A Ghilarza il ricordo di Gramsci. I lavoratori dell’Unità: “Anche noi odiamo gli indifferenti”

“Oggi a Ghilarza, casa Gramsci, l’Ordine dei giornalisti della Sardegna e l’Assostampa ricordano l’uomo che ha fondato nel 1924 il mio giornale. Ma a odiare gli indifferenti siamo rimasti solo noi, lavoratori dell’Unità“. Inizia così la nota scritta ieri dai lavoratori del quotidiano L’Unità che il 3 giugno scorso ha sospeso le pubblicazioni. Una nota ancora più amara oggi che la città d’origine del politico, giornalista e scrittore sardo ospita l’incontro “Dal nostro inviato Antonio Gramsci”, in programma alle 18 alla Torre aragonese e dedicata proprio all’attività giornalistica di Gramsci.

Dopo una lunga e complicata vertenza tra sindacati, lavoratori e proprietà editoriale, con pagamenti e affitti non pagati, un piano editoriale mai approvato e comportamenti da parte dei vertici che la Federazione nazionale della stampa italiana, l’Associazione Stampa Romana e il comitato di redazione dell’Unità hanno definito antisindacali, il quotidiano da tre settimane non è più in edicola. “Ci hanno tolto il lavoro, ci hanno portato via il giornale, l’archivio storico e fotografico e anche il sito on line affidando il nome della nostra gloriosa testata a un blog che nulla ha a che fare con noi”, scrivono i giornalisti.

“Odiamo gli indifferenti, come Antonio Gramsci che fondò questo quotidiano per dare voce ai più fragili, ai più deboli, ai lavoratori senza diritti. Senza diritti oggi siamo noi. E ostaggi di una azienda che ha di fatto sospeso le pubblicazioni il 3 giugno, non avendo provveduto a saldare i debiti con lo stampatore che ha fermato le rotative, ma che non ne dà comunicazione ufficiale. Ostaggi di una proprietà che non paga gli stipendi ma non provvede a garantire gli ammortizzatori sociali e rifiuta qualsiasi tentativo di mediazione sindacale esperito al tavolo con la Federazione Nazionale della Stampa e Stampa Romana. Ostaggi di un azionista di maggioranza, la Piesse di Guido Stefanelli e Massimo Pessina, che rifiuta qualsiasi confronto e ha abbandonato questa azienda alla deriva fin dalla sua nascita. Ostaggi di un azionista di minoranza, il Partito Democratico, che dopo aver gestito tempi, modi e contenuti del ritorno in edicola de l’Unità ora per bocca del suo segretario Matteo Renzi liquida la questione come una ‘semplice’ vertenza sindacale in una società di privati”.

A pagare oggi, dopo un drammatico braccio di ferro che va in scena da più di un anno, sono i lavoratori de l’Unità “privati di un posto di lavoro, di uno stipendio, del pur minimo paracadute degli ammortizzatori sociali, di un progetto in grado di spiegare cosa ne sarà del quotidiano e del proprio futuro. Dopo 16 giorni di sciopero, lo scorso 20 giugno siamo tornati in redazione, a disposizione del direttore. Un presidio a tutela dei nostri diritti, l’ultimo atto di dignità, di coraggio, di amore per l’Unità. Perfino la sede fisica del giornale è in bilico vista l’intimazione di sfratto notificata per morosità della società editrice”.

“È come non esistere più – concludono i lavoratori e le lavoratrici del quotidiano. –  Esodati di fatto, cancellati nell’indifferenza che è ‘vigliaccheria, che non è vita’, per citare ancora una volta Antonio Gramsci. Ma la nostra lotta continua. Perché odiamo gli indifferenti che calpestano la storia e che stanno uccidendo ancora una volta l’Unità”.

 

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