatti l’opera ha tutte le chance per girare il mondo e arrivare, con probabilità, alle nomination per l’Oscar. E allora, consegnare il “Leone d’oro” a un film molto bello e originale come “Sacro Gra” di Gianfranco Rosi, non ha voluto significare esclusivamente lo sdoganamento del genere documentario nel palmares veneziano e riportare il Leone in Italia dopo quindici anni, ma pure provare a invitare il pubblico a un’opera coinvolgente e profonda, che, con sensibilità e raffinatezza, ci racconta il nostro paese da angolazioni poco frequentate sul grande schermo.

In questo senso, la “Coppa Volpi” per la migliore interpretazione femminile, pensata da tutto il pubblico per la favolosa Dench, è stata destinata a un attrice molto brava come Elena Cotta e, indirettamente, al “piccolo” film, “Via  Castellana Bandiera” di Emma Dante. Acuto il premio Mastroianni al giovane interprete Tye Sheridan, il coprotagonista di un’opera di ottimo livello, “Joe” di David Gordon Green: il ragazzo è sicuramente una promessa su cui si può scommettere.

Tra i dimenticati dalla giuria, citerei “Il vento si leva” di Hayao Miyazaki, un film splendido, che segna i vertici dell’arte del maestro dell’animazione nipponica: è malinconico, fascinoso nei disegni che ricostruiscono i particolari del passato prossimo giapponese, è profondo, perfetto, un capolavoro.

Elisabetta Randaccio

 

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