A Bonorva la tomba nuragica dimenticata. E murata dalla Sovrintendenza per mancanza di fondi

Una domus de janas potrebbe riscrivere le teorie sull’arte preistorica prenuragica. È la Tomba della Scacchiera, nella piana di Bonorva. Ma è stata murata: “Non ci sono fondi per valorizzarla”.

Una domus de janas potrebbe riscrivere le teorie sull’arte preistorica prenuragica. È la Tomba della Scacchiera, una delle cavità artificiali che compongono la necropoli di Sa Pala Larga, nella piana di Bonorva, non lontano dal sito di Sant’Andrea Priu. La domus è stata scoperta in località “Tenuta Mariani” nel 2007 (dove cinque anni prima era stata localizzata una necropoli) da archeologi della Sovrintendenza di Sassari e Nuoro. Lo scavo è stato realizzato con fondi regionali dagli archeologi dell’Università La Sapienza Francesco Sartor e Cecilia Parolini nel 2008 e 2009. In pochi l’hanno vista, pochi, probabilmente la vedranno. Giovanni Lilliu, poco prima di morire restò incantato davanti alle spirali rosso cinabro e ai disegni che la ornano: i disegni sono stati realizzati con l’ocra e sono ancora molto luminosi. Il sito fa parte di una Sardegna inaccessibile, mortificata da mancanza di fondi, vandalismo e disinteresse.

Al momento della scoperta il padrone del terreno denunciò il ritrovamento al Comune di Bonorva e la Sovrintendenza sistemò un lastrone di pietra all’ingresso della tomba (poi cementato) per impedire l’accesso. La tomba è la numero 7 della necropoli ed è bellissima. La struttura è molto semplice: un dromos scavato nella roccia anticipa un ambiente con tre celle laterali. Oltre ai tipici elementi architettonici interni (con protomi taurine scolpite nel lato maggiore della camera principale e il tetto scolpito e reso come se fosse composto da assi di legno dipinte di blu e bianco), infatti, presenta una serie di decorazioni parietali uniche nel suo genere. Sulle pareti sono presenti una serie di spirali rosse (ben sette, alcune delle quali unite tra loro, lunghe sino a 70 centimetri), motivi a scacchiera e altri elementi geometrici. Piccolo particolare: il tutto è stato sigillato (e resta ad alto rischio di profanazione e incuria) e attualmente non è visitabile.

Lo stato della domus de Janas (risalente a circa cinquemila anni fa) ha scatenato il dibattito, prima in internet, poi anche a livello sociale. I primi a interessarsi sono stati due giornalisti romani, Paola Arosio e Diego Meozzi (fondatori della rivista on line Stonepages.com), che a più riprese (sostenuti dall’archeologo George Nash, del Dipartimento di Archeologia ed Antropologia dell’Università di Bristol) si sono battuti per la salvaguardia e la valorizzazione del monumento, appellandosi alla Convenzione Europea de La Valletta per la protezione del patrimonio archeologico. Da qui la protesta si è allargata a macchia d’olio, tanto da essere “cavalcata” anche da diversi politici isolani (tra questi Piergiorgio Massidda, Mauro Pili e Francesca Barracciu). La Sovrintendenza ha le idee chiare e le uniche certezze restano lo straordinario valore artistico del sito e la totale mancanza di soldi da destinare alla custodia (solamente per la messa in sicurezza del sito servirebbero almeno 300 mila euro). “Non ci sono soldi – affermano sconsolate le accompagnatrici della cooperative che gestisce il sito di Sant’Andrea Priu a Bonorva, non distante da Mariani – per scoraggiare i tombaroli e i vandali la Sovrintendenza non ha potuto fare diversamente”.

In effetti, al momento della chiusura la responsabile al servizio tutela della Sovrintendenza Luisanna Usai aveva affermato che la chiusura della tomba era stata resa necessaria in quanto il sito si trova in un luogo isolato. La domus de janas era stata sigillata con un materiale protettivo, per poi essere ricoperta di terra e cemento, non a contatto con la roccia trachitica. Una scelta logica, dettata, appunto, dalla mancanza di fondi, che ha costretto la Sovrintendenza a una soluzione graduale, purtroppo a oggi, non ancora risolta. A Bonorva, nel frattempo, la situazione è peggiorata e il degrado della tomba è cresciuto. Una situazione che in Sardegna non rappresenta un unicum, tra siti abbandonati e monumenti dimenticati.

Federico Fonnesu

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