Arte, le suggestioni poetiche di Antonio Marras in mostra alla Triennale di Milano

Non si può entrare nel mondo di Antonio Marras, stilista e artista algherese, senza aver ben presente la Sardegna: i suoi colori, le sue trame, i suoi suoni. È per questo che l’ingresso alla grande mostra retrospettiva ‘Nulla dies sine linea – Vita, diari e appunti di un uomo irrequieto’ allestita dal 22 ottobre scorso alla Triennale di Milano è un muro di camicie bianche candide legate a dei campanacci: si entra nella sala scivolando tra i tessuti e facendo risuonare quegli strumenti ancestrali del mondo pastorale, ancorati alla memoria e all’inconscio delle genti mediterranee.

C’è tanta Sardegna nella poesia di Antonio Marras, ma ci sono anche infinite suggestioni universali: i ricordi di infanzia, le paure e gli incubi, gli affetti familiari e i legami letterari e artistici, i sogni, le illusioni e le disillusioni. La vita, i diari e gli appunti di Marras, uomo di creatività e perciò irrequieto, sono in mostra in tutta la loro poesia nel grande spazio milanese dedicato al design: un invito a conoscere il mondo dello stilista Marras, appassionato di trame e tessuti sin dalla tenera età, ma anche l’uomo Marras. Due mondi, quello privato e quello professionale, impossibili da scindere. E così compaiono la moglie, i figli, i nonni, i cani di Marras (che abbiamo visto anche cuciti sui tessuti che sfilavano in passerella), il mare, la campagna della sua amata Alghero, le metropoli, il mondo della moda con tutte le sue contraddizioni, l’infanzia conservata sotto campane di vetro o custodita dentro teche antiche.

La collezione, creata in oltre vent’anni di attività artistica, si articola per oltre cinquecento tra installazioni, pitture, disegni, sculture, ma ci sono anche pupazzi e bambole, sedie a rotelle, tessuti, grembiuli, grandi teli cuciti come omaggio a Maria Lai, piccole cornici che mostrano oggetti e fotografie appartenute a chissà chi. Tutto si fa espressione artistica, ogni materiale, oggetto, segno può portare con sé un messaggio o una riflessione, o semplicemente un po’ di bellezza.

antoniomarras_nulladiesinelinea-9 Commovente la classe di scuola ricostruita dentro la sala della Triennale: piccoli banchi che accolgono una trentina di scolari creati con stoffe e bottoni dall’aspetto povero e malconcio, in cattedra una maestra dalla forte cadenza sarda che fa l’appello chiamando i bambini per nome.

È il richiamo a un passato povero ma dignitoso, forse un ricordo personale o la trasposizione di un racconto.

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“Tutto si dilata all’estremo, in questo improponibile lavoro sul tempo, sulla percezione, sulla rappresentazione, sullo spazio – scrive la curatrice Francesca Alfano Miglietti nel catalogo che accompagna la mostra. – L’attenzione coglie tutto. Lo sguardo vede ogni cosa. Ogni elemento è in risalto. Tutto si connette a tutto. Marras rende opera ogni elemento, può parlare della notte, del tempo, della paura, degli astri, del pieno e del vuoto, della metropoli e dello spazio desertificato, della moglie e della mamma, della gioventù e della vecchiaia, della gioia e della nausea, della vita e della morte, dell’assedio, dei figli, del mare e dell’est. Si potrebbe andare avanti all’infinito, mentre si spalanca la possibilità del movimento nell’abisso caotico da cui può emergere ogni universo, ogni silenzio, ogni flusso”.

L’esposizione, realizzata in collaborazione con la Regione Sardegna e Isola, sarà visitabile ancora fino al 21 gennaio.

Francesca Mulas

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