“Le nostre storie ci guardano”, il nuovo film di Naitza al Marina Cafè Noir

Il programma di “Marina Cafè Noir”, a Cagliari dal 10 al 15 Dicembre, essendo un “festival di letterature applicate”, si riserva uno spazio pure per le narrazioni cinematografiche, anch’esse non scontate, con il “vento contro”.

Tra le altre proposte, tutte interessanti, una segnalazione speciale la si deve a “Le nostre storie ci guardano” di Sergio Naitza, che affianca, ormai da tempo, il lavoro di giornalista con quello di regista. Il film è una variazione del genere docufiction; possiede una vivacità di scrittura nonchè un uso notevole e consapevole di un ricco materiale di repertorio, spesso sorprendente.
Servendosi di un pretesto di sceneggiatura classico, il ritrovamento di un presunto epistolario di due fratelli, recuperato da un nipote, che, nelle prime fascinose scene, attraversa le stanze in penombra della vecchia casa di famiglia, il film si trasforma, guidato dalle parole dell’antica corrispondenza, in un travolgente fiume di memoria. Si tratta della traccia mnestica per immagini di un periodo cruciale della storia della Sardegna, quello tra il secondo dopoguerra e i primi anni settanta, dove il paradigma pasoliniano della “mutazione” diventa concreto  e veritiero.

Naitza e i suoi collaboratori alla sceneggiatura e ai dialoghi (Giulia Clarkson e Celestino Tabasso) affidano alla sorella la descrizione e l’evoluzione del mondo delle campagne, mentre il fratello ha modo di compiere, essendosi trasferito nel capoluogo, il viaggio, a tratti esaltante, dalla ricostruzione  al boom economico, alle prime devastanti crisi con conseguente decadenza del Sulcis, ad una sorta di presa di coscienza sociale e “politica” attraverso il mitico scudetto del Cagliari calcio, metafora di una dignità ritrovata, di un legame forte regionale, di un’autostima identitaria, da cui, comunque, nonostante le future disillusioni e fallimenti, non si tornerà più indietro.
Il montaggio, curato con abilità da uno dei collaboratori “fedeli” di Naitza, Davide Melis con il supporto di Marco Serrau, ci travolge e ci commuove, perché riesce a dare risolto alla microstoria, che nel caso della Sardegna, sembra maggiormente indicativa della macrostoria: l’aratura e la falciatura negli anni Quaranta sovrapponibile a quella “primitiva” dei secoli precedenti, veicolo di fatica e stenti; lo sbarco nel porto di Cagliari dei materiali edilizi per la ricostruzione e la crescita della città; la ragazza di paese che, per strada, porta il costume tradizionale  e, in casa, gli abiti definiti “civili”; le scene da un bar, nei tardi anni sessanta, con i “vecchi” impegnati nel canto a tenore e i giovani che si fanno beffe degli anziani, sollevando il volume di un juke box; la tristezza della giovane moglie di un emigrato in Germania; la gioia di chi scopre “il tempo libero”, il ballo, i vestiti casual; l’incredibile partecipazione popolare alla vittoria del Cagliari nel campionato 1969-70.

Naitza compone un puzzle, spesso straziante, a volte ironico, mai puramente nostalgico di un’isola  sicuramente trasformata attraverso un mutamento antropologico e sociale repentino e contraddittorio. Lo spettatore, che può ricordare il passato, ripercorre la griglia dei ricordi aiutato dalla bella colonna sonora di Romeo Scaccia e ha modo di riflettere sulla linea spezzata e incidentata della Storia.
Elisabetta Randaccio

IL PROGRAMMA DI OGGI 12 DICEMBRE

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