Sindacopoli, patteggiamenti a valanga. Ma ora si cerca il Grande Vecchio

L’inchiesta sui presunti appalti sospetti va avanti: investigatori al lavoro sui politici che in Regione garantivano i finanziamenti.

È quasi un patteggiamento collettivo quello che emerge in Sindacopoli, l’inchiesta sui presunti appalti truccati nei piccoli Comuni della Sardegna: tra i 28 amministratori e libero professionisti che ad aprile hanno ricevuto una misura di custodia cautelare ai domiciliari o l’obbligo di dimora, una quindicina ha optato per il procedimento penale speciale. I loro nomi non si conoscono ancora, anche perché la cosiddetta applicazione della pena su richiesta delle parti viene concordata individualmente tra i legali degli indagati e la Procura di Oristano che ha in mano l’indagine e la partita non è del tutto chiusa.

E a proposito di fronte investigativo, il lavoro va avanti. La Guardia di Finanza, col Nucleo di polizia tributaria, e i carabinieri sono concentrati adesso nello scoprire il Grande vecchio di Sindacopoli, ovvero il politico (o il gruppo di politici) che avrebbe procurato alle amministrazioni locali i finanziamenti diventati bandi di gara con affidamento diretto e poi accusa di associazione per delinquere, turbativa d’asta e corruzione.

Come emerso nei mesi scorsi, tutti i soldi degli appalti sono arrivati dalla Regione nella precedente legislatura. Questo è un punto fermo dell’inchiesta, nella quale sono già coinvolti due consiglieri di Forza Italia, il sorsese Antonello Peru (rieletto a febbraio 2014) e l’ogliastrino Angelo Stochino (indagato anche l’ex Udc Gian Luigi Rubiu, in qualità di presidente del Consorzio Cixerri). Ma parrebbe che alle Fiamme gialle di Oristano il Nucleo di polizia tributaria abbia una lista di altri sospettati. E non si escludono novità nelle prossime settimane.

Certo è che Sindacopoli è potuta esistere proprio perché dalla Regione qualcuno ha garantito i denari degli appalti finiti sotto inchiesta. Le intercettazioni telefoniche sono state uno degli strumenti fondamentali per tentare di capire quali legami e intrecci esistevano tra la consorteria del presunto malaffare e la politica. Ma la sensazione è che Procura, Fiamme gialle e militari dell’Arma abbiano accertato che ci sono persone rimaste fuori dalle chiamate via cellulare, ma non per questo da considerate esterne a Sindacopoli.

Stando alla ricostruzione della Procura, gli appalti “copia e incolla”, cioè uguali per tutti i Comuni, Sindacopoli aveva un capo, Salvatore Paolo Pinna, l’ingegnere desulese titolare della Essepi Engineering, un grosso studio di progettazione con sedi a Cagliari e Nuoro. Il suo braccio destro, sempre secondo gli inquirenti, era invece l’irgolese Francesco Chessa con la sua Edilogica, altra srl che si sarebbe spartita le gare sospette.

Oltre ai due “capi”, così come era scritto a più riprese nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Annie Cecile Pinello (pm Armando Mammone), esisteva una rete di amministratori pubblici e liberi professionisti con ruoli più o meno importanti. E si andava ai più stretti collaboratori di Pinna e Chessa a ingegneri e geometri che si occupavano quasi esclusivamente di presentare finti progetti per rendere valida i bandi. Questo perché il Codice degli appalti prevede in ogni gara un numero minimo di partecipanti.

Gli indagati che hanno deciso di patteggiare si vedranno ridotta la pena. Le loro dichiarazioni hanno aiutato gli inquirenti ad aggiungere certezze al quadro probatorio. E, più in generale, hanno determinato l’allargamento dell’inchiesta destinata ad allargarsi.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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