Palmavera e Anghelu Ruju, con i social network è boom di visitatori

Ventimila visitatori all’anno al nuraghe Palmavera, 15mila ad Anghelu Ruju: certo, non sono i grandi numeri di Tharros che nel 2016 ha contato 109 mila turisti, ma i due complessi archeologici alle porte di Alghero sono tra i più amati e conosciuti della zona. Rispetto all’anno precedente poi il 2016 ha registrato ben 2000 presenze in più. Sardinia Post ha scattato la fotografia del sito all’interno dell’ampio reportage ferragostano dedicato alle preferenze dei sardi che si scoprono amanti del proprio immenso, prezioso patrimonio antico.

I visitatori di Alghero sono in gran parte stranieri, soprattutto francesi, tedeschi e cittadini dell’Est Europa. Meno gli italiani, ma aumentano negli ultimi anni i sardi in visita, e soprattutto i cagliaritani, dato che conferma il trend già registrato dai report dell’Istat e del Mibact. Chi arriva da fuori ha già le idee molto chiare su cosa vedrà, spesso ha addirittura preparato prima della partenza i tour dei nuraghi o quello delle domus de janas usando internet; i tedeschi, poi, amano tantissimo le architetture prenuragiche. I sardi scelgono la visita guidata con il personale del sito, gli stranieri sono abituati a usare le audioguide e girare da soli.

A tracciare l’identikit dei turisti in giro per i monumenti archeologici di Alghero è Giovanna Tanda, presidente della cooperativa Silt che dal 1985 cura i siti della zona e da qualche anno lavora in convenzione con Meta, la fondazione a partecipazione comunale che si occupa del turismo nella cittadina catalana.

Silt non riceve contributi regionali per via di un vecchio regolamento del Comune: “Paghiamo un canone all’amministrazione per gestire la necropoli prenuragica di Anghelu Ruju e il nuraghe di Palmavera, aperti tutto l’anno, e la tomba di Santu Pedru, visitabile su prenotazione – ci spiega Giovanna Tanda – in cambio teniamo per noi gli introiti dei biglietti e del punto ristoro. Gestiamo la biglietteria, i servizi, le visite guidate e le audioguide e ci occupiamo della manutenzione ordinaria e anche straordinaria dei siti”.

Una gestione esemplare che ha portato i due monumenti algheresi a essere conosciuti e apprezzati dai visitatori di tutto il mondo, pur con molti limiti strutturali: mancano, ad esempio, i mezzi pubblici per raggiungerli e la segnaletica non è chiarissima. Impossibile, a causa dell’assenza di finanziamenti, una programmazione a lungo termine.

“Lavoriamo alla cooperativa in cinque – sottolinea Tanda  – siamo quattro soci e una dipendente e dobbiamo dividerci tra i due siti. Non riusciamo, ad esempio, a seguire con costanza la promozione sui social network”. Eppure tanta pubblicità al patrimonio culturale isolano arriva proprio da lì, e soprattutto dai tanti che visitano un sito archeologico e poi pubblicano su Facebook, Instagram o Twitter le immagini con le informazioni. Nel febbraio scorso ad esempio la pagina Archeofoto Sardegna, gestita da Nicola Castangia e Maurizio Cossu, ha pubblicato alcune belle immagini di Palmavera (leggi qui: Domus de janas, nuraghi e like: l’archeologia diventa virale). “Subito dopo abbiamo avuto un boom di visitatori. Le persone cercano soprattutto le architetture nuragiche, scenografiche e maestose, ma ultimamente c’è stata una riscoperta del prenuragico. In generale rispetto a qualche anno fa c’è molta più curiosità attorno all’archeologia in Sardegna. E le immagini che girano sui social network, così spettacolari e suggestive, attirano un pubblico molto ampio”.

Francesca Mulas

[Nella foto, modellino di nuraghe a Palmavera, Alghero, scatto di Nicola Castangia]

LEGGI: Mont’e Prama, un tesoro in mostra: al via le visite guidate sul sito

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