Violenza sulle donne, l’avvocata Busia: “Il rispetto passa anche dal linguaggio”

Il rispetto per le donne ha tantissimi strumenti: ci sono le leggi, certo, le pene per chi si macchia di delitti e violenze. Ma non è tutto: il rispetto è anche usare le parole giuste, le espressioni corrette per definire una madre, una lavoratrice, una professionista. “Dobbiamo ricordarci che la società è cambiata e che quelli che prima erano ruoli maschili oggi sono diventati anche femminili: non è la donna che occupa un posto maschile ma certe professioni sono di tutti”. Ne è convinta Anna Maria Busia, avvocata penalista nuorese che da anni concentra le sue battaglie sulla difesa delle persone più deboli.

Una lotta, la sua, che non si combatte solo in tribunale ma tocca le norme civili sulla tutela delle persone svantaggiate e arriva al quotidiano con la pretesa di un linguaggio che riconosca davvero la parità su tutti i fronti. Temi, questi, declinati nelle tantissime iniziative in programma oggi anche nell’Isola in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, momento di riflessione istituito nel 1999 dall’Onu ogni 25 novembre.
L’ultima conquista di Anna Maria Busia, che affianca oggi l’attività di avvocato a quella di consigliera regionale, è sul linguaggio di genere in Regione: la nuova norma sulla semplificazione, approvata lo scorso 11 ottobre, impone che negli atti pubblici si usi “un linguaggio non discriminante rispettoso dell’identità di genere con l’identificazione del soggetto femminile e del soggetto maschile”.

Il provvedimento ha fruttato più di una polemica: accanto ai sostenitori c’è anche un fronte contrario che ha accusato la Busia di occuparsi di problemi di scarsa importanza.
“Riferirci alle donne con i termini corretti non è secondario se vogliamo davvero garantire il rispetto di tutti – ha risposto Anna Maria Busia – il linguaggio ci consente di trasmettere il modo che abbiamo di rappresentare il mondo. Se continuiamo a parlare di una donna consigliere regionale stiamo affermando che una donna occupa un ruolo maschile, se usiamo consigliera è invece la corretta rappresentazione di una realtà. Non stiamo inventando nulla, la grammatica italiana già prevede la declinazione al maschile e al femminile dei nomi. Certamente ognuno è libero di pensare quello che crede, ma nel mio ruolo pretendo che mi si chiami con il nome corretto. Purtroppo ho incontrato diverse resistenze, anche dalle donne: ecco, in questo vedo tanta rabbia, la rabbia di chi come me ha dovuto faticare e lottare per raggiungere certi ruoli e adesso vuole sottolineare quella conquista”.

Dal linguaggio negli uffici pubblici ai tribunali: nel nostro paese le vittime di violenza non sono tutelate fino in fondo, e tra le vittime non ci sono solo le donne uccise ma anche i loro familiari. E così che si arriva a vicende agghiaccianti come quella di Vanessa Mele, la giovane nuorese che oggi combatte una dura lotta contro il padre, che nel 1998 ha ucciso sua madre: l’uomo ha cercato di portare via alla ragazza, che all’epoca del delitto aveva solo sei anni, la pensione di reversibilità materna e anche la casa familiare. Per risolvere il problema, mai affrontato dal nostro sistema normativo, nel 2011 il parlamento ha approvato, all’unanimità, un provvedimento che vieta agli assassini di intascare la pensione del familiare che hanno ucciso: anche questo ha la firma di Anna Maria Busia.

L’11 maggio scorso poi l’avvocata nuorese ha presentato alla Camera una proposta di legge per tutelare le vittime di uxoricidio. “Questa è una risposta a chi mi accusa di interessarmi solo di questioni marginali. Il provvedimento mancava in Italia: oggi si punisce chi commette un omicidio ma non c’è alcuna norma che protegga le altre vittime, cioè i familiari. La storia di Vanessa è esemplare: sono passati 18 anni dall’omicidio di sua madre, e ancora attende un risarcimento per il terribile danno che ha subito. Non solo: si è trovata a lottare per ottenere la pensione della madre e la casa di famiglia, e addirittura Equitalia le ha sollecitato il pagamento di tasse su quella casa mai versate. Attualmente sta affrontando ben 15 cause civili: un impegno enorme in termini di denaro, fatica, sofferenza. Con questa legge vorremo che la tutela dei familiari delle vittime di uxoricidio, che si tratti di donne o uomini, fosse automatica, che si garantisse il gratuito patrocinio alle vittime collaterali e la garanzia sui beni di famiglia”.

Il caso di Vanessa Mele sembra incredibile, ma non è così inconsueto: “Sono stata contattata da tantissime persone che mi raccontano le loro storie e mi fanno capire che questa vicenda è molto più frequente di quanto si creda. Oggi la richiesta di risarcimento ai figli non è automatica ma va inoltrata tramite una azione civile davanti a un giudice. La proposta di legge ha già avuto il sostegno della presidente della Camera Laura Boldrini ed è già in esame, sono sicura che dopo il referendum andrà avanti rapidamente”. Non sarà retroattiva ma sicuramente sarà applicata anche al terribile recente femminicidio di Sassari, assicura l’avvocata: “I figli, i familiari di Anna, data alle fiamme dal marito nelle campagne di Sassari, potranno così essere tutelati e protetti dallo Stato. Le vittime non sono solo le persone uccise ma anche i loro familiari, e noi dobbiamo proteggerli”.

Francesca Mulas

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