Ai confini tra Sardegna e jazz, il concerto esplosivo dei Blacktones

Aspettando il tramonto prima della conclusione del festival Ai confini tra Sardegna e jazz – il cui ultimo concerto, The man of the Long Canes, si terrà stasera a Palmas Vecchio – a Sant’Anna Arresi in piazza del Nuraghe, le ultime battute sono spettate ai Blacktones, gruppo metal dell’hinterland cagliaritano che mescola un sound doom e death, con sezioni armoniche e melodiche che richiamano uno stile anni ’90, declinati secondo crismi contemporanei e originali.

Esplosivi e grintosi, i cinque ragazzi (Aaron Tolu alla voce e al theremin, Sergio Boi e Paolo Mulas alle chitarre, Gianni Farci al basso e Maurizio Mura alla batteria) si rivelano sin da subito un’interessante sorpresa anche per i non appassionati del genere. Una scelta insolita che ha ripagato l’azzardo di mettere in programma un sound molto lontano dal jazz.

Quasi due ore di concerto in cui il pubblico è rimasto vivo e attento durante l’esecuzione dei brani tratti dal loro secondo e ultimo album “The Day We Shut Down the Sun”, in una performance inarrestabile, interrotta solo durante le brevi sequenze preregistrate di “V The Pope”, “VI The Emperor, “III The Empress”, “II The Popess” per finire con i white noise di “I The Magician” e in conclusione “0 The Fool”.

“I titoli di questi interludi provengono dalle carte dei tarocchi – racconta Aaron Tolu -. Abbiamo preso queste sei, le ultime o le prime, dipende da come le si legge. Ci siamo ispirati a Promethea di Alan Moore in cui il fumettista statunitense ha inserito tutte le sue conoscenze di magia ed esoterismo. Ad un certo punto della storia, il personaggio principale viene iniziato al significato della vita attraverso i tarocchi che rappresentano le fasi della creazione del mondo. ‘0 The Fool’ esprime l’indeterminatezza, l’irrazionalità, la stravaganza e il caos. Una ricerca della verità e la conoscenza da interpretarsi secondo criteri personali e intimi”.

Cambiamento e rinnovamento sono anche il punto di partenza dei Blacktones, giunti ad una svolta importante nella loro produzione e scalata verso l’affermazione anche in festival importanti come quello di Sant’Anna Arresi.

“Unendo queste tracce alle otto già presenti – prosegue Tolu – l’abbiamo ripensato come un concept album, lasciando che le tracce rimanessero comunque autonome, così da non avere una sola chiave di lettura. Abbiamo deciso di non inserire i testi proprio per mettere l’ascoltatore nella posizione di poter dare un’interpretazione scevra da condizionamenti. Gli indizi ci sono tutti, preferiamo comunque che siate voi a dirci cosa vi suscita. Non ci siamo imposti delle regole, tutte le tracce sono nate in tempi diversi e con una loro integrità. Metterle insieme in un disco ne ha determinato le affinità sonore e simboliche”.

E sul loro ingresso al festival: “È stata una circostanza del tutto casuale, quella di finire in un festival come quello di Sant’Anna Arresi. Quest’anno si parla di integrazione, di confini, e noi ci troviamo proprio in questa posizione, ai limiti. Basilio Sulis, tramite alcune conoscenze, aveva saputo uno di noi è cresciuto qui (il bassista Gianni Farci) e che faceva un genere molto diverso da quello normalmente proposto durante la manifestazione. Siamo contenti di aver visto quest’anno abbiamo visto tantissime altre contaminazioni oltre jazz –basti pensare ai Radian che hanno suonato il 3 settembre proponendo musica elettronica e sperimentale”.

In seconda serata, dopo l’improvvisa cancellazione del concerto dell’hammondista Dr. Lonnie Smith Trio (a causa dell’annullamento dei voli), il palco è già pronto per due artisti preparati a suonare in qualsiasi circostanza: Antonello Salis (piano e fisarmonica) e Sandro Satta (sax). I due suoneranno in quartetto anche a Palmas Vecchio per un tributo a Carlo Mariani, “The man of the long Canes”.

“Non mi era mai capitato di esibirmi subito dopo un gruppo simile, è una novità anche per me” sorride e scherza Antonello Salis, complimentandosi con i Blacktones e dando il via al concerto in duo, rimbalzandosi improvvisazioni, brani conosciuti e giochi sonori come la percussione delle corde del piano dall’interno, in un passaggio che ricorda estemporanee di musique concrète e noise, in cui Salis, lasciandosi andare a grida e suoni stridenti, rientra improvvisamente in un’esecuzione più canonica e armonica, seguendo le inclinazioni del sax.

Un finale di serata che – sebbene realizzato all’ultimo momento – non fa rimpiangere la mancanza del trio di Lonnie Smith, sperando comunque di rivederlo su questo fantastico palco in un’altra occasione.

Martina Serusi 

 

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