Antonia Usay e le ‘bruxas’ di Sardegna: ad Aritzo uno spettacolo sulle streghe

“Bruxa!”. Bastava questa parola per sancire la condanna di una donna nella Sardegna del XVI secolo. Un’isola poverissima, regolata da antichi ingranaggi intrisi di superstizioni e credenze in cui eventi nefasti, quali un malanno o la morte del bestiame, erano attribuiti a forze oscure che solo in pochi, con l’aiuto di riti, erbe, potenti incantesimi, sapevano manipolare. Bruxas: streghe, appunto. E Antonia Usay, realmente vissuta ad Aritzo nel periodo a cavallo tra il ‘500 e il ‘600, è una di queste. A lei e alle altre fattucchiere dell’epoca è dedicato “Bruxas”, un eccezionale allestimento- spettacolo che andrà in scena nel centro barbaricino sabato 11 agosto dalle 21.30 a Casa Devilla a cura dell’associazione culturale Abbicultura. Il progetto è realizzato con il sostegno della Fondazione di Sardegna, il patrocinio della Regione Sardegna e la collaborazione del Comune, del sistema museale di Aritzo e dell’Associazione “Attori per caso”. L’ingresso è libero.

Temute e rispettate, donne come Antonia esercitavano pratiche per curare persone e animali dai mali presentati dalla vita quotidiana, diventando il simbolo delle resistenze della gente comune nei confronti dell’accentramento religioso-politico del tempo. Tassello fondamentale della società, le bruxas erano personaggi talmente scomodi da essere oggetto non solo di critica, ma anche di repressione da parte di chi, come medici e sacerdoti, ritenevano di essere gli unici depositari di tali saperi. E proprio loro puntavano il dito contro queste donne, avvalorando storie distorte che parlavano di misteriose apparizioni, uccisioni di bambini, incredibili disastri. La frusta, la carcerazione e l’esposizione alla pubblica vergogna erano le punizioni maggiormente utilizzate. La violenza della tortura spingeva a confessare le cose più incredibili, pur di far cessare il dolore della carne. Antonia fu accusata più volte dal tribunale del Sant’Uffizio, ricevendo centinaia di frustate, ottenendo l’esilio dal Regno di Sardegna e l’obbligo del Sambenito, una sorta di panno giallo con la croce di Sant’Andrea da indossare sopra gli abiti.

“Gli spettatori – spiega Katerina Nastopoulou, che si è occupata della messa in scena dello spettacolo – verranno guidati nei vicoli del centro storico di Aritzo e diventeranno loro stessi testimoni di un passato lontano, attraverso scene teatrali frammentate di cui i protagonisti saranno i partecipanti al laboratorio teatrale iniziato a maggio 2018”. Le installazioni sonore e visive aiuteranno a trasmettere non solo le atmosfere ma anche importanti informazioni storiche contribuendo alla valorizzazione dell’identità e della memoria storica locale. La drammaturgia, risultato di ricerche storiche condotte da tutta l’equipe del progetto, è di Paola Atzeni e le scenografie che animeranno il percorso del centro storico sono di Chiara Secchi e di Fabrizio Felici.

“Il progetto teatrale che andrà in scena è frutto di un serio e scrupoloso studio sui dati a nostra disposizione” sostiene Tonina Paba, docente di letteratura spagnola e letteratura sardo-ispanica dell’Università di Cagliari, che ha scavato a fondo per ricostruire la storia di Antonia Usay. “Gli atti manoscritti dei vari processi, in lingua spagnola, ci hanno restituito preziose testimonianze sulla cultura popolare dell’età moderna, sulla persistenza di pratiche e credenze precristiane negli strati meno colti della popolazione, delineando una situazione socialmente e culturalmente complessa, non priva di contraddizioni”.

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