La disperazione del bimbo allontanato dal padre e portato in casa famiglia

Un video straziante, la voce di un bambino disperato che piange, si aggrappa alla nonna e si getta al collo del padre, da cui lo vogliono separare dopo il divorzio dei genitori. Destinazione: una casa famiglia. Il caso è stato segnalato dal Ccdu onlus (Comitato dei cittadini per i diritti umani), che ha anche pubblicato il video dell’allontanamento su YouTube. Dopo il drammatico distacco dal bambino, il padre ha presentato istanza al Tribunale di Tempio per riportarlo a casa ma i giudici hanno rigettato la richiesta, sostenendo che il giovane, “dopo un primo momento di timidezza e disorientamento, si è gradualmente adattato alla nuova situazione, riuscendo a socializzare e a rapportarsi in modo adeguato sia con gli operatori sia con gli altri minori ospiti”.

“Ma le cose non stanno realmente così – si legge in una nota del Ccdu -. E il video mostra che il bambino è stato portato via in modo drammatico. La vicenda nasce da una separazione conflittuale. Il giudice si rivolge a un perito che scrive di aver “potuto rilevare contaminazione e condizionamento del pensiero del piccolo da alienazione genitoriale con sentimenti di rifiuto, rabbia, aggressività verso la figura materna e l’ambiente di vita pregresso che il minore esprime come ‘pensatore indipendente'”. Il Tribunale – scrivono i responsabili del Comitato dei cittadini per i diritti umani – basandosi sulla sola perizia e senza alcuna istruttoria decide per l’allontanamento”.

Nella relazione firmata dalla dottoressa che ha seguito l’allontanamento, si legge che “Elia (nome di fantasia, ndr) era agitatissimo e appariva già informato del fatto che lo avremmo portato via; è corso nell’altra stanza e urlava… Il bambino si aggrappava alla nonna… Essendo il bambino molto agitato si cercava di aspettare che si tranquillizzasse e di fare sì che capisse che non eravamo lì per fargli del male. Elia ad un certo punto ha detto: “Papà scusami ti chiedo perdono… Non ti lascio… Io voglio stare con te!” Il bambino rispondeva urlando attaccato al collo del padre… Era troppo agitato per prenderlo e portarlo via. Il bambino cercava di non guardarci mentre l’operatore lo prendeva in braccio per portarlo fuori… Il bambino riagganciava il collo del padre. In un secondo momento il bambino è stato preso dall’operatore e trattenuto dal riattaccarsi al collo del padre”.

ATTENZIONE – Video dai contenuti forti. Se ne sconsiglia la visione ad un pubblico sensibile

“E dopo questo trauma – si legge nella nota – il bambino sta male e, come evidenziato nelle relazioni della Casa Famiglia, depositate presso il Tribunale, sente profondamente la mancanza del padre, soffre di disturbi notturni e ha degli incubi; addirittura crede di essere stato allontanato dal padre per aver fatto qualcosa di male. Si è persino deciso di ridurre le telefonate con il padre poiché “si è riscontrata una significativa esposizione emotiva a carico del minore con atteggiamenti di melanconia e sensi di colpa di Elia successivi alle comunicazioni con il padre”.

“Da quando è stato allontanato – racconta il padre – mi è stato permesso di sentirlo al telefono cinque minuti al giorno. Poi le telefonate sono state decurtate a tre la settimana. Il bambino chiede aiuto, sta male, vuole tornare a casa, è sofferente e questa sofferenza viene anche descritta dalle persone della comunità. È molto attaccato a me e ne soffre la mancanza, oltre ovviamente all’insolita inverosimile situazione nella quale si è ritrovato senza alcuna colpa. A oggi, ho visto mio figlio per quattro ore in tre mesi! Domani avrei avuto un altro incontro ma vengo informato che il bambino ha avuto la febbre, per cui mi faranno sapere quando sarà il prossimo”. Il padre ha pertanto deciso di rivolgersi al Tribunale per i Minorenni di Cagliari per segnalare l’enorme disagio e pregiudizio che sta venendo causato al minore.

Secondo Paolo Roat, responsabile nazionale Tutela minori del Ccdu, “siamo di fronte all’ennesimo caso in cui un tribunale decide sulla base di quanto sostenuto dal consulente senza alcuna reale istruttoria. Le vittime di questo appiattimento sulle perizie psichiatriche sono i bambini. Ci auguriamo che questo bambino possa ottenere verità e giustizia, e che si ponga fine all’esclusivo affidamento sulle perizie psichiatriche/psicologiche – per loro natura soggettive e opinabili – e si ribadisca la necessita per il giudice di riappropriarsi del suo ruolo di perito dei periti”.

La posizione del padre
“La nostra non è una contesa fra una coppia di separati ma una battaglia contro la sottrazione di un figlio decisa dal tribunale di Tempio solo su una consulenza tecnica d’ufficio (Ctu)”: ad affermarlo è il padre del bambino sardo dell’ex provincia di Olbia-Tempio al centro di un video diffuso su fb al Ccdu, Comitato dei cittadini per i diritti umani, una onlus di cui è responsabile Paolo Roat, aderente a Scientology. “Pochi giorni fa gli avvocati del padre, Claudia Mariani e Regina Proietti del foro di Roma, hanno inviato una richiesta formale alla donna, per trovare un accordo per il bene del bambino”, ha spiegato il Comitato, che si è dichiarato disponibile a favorire una mediazione. “Saremmo lieti di portare il nostro contributo, per aiutare questa famiglia a trovare una soluzione amichevole: non lo facciamo spesso, perché la nostra mission sociale è esclusivamente quella di denunciare i crimini nel campo della salute mentale per ottenere una riforma che garantisca i diritti umani delle persone e dei bambini – ha spiegato il Comitato – ma in questo caso lo faremmo volentieri”.

 

PRONTO INTERVENTO: Un bambino traumatizzato. Ma nel suo “supremo interesse”

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