Il design di Carolina Melis incontra la tradizione tessile di Samugheo

L’incontro felice tra il ‘saper fare’ artigiano – manualità, tecnica,  tradizioni tramandate per generazioni – e la visione del design contemporaneo. Mani che si muovono su un telaio e altre che disegnano pattern al computer, pixel dopo pixel. Il mondo dell’artigianato e quello della comunicazione che operano una sintesi, completandosi. I nomi da tenere a mente sono due. Uno è quello di Carolina Melis, designer e art director cagliaritana con una storia professionale e artistica legata al mondo della comunicazione (a Londra e non solo). L’altro è quello dell’azienda di Mariantonia Urru, fondata nel 1981 a Samugheo dalla passione per l’eccezionale varietà figurativa dei manufatti tradizionali all’interno di uno dei poli più importanti del tessile sardo. L’incontro è avvenuto qualche tempo fa. Una proposta di collaborazione che si è concretizzata nel disegno di una nuova collezione di tappeti (Kara) e più in generale di un marchio e di una immagine coordinata che ha l’ambizione di veicolare i prodotti al di fuori dall’Isola – indicando anche un metodo da seguire, una strada convincente per valorizzare l’artigianato all’interno di un mercato che può essere quello globale. L’azienda della Urru ha messo a disposizione mani, tecniche – in questo caso la tecnica di tessitura a grani, sos pibiones – e una solida esperienza nella scelta della lana. La Melis invece il design, cercando di combinare gusto personale, rispetto della tradizione e tendenze contemporanee, e la capacità di vedere un progetto nel suo insieme, grazie all’esperienza nel campo della comunicazione pubblicitaria e del branding. La collezione sarà presentata venerdì allo studio di architettura Lixi in via Ada Negri a Cagliari a partire dalle 19 (presentazione a cura di Marco Peri).

Carolina ama raccontare il lavoro sulle trame dei tappeti come se fosse partita da un mattoncino Lego, ovvero la base necessaria per costruire forme diverse.  O dalla melodia di una canzone che poi conosce diverse variazioni e diventa un ritornello e una strofa. “Diciamo che il mondo del tessuto in generale e quello del tappeto in particolare è ancora più simile al processo coreografico”, racconta la Melis. “Si tratta principalmente di individuare un motivo guida e poi di creare delle variazioni”. In questo caso il motivo è un simbolo grafico, un modulo legato ai tratti sardi che poi crea dei pattern geometrici all’interno dei tappeti: “Ci sono linee forti e tonalità bianche, nere, grigie, gialle, tipiche della nostra tradizione”.  La Melis ha realizzato cinque variazioni sul tema e i tappeti prendono il nome a seconda della densità del disegno e della composizione (Bosco, Fiume, Cascata, Prato, Campo). In occasione della mostra, l’allestimento sarà accompagnato anche da una serie di bozzetti di preparazione. “Vogliamo mostrare le varie fasi di preparazione, dal bozzetto a matita al lavoro al computer. Opero in modo maniacale: i pixel li ho disegnati al computer uno ad uno”.

La cooperativa di Samugheo aveva già lavorato con la designer spagnola Patricia Urquiola e con Antonio Marras e quindi disponeva di un’esperienza solida nel confronto con figure eterogenee abituate a lavorare in contesti internazionali. Viceversa, la Melis da qualche anno lavora a stretto contatto con l’artigianato tessile sardo: ha realizzato dei lavori insieme alla cooperativa Su Marmuri di Ulassai, il video sulle tessitrici di Nule, disegnato arazzi per Su Trobasciu di Mogoro. “In occasione del mio ritorno a casa mi sono accorta che in Sardegna c’è un patrimonio immenso e moltissime persone che sanno fare dei mestieri molto bene”, racconta Carolina. “Persone già formate, una struttura pronta. E poi dopo anni di lavoro in uno studio londinese, in mezzo ai computer, da un punto di vista umano vedere mani che lavorano non ha prezzo”. La situazione però ha molte lacune e la Melis prova a individuarne alcune: “Le imprese artigiane devono andare oltre il ‘saper fare’. Hanno bisogno di saper vendere i propri prodotti, saperli presentare in un certo modo. Questa è una debolezza, in Sardegna. Marketing e branding sembrano parolacce ma servono moltissimo. Se crei un prodotto bellissimo ma poi lo fotografi male rischi di non venderlo. Gli artigiani da soli non possono farlo. Ma se gli artigiani si appoggiano a figure in grado di saper confezionare un prodotto e venderlo, la situazione può migliorare moltissimo”.

Andrea Tramonte

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