Nachlass è una parola tedesca traducibile con “lascito, eredità”. È una performance in cui il pubblico è lasciato in modo diretto a contatto con la presenza- assenza di otto persone, la cui testimonianza è affidata a installazioni audiovisive e oggetti che ne raccontano l’eredità dopo la loro scomparsa. A metà strada tra l’esperienza teatrale e l’installazione artistica. Un testo che prende spunto da un dato di cronaca: nel secolo scorso l’aspettativa di vita in Svizzera è cresciuta di quasi 40 anni. La medicina ha reso possibile rimandare la fine, mentre la legge offre il diritto di decidere i tempi e le circostanze della propria morte. Nel frattempo imperversano dispute circa la solidarietà e la tassa di successione. Questo il tema scelto da Stefan Kaegi, tra i fondatori del collettivo di registi nato nel 2000 e premiato nel 2010 col Leone d’Argento della Biennale, e in scena al Massimo di Cagliari per la stagione di Sardegna Teatro fino al 27 ottobre. Da Bangalore a San Pietroburgo, da Atene a San Paolo, nelle (molte) creazioni dei Rimini Protokoll i presupposti restano coerenti: l’idea è quella di scegliere alcuni segmenti di realtà e di offrirli allo sguardo del pubblico sotto una lente di ingrandimento. Stefan Kaegi, in collaborazione con lo scenografo Dominic Huber, accompagna otto persone che, per ragioni differenti – hanno deciso di preparare la propria dipartita. Otto spazi, dentro ai quali i protagonisti raccontano – in uno stato di eloquente assenza – la storia di ciò che rimarrà, quando non ci saranno più.
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