L’INTERVISTA. Diego Fusaro: “L’eredità di Gramsci? Non accolta, tutto da rifare”

Diego Fusaro, filosofo marxista e studioso di Gramsci – classe 1983 – noto al grande pubblico anche per le sue apparizioni in tv, è stato tra gli ospiti della prima giornata della Mostra del Libro di Macomer dal titolo “Diversi ma uguali”. L’occasione della sua conferenza Ripartire da Gramsci è stata anche quella della presentazione del suo libro “Antonio Gramsci”, edito da Feltrinelli. Sardinia Post lo ha incontrato per parlare di Gramsci, Sardegna e di politica attuale.

Gramsci oggi, quale eredità?

L’eredità non accolta è enorme. Perché tutto il suo progetto resta oggi da riprendere. Per esempio l’idea dell’emancipazione sociale, dei diritti sociali, della lotta contro il capitale, di ripensare la storia della nazione italiana. Tutto da rifare, come direbbe il ciclista Bartali.

Parliamo del Gramsci sardo: in cosa si può dire che il pensiero di Gramsci è stato determinato dalla sua appartenenza d’origine?

C’è uno studio di un anglosassone su questo tema. Proprio nel modo in cui il radicamento sardo ha inciso sulla formazione di Gramsci. Sicuramente resta in Gramsci il senso del radicamento, che mi pare essere una cosa molto tipica della Sardegna.

gramsci

Lei conosce la Sardegna?

La conosco molto bene, la conosco tutta, è una terra che amo molto. Ho frequentato i luoghi di Gramsci proprio in occasione della stesura del libro su di lui. Non lo dico, poi, solo perché io sono di Torino, e quindi c’è un’antico legame del Regno di Sardegna…

Un legame di subalterni — quello dei sardi — nei confronti del Piemonte dei Savoia…

Beh, certo, siete stati vittime della peggiore monarchia della storia del mondo…

Secondo lei esiste una lettura di Gramsci autonomista?

Mi pare sia stata tentata questa via, anche perché il giovane Gramsci, prima di approdare a Torino era assolutamente Fusaro a Macomerun autonomista. Scriveva: “a mare i continentali…”. Quindi aveva sicuramente una vocazione autonomista, che in qualche modo persiste nell’immaginario di Gramsci: l’idea che occorra sempre tutelare le identità e i radicamenti. Prima quello sardo, poi quello nazionale italiano. È persistente questo tema in Gramsci, direi. Anche se, naturalmente, molti marxisti internazionalisti, hanno tentato e tentano anche oggi di ridimensionarlo, o addirittura di negarlo.

Politicamente conosce la Sardegna di oggi?

No. Non ho la più pallida idea di che cosa capiti oggi a livello politico in Sardegna.

Dal punto di vista nazionale ed europeo, invece, oggi si parla tanto di ‘superamento delle ideologie tra destra e sinistra’. Che cosa significa?

In generale non lo so, posso dirle che cosa significa per me. Per me significa che la dicotomia destra e sinistra è valida fin tanto che destra e sinistra dicono cose diverse. Se tutte e due dicono il medesimo: più Unione Europea, più mercato, più Stati Uniti d’America, allora, ha senso mettere in congedo la dicotomia, e provare a disegnare nuove mappe del pensiero. Che è quello che ho provato a fare anche nel mio lavoro “Il futuro è nostro”, oltre che in “Pensare altrimenti”…

E cosa si intravvede all’orizzonte?

Io intravvedo che sta sempre più emergendo una netta dicotomia tra chi è per la mondializzazione dei mercati e chi invece è per le sovranità nazionali dei popoli. La lotta è sempre stata tra un capitale e ciò che è contro un capitale. Il problema è che le sinistre stanno dalla parte del capitale e della mondializzazione. Mantengono il mito internazionalista senza accorgersi che l’unico internazionalista vero è il mercato finanziario. E quindi lottano contro la nazione, le sovranità, liquidandole come fasciste. E così diventano gli ‘utili idioti’ del capitale. E quindi il sistema della sovranità e la difesa degli ultimi resta appannaggio delle destre, e del capolavoro dell’idiozia delle sinistre.

La globalizzazione dei mercati e non quella dei diritti, dunque?

Esattamente. Ma vede la globalizzazione dei diritti non esiste. Perché la globalizzazione la fa il mercato, e il mercato globalizza solo la disuguaglianza e lo sfruttamento. Quindi chi parla di globalizzazione dei diritti per difendere la globalizzazione o è uno sciocco o è in cattiva fede. Chi vuole difendere i diritti deve difendere le sovranità nazionali, che sono i luoghi in cui si articolano e si esprimono i diritti.

Alla luce della prassi gramsciana qual è l’atteggiamento che si dovrebbe avere oggi nei confronti della Chiesa?

Qui bisognerebbe partire dall’analisi che Gramsci fa nei Quaderni dal carcere. In sintesi si può dire che se noi guardiamo alla storia d’Italia hanno ragione sia Gramsci che Gentile, sul fatto che i Patti Laterani furono una limitazione della sovranità nazionale. A cui poi seguì l’occupazione americana del ’45, l’Unione europea in seguito. È una storia di perdita e di cessione di sovranità la storia d’Italia.

E oggi, invece?

Oggi la Chiesa è un ultimo baluardo che ancora ha il coraggio di dire qualcosa contro lo sfruttamento, la difesa degli ultimi, ed è quindi particolarmente inibita al capitale. Non penso che la rivoluzione partirà dalla Chiesa, ma un utile contenimento del capitale lo sta facendo.

È credente?

Io credo nel Dio di Hegel e di Gentile, non nel Dio della trascendenza e delle religioni rivelate…

Che senso ha studiare Filosofia oggi?

Studiare filosofia significa esprimere una coscienza infelice, e un senso di inconciliazione rispetto al proprio mondo. Lo si fa per senso di protesta: scegliere consapevolmente qualcosa che è del tutto ‘inutile’, e che quindi non risponde alle logiche dell’‘utile’ a cui tutto si pretende debba sottostare. Proprio per questo è la ‘cosa superiore’. È il modo in cui scolpiamo la nostra ‘statua interiore’, come diceva Plotino. Agli studenti di filosofia di oggi direi di seguire le proprie passioni: se piace filosofia, la facciano come vocazione. Se invece non sono sicuri, meglio che cerchino un’attività più redditizia, che è meglio.

Davide Fara

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