Mai più guerre! 40 anni fa in Sardegna la prima marcia antimilitarista

13 agosto 1976, la “Prima marcia internazionale degli antimilitaristi nonviolenti” approda in Sardegna. Promossa dal Partito radicale, War Resisters International, Lega degli obiettori di coscienza e Movimento nonviolento, partirà da Cagliari con lo slogan “Mai più guerre”, per giungere in ultimo, il 19 agosto, alla Maddalena. La marcia vedrà la partecipazione di centinaia di militanti politici, cittadini e turisti nelle località via via raggiunte: Decimomannu, Tonara, Orgosolo, Olbia, Arzachena, Palau. E verrà accompagnata in tutte le tappe dal Living Theatre, compagnia teatrale americana trasferitasi in Europa qualche anno prima, diventata famosa per le rappresentazioni collettive, senza gerarchie, in cui l’ideologia anarco-pacifista si coniugava alla migliore espressione artistica.

La genesi

“Eravamo a Roma, a piazza Farnese, davanti all’ambasciata di Francia. C’erano Marco Pannella, Rosa Filippini, Jean-Yves Autexier e Mirella Parachini. Lì, una sera d’agosto del 1975, è nata l’idea della marcia antimilitarista nonviolenta. Dopo otto anni di marce in Italia era giunto il momento di fare un passo in avanti e impegnarci sul piano internazionale”. Così Jean Fabre, radicale e obiettore di coscienza totale, fondatore della Insoumission Collective Internationale, ricorda la genesi della marcia. E aggiunge: “Già semi-rovinata dalla petrolchimica, luogo di sperimentazioni fatte sulla pelle della gente, sede di carceri speciali, l’Isola è una delle roccaforti della Nato, sede di poligoni di tiro, luogo di esercitazioni militari di terra, mare, aria: fu chiaro il motivo che ci indusse a decidere per la conclusione della marcia in Sardegna”. Pannella fu ancor più esplicito: “Bisogna andare da nonviolenti e antimilitaristi proprio là dove è più difficile andare, nei santuari del militarismo”. La Sardegna li rappresentava tutti, ieri come oggi.

L’itinerario

Da Redipuglia a Gorizia, da Udine a Trieste e Aviano e poi davanti al carcere militare di Peschiera del Garda, per proseguire a Metz e Verdun, luogo di culto militarista e nazionalista. Da lì, in pullman e traghetto, lo spostamento a Cagliari, per marciare una settimana in Sardegna, concludendo l’estate del disarmo nell’isola della Maddalena. “Tutti con i cartelli appesi al collo, a volantinare, a fermarci nei bar per discutere con la gente e prendere un bicchiere di vino, gridando davanti alle caserme col megafono: “Quando-la-patria-chiama-rispondiamo-signor-no”. È il ricordo di Roberto Cicciomessere, storico esponente del Partito radicale, obiettore di coscienza totale (per questo passò un periodo di reclusione nel carcere di San Bartolomeo di Cagliari). Lo slogan verrà subito affiancato, con non poco successo, da una versione nostrana: “Il-generale-dice-che-la-sardegna-è-sua-i-sardi-rispondono-su-cu….-e-mama-tua”. Durante la marcia vennero distribuiti tanti volantini antimilitaristi sotto forma di poesie, mimeografate. Si diceva ai militari, nell’offrirgliele: “So che non vogliono che tu prenda un volantino, ma questa è una poesia…”. Di solito, lo stratagemma funzionava.

I temi

Il disarmo unilaterale, l’obiezione di coscienza, la conversione delle spese militari in civili, lo smantellamento dei tribunali, codici, carceri e servitù militari, il riconoscimento dei diritti civili dei cittadini in divisa, l’abolizione dei blocchi militari (in particolare Nato e Patto di Varsavia), la cessazione del commercio internazionale di armi e la liberazione degli obiettori di coscienza totali e dei militari incarcerati. Il clima politico in Italia, allora, era incandescente. “Le forze di opposizione ai governi a guida democristiana e agli Usa – dice Cicciomessere – erano agguerrite: i sottomarini americani, per loro, erano incompatibili con La Maddalena. Noi ci facemmo carico del problema”.

I protagonisti e l’informazione

La marcia fu indetta con un appello-manifesto accolto, tra gli altri, da Loris Fortuna, Mario Artali, Carlo Cassola, Ignazio Silone, Salvatore Tocco, Michele Columbu e Danilo Dolci. Molte le organizzazioni politiche che decisero di sottoscrivere i principi e valori della marcia: le Federazioni del Psi di Gorizia, Udine, Trieste, Cagliari, Nuoro e Sassari, il Movimento di Liberazione della Donna, il FUORI, Lotta Continua, Su Populu Sardu. Oltre a Pannella, Cicciomessere, Fabre, tra gli esponenti radicali che si spesero maggiormente per la riuscita dell’iniziativa vanno ricordati Emma Bonino, Mauro Mellini,  Gianfranco Spadaccia e Adele Faccio.

Curiosità: tra i radicali presenti a La Maddalena anche Gaetano Quagliariello, oggi senatore del Gruppo Grandi Autonomie e Libertà. Tra i sardi protagonisti dell’evento, che materialmente organizzarono la marcia nell’Isola, si ricordano gli infaticabili Pier Nicola Simeone (all’epoca sottotenente di vascello del Genio Marina Militare, sospeso dal servizio per l’impegno civile e politico), Pietro Pinna (primo obiettore di coscienza totale in Italia, faceva la marcia in anticipo per meglio preparare la tappa dell’indomani), Beppe Lecis, Guido Sardoni (responsabile della parte logistica), Marino Cao con l’inseparabile Agata Cabiddu (fecero tutta la marcia mano nella mano). E poi, ancora: Lello Soddu, Mario Fanni, Isabella Puggioni, Guido Ghiani, Antonello Sanna, Roberto Balia, Maria Grazia Loi, Bruno Marongiu, Paolo Buzzanca, Giampiero Altea e tanti altri.

Diversi gli artisti che decisero di esibirsi durante le tappe sarde della marcia. Fra tutti Franco Battiato, Juri Camisasca, La Compagnia del sarto, Maria Monti, Alfredo Cohen, Mimmo Locasciulli, gli Henry Cow e, come già detto, il Living Theatre. L’Unione Sarda, Tuttoquotidiano e La Nuova Sardegna dedicarono alla marcia ampi spazi di cronaca. Il principale quotidiano sardo si distinse tra tutti per la decisione di “arruolare” d’ufficio un inviato speciale, non senza lamentele dello stesso.

Così rammenta Pier Nicola Simeone: “Seguì la marcia Antonio Ghiani, letteralmente comandato da quel grande direttore che fu Fabio Maria Crivelli, sulla cui scrivania mi ero sdraiato solo una volta per protestare contro il silenziamento dei nostri comunicati stampa. Il cronista dell’epoca si giustificò dicendosi non convinto dal nostro antimilitarismo: per questo chiese di essere dispensato dalla cronaca della marcia. Un buon liberale come Crivelli non poteva non incazzarsi. Richiamò il giornalista e gli disse che, volente o nolente, avrebbe seguito tutte le tappe della marcia, passo a passo. Penso che il buon Antonio mi mandi un accidenti al giorno da allora”.

La marcia in Sardegna

Partiti da Livorno a bordo del Canguro rosso, i marciatori arrivarono a Cagliari il 13 agosto. Un primo raduno in piazza Matteotti, poi nel pomeriggio, guidati da Pannella e Cicciomessere, l’arrivo ai giardini pubblici. Qui la manifestazione vedrà presenti non meno di 2mila persone e, complice lo spettacolo del Living Theatre, si farà tarda notte. Il giorno dopo, di buon mattino, i manifestanti si portarono a Decimomannu e registrarono una debole opposizione della polizia davanti all’aeroporto militare Nato: canti, slogan e il comizio di Mellini e Cicciomessere, con omaggio floreale raccolto dal comandante dell’aeroporto. Centinaia i cittadini presenti. La sera il concerto in piazza Municipio.

La tappa successiva a Tonara, quindi tutti a Orgosolo. Le difficoltà che alcuni avevano preannunciato, di una popolazione ostile, non troveranno conferma, anzi. Migliaia di cittadini e turisti, infatti, parteciperanno al corteo e alla manifestazione nel campo sportivo, con tanto di saluto ufficiale del vicesindaco socialista. Scriverà L’Unione Sarda: “Sulle prime qualche orgolese è rimasto titubante, ma poi la spontaneità e affabilità dei radicali hanno conquistato le simpatie dei pur riservati barbaricini”.

Il 16 agosto la marcia toccherà Olbia, con la manifestazione-concerto in piazza Regina Margherita; quindi Arzachena – dove si deciderà l’occupazione del palazzo comunale (il sindaco di Arzachena fu l’unico in Sardegna a negare ospitalità ai marciatori). Nel corso della manifestazione che si svolgeva a ridosso del municipio, Mauro Mellini annuncerà poi il successo dell’occupazione, con la concessione da parte del sindaco di alcuni locali coperti per la notte. L’arrivo a Palau: qui saranno non meno di 200 i marciatori che si imbarcheranno per La Maddalena. Jean Fabre, qualche anno dopo, ricorderà: “Una settimana sotto il sole che picchia, con comizi molto seguiti, una discreta eco di stampa e dei compagni sardi simpaticissimi. Orgosolo fu probabilmente la tappa più importante, dove la comunicazione con la popolazione fu eccezionale”.

La Maddalena atto finale: le cariche della polizia

L’isola fu invasa da una moltitudine di antimilitaristi, anarchici, nonviolenti e pacifisti. Le cronache raccontano che il 19 agosto, intorno alle 19.15, i manifestanti furono oggetto di cariche della polizia per essersi rifiutati di rimuovere una sorta di “muro”, di due sole file in mattoni, realizzato in modo simbolico davanti all’imbarco e sbarco dei militari americani, verso Santo Stefano. L’inizio degli scontri sarà raccontato da Cicciomessere: “Mentre stiamo appoggiando una fila di mattoni, la polizia improvvisamente si accorge del muretto. La reazione dei vicequestori presenti è isterica: partono cariche brutali e assolutamente ingiustificate. Paolo Buzzanca e Giuseppe Sotgia vengono scaraventati in mare, che in quel punto è alto solo pochi centimetri, furono molti i marciatori e turisti di passaggio duramente colpiti con i manganelli. Riusciamo a convincere la maggioranza a non alzarsi. Marco Pannella impone al vicequestore la sospensione della carica e dell’ordine di scioglimento”.

Dopo gli scontri il corteo si ricomporrà per raggiungere piazza Umberto. Il Living Theatre non potrà svolgere la prevista azione teatrale a causa del sequestro delle catene utilizzate per la scena della tortura, in una delle più note rappresentazioni del gruppo: “Le meditazioni sul sadomasochismo politico”. Tutti i giornali sardi condanneranno l’intervento della polizia e L’Unione Sarda titolerà: “Sdegno e proteste per la carica ordinata contro i manifestanti”. La mattina successiva saranno tanti i cittadini e turisti di La Maddalena che si ritroveranno nella piazza principale della Maddalena per firmare una denuncia contro la polizia, per tentato omicidio. Il vicesindaco socialista della Maddalena, Francesco Tamponi, e quello di Sassuolo, presenti durante gli scontri, saranno fra i primi, ma il sindaco democristiano dell’Isola si schiererà dalla parte della polizia.

Le reazioni

Dirà Cicciomessere: “C’è una sola possibile giustificazione ai fatti di La Maddalena, la carica della polizia non è scattata incidentalmente ma è stata voluta dal questore di Sassari, Renato Voria (divenuto famoso per l’arresto di Dario Fo), su precisa pressione delle autorità americane. L’indicazione politica generale del ministro degli Interni, Francesco Cossiga, che trascorreva le vacanze proprio in quei giorni a La Maddalena in una villa del villaggio Piras, era di evitare disordini con i marciatori. Ma mentre le questure di Cagliari e Nuoro si sono allineate, mostrandosi nei nostri confronti di una cortesia abbastanza rara, la questura di Sassari, diretta da Voria, ha mostrato fin dal primo giorno in cui siamo entrati nella sua giurisdizione di digerire poco queste indicazioni politiche. Solo il nostro auto-controllo ha impedito incidenti con la polizia. L’unica ipotesi, dunque, è che il comando americano abbia prevalso su Cossiga. Voria ha ritenuto che il padrone americano desse maggiori garanzie di stabilità e di effettivo potere di un ministro italiano”. Da registrare l’incendio di alcune automobili americane a Palau e S.Teresa di Gallura alcuni giorni prima dell’arrivo dei marciatori. L’episodio fu liquidato da Pannella in una battuta: “E un premeditato disegno di provocazione da iscriversi alla classica liturgia della tensione, non ci scalfisce: chi ci conosce sa perfettamente che non siamo noi a portare violenza”.

Le denunce in Parlamento

Due le interrogazioni presentate alla Camera. Una a prima firma di Marco Pannella, l’altra di Giorgio Macciotta (Pci). Macciotta fu durissimo. Nel riferire dell’inaudita violenza della polizia su presunte azioni illegali dei manifestanti, denunciò le cariche a freddo non solo contro i partecipanti alla manifestazione, ma anche contro i turisti in transito. Pannella pose l’accento sulle gravi e violente forme di provocazione mosse sui manifestanti, pacificamente seduti a terra, dagli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza, appositamente inviati per disposizione del questore di Sassari.

La risposta alle due interrogazioni arrivò alla Camera per bocca del sottosegretario per l’Interno, Clelio Darida. Questo riferì di una fantomatica violenza dei manifestanti contro la polizia – mai documentata fotograficamente – realizzatasi nel lancio di vari corpi contundenti, e liquidò così l’incidente occorso al segretario regionale del Partito radicale, Paolo Buzzanca: “E’ caduto dal molo. Non risulta che la caduta sia stata provocata da guardie di pubblica sicurezza”. Poi rincarò la dose. Prima sostenendo che la stragrande maggioranza della popolazione aveva espresso riprovazione per le intemperanze dei manifestanti, poi escludendo categoricamente che ci fossero state da parte dei tutori dell’ordine azioni di provocazione.

Le repliche a Darida non furono meno dure delle interrogazioni. Così Macciotta: “Il Buzzanca fu precipitato dal molo, non cadde, onorevole sottosegretario. O meglio, cadde come in qualche libro di storia si legge che caddero i Gracchi, per mano di ignoti sicari. Cadde perché fu buttato dal molo. Ed è anche singolare che la polizia abbia avuto questa reazione in difesa dell’ordine pubblico, mentre analoga reazione non hanno avuta i carabinieri, che pure erano anch’essi in servizio di ordine pubblico”. Mauro Mellini, replicando per il Partito radicale, fu ancor più esplicito: “Tutta la popolazione della Maddalena lo ha visto afferrare da due agenti, soppesare e sbalzare in mare. Ed è assurdo affermare che vi sia stato un lancio di corpi contundenti, perché nessuno ha lanciato alcun corpo contundente, salvo che non ci si intenda riferire al corpo del segretario regionale del Partito radicale, lanciato, sì, ma dagli agenti e non contro gli agenti, in mare”.

Piu tardi, Marco Pannella ritornò sugli incidenti della Maddalena con un giudizio tranchant su Cossiga: “Non è un ministro degli Affari interni, è un super-ministro di polizia. Che rappresenta e difende gli amici della Nato, quelli che in Sardegna allignano particolarmente nel suo torbido arcipelago. Perché nel mese di agosto, quando gli sbirri comandati dal suo ben noto questore Voria hanno massacrato di botte nell’isola della Maddalena i pacifici manifestanti, il ministro, che pure si trovava a poche centinaia di metri dal luogo dell’aggressione e aveva persone a lui molto vicine come testimoni dei fatti, non solamente non ha risposto alle interrogazioni rivoltegli in Parlamento, ma si è fatto parte dirigente per diffondere menzogne e diffamazioni facilmente smentite dalla documentazione fotografica? Perché ha mentito spudoratamente dinanzi al Parlamento?”.

Nel novembre del 1977 il Partito radicale tornò a pensare alla Maddalena come sede di un’altra importante manifestazione. La mozione generale approvata dal XIX congresso dispose infatti per l’organizzazione di una nuova protesta, in collaborazione con gli antimilitaristi ed antinucleari isolani, per la cacciata della base dei sommergibili nucleari Usa. La manifestazione avrebbe dovuto tenersi nei giorni tra il 24 e il 26 dicembre successivi, rappresentando così l’avvio di una mobilitazione popolare per la smilitarizzazione della Sardegna e di tutto il territorio italiano. Non ebbe mai luogo per il divieto assoluto che il questore di Sassari notificò il 15 dicembre 1977 al Partito radicale sardo. Due giorni dopo – quando si dice la coincidenza – il sostituto procuratore di Tempio Pausania, Salvatore Pigozzi, faceva recapitare alla Camera una domanda di autorizzazione a procedere in giudizio contro Roberto Cicciomessere, per i fatti della Maddalena. L’atto, che assunse subito il sapore della beffa, accusava l’esponente radicale di avere dato vita ad una radunata sediziosa, di aver istigato i militari a disobbedire alle leggi, di aver offeso il loro onore e prestigio, di resistenza a un pubblico ufficiale. L’autorizzazione non fu mai concessa.

Massimo Manca

(Fotografie, stampe e grafiche da: Archivio Associazione Radicale Cagliaritana, Partito Radicale, Movimento Nonviolento, L’Unione Sarda, Fausto Giaccone)

 

 

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