Sclerosi e miniere, nel Sulcis è record di malati: prima ricerca scientifica

Dati allarmanti arrivano dal Sulcis, dove si registra un picco di casi di sclerosi multipla. E se ci fosse una correlazione tra la malattia e le zone minerarie? Da due anni hanno preso il via gli studi di ‘Geologia Medica’, nuova disciplina che cerca di far luce su un ipotetico tra i casi di sclerosi e l’ambiente. In Sardegna la malattia neurodegenerativa demielinizzante, cioè con lesioni a carico del sistema nervoso centrale, fa più paura che in tutto il resto d’Italia e del mondo.

L’incidenza infatti è elevatissima, si contano circa 6 mila pazienti, e i dati epidemiologici mostrano senza ombra di dubbio un trend in incremento nel corso degli anni. Ma in particolare un numero elevatissimo di pazienti si registra nel Sulcis-Iglesiente, con una prevalenza di 240 su 100.000 abitanti e considerando che la nostra isola conta circa 1.600.000 abitanti, si stima una presenza di più di 3400 malati. Il dato, inoltre, è probabilmente sottostimato perché una parte dei pazienti potrebbe non essere stata rilevata.

“Rispetto ad altri dati di prevalenza regionale, già eccezionalmente elevati osservati nel nord e nel centro Sardegna sono circa una volta e mezzo superiori”- ha spiegato Maria Giovanna Marrosu, direttore del Centro Sclerosi Multipla dell’ospedale ‘Binaghi’, centro d’eccellenza di livello internazionale,- “rispetto ai dati nazionali la prevalenza varia di due volte e mezzo circa, la correlazione fra fattori ambientali e sclerosi multipla è oggetto di studio da diversi anni, è un problema notevole ed è giusto studiarlo a fondo”.

Per questo è in corso nello specifico da quasi due anni un progetto di ricerca ‘Geoepidemiologia della sclerosi multipla: I fattori ambientali’: partito dal Sulcis e poi esteso a tutta la regione, sotto la direzione della stessa Maria Giovanna Marrosu in collaborazione con il gruppo di ricerca di Paolo Valera, docente dell’Università di Cagliari ed esponente dell’Associazione Italiana di Geologia Medica. Il progetto nel 2012 ha ricevuto un finanziato di 220mila euro, grazie a un bando Fism (Federazione italiana sclerosi multipla).
La malattia colpisce soprattutto donne e giovani con un rapporto di 2,5 donne per ogni uomo. I sintomi sono noti: disturbi della sensibilità o disturbi a carico della visione (offuscata o sdoppiata), difficoltà a mantenere l’equilibrio. La diagnosi avviene prima attraverso una visita e poi grazie ad alcuni esami specifici come la risonanza magnetica. La ricerca, in particolare sulle cause della malattia, in tutto il mondo sta facendo passi in avanti lavorando sia sulla parte genetica sia sui meccanismi del sistema immunitario che inducono la malattia. Oltre dieci nuovi farmaci sono già disponibili e ne arriveranno altri a breve.

Ma, per la prima volta al mondo e proprio nella nostra isola, si sta eseguendo uno studio di ricerca che vede coinvolte due discipline, geologia e medicina, per accertare l’eventuale ipotesi della correlazione tra la malattia e i fattori ambientali, in particolare le zone minerarie, e quindi l’area del Sulcis.

“Un progetto di ricerca che presenta tutte le difficoltà dovute alla materia che è una materia di frontiera”- ha precisato la professoressa Marrosu. In apparenza, geologia e medicina possono sembrare due discipline tra loro molto distanti. Paolo Valera, docente dell’Università di Cagliari ha però spiegato che:”La salute di 3 miliardi di persone è legata alla geologia, perciò in Italia si sta facendo sempre più strada la Geologia Medica, disciplina emergente che studia le relazioni scientifiche esistenti tra fattori geologici e la salute degli esseri viventi. Per questo attualmente nella nostra Isola sono in corso degli studi tra il nostro dipartimento (Ingegneria Civile, Ambientale e Architettura) e il Dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Clinica e Molecolare, per capire l’eventuale correlazione tra la sclerosi multipla e le zone minerarie, speriamo di arrivare ai risultati tanto attesi nel corso del terzo anno”.

Guarda l’intervista

“È noto che le rocce, i principali costituenti della superficie della Terra, siano formate da minerali ed elementi chimici che vengono abitualmente  assunti dall’uomo dagli animali e dalle piante tramite l’aria, il cibo e l’acqua”- ha precisato Valera – “la Geologia Medica rappresenta, quindi, un nuovo approccio multidisciplinare tra le scienze geologiche ed ambientali e la medicina, capace di rendere due campi così differenti tra loro sempre più complementari; tra i vari obiettivi vi è quello di migliorare la comprensione dell’influenza dei fattori geologico-ambientali sulla distribuzione, geografica e temporale, di talune patologie, fornendo contributi concreti per definire gli strumenti multidisciplinari necessari e le soluzioni innovative di intervento”.

Date le sue numerose caratteristiche ambientali e l’elevata omogeneità genetica, la nostra isola rappresenta il sito ideale per lo studio delle possibili interazioni tra fattori ambientali, in particolare metalli pesanti, altri elementi e l’insorgenza della malattia. Sono in corso campionamenti, analisi ed elaborazione dei dati geologici e biologici che andranno su un database il cui scopo è l’analisi di correlazione tra matrici ambientali e incidenza/prevalenza della Sclerosi multipla; inoltre il progetto di ricerca dovrà dare il contributo per la creazione di una bozza di modello di rischio per la Sclerosi multipla.

“Stiamo procedendo con le analisi dal punto di vista dei giacimenti minerari, le manifestazioni di giacimenti minerari sono concentrate e ci sono anche altri giacimenti che non sono mai stati presi in considerazione – ha spiegato Valera – è una disciplina di frontiera perché non c’è letteratura ma è noto che la porzione del territorio del Sulcis abbia dei tenori molto elevati di elementi notoriamente nocivi per la salute, basta guarda la carta metallogenica e delle georisorse della Sardegna: stiamo lavorando per cercare di capire e diramare la nebbia di confondenti”.
È anche vero che nel Sulcis non solo si concentra l’area più estesa per varietà e diffusione delle attività minerarie svolte negli ultimi secoli in Sardegna, ma è un territorio fortemente industrializzato considerato tra i più a rischio d’Italia, con effetti drammatici sulla salute delle persone. Dopo la chiusura delle miniere sono nate le industrie, nel frattempo le fabbriche hanno cessato le loro attività ma sono rimasti i rifiuti.

Risale solo a quattro anni fa l’allarme del ministero dell’Ambiente che chiedeva al comune di Portovesme e alla ‘Portovesme srl’ di mettere subito in sicurezza il territorio e verificare la provenienza del cloroformio (sostanza molto cancerogena) rilevato a nord della zona industriale di Portovesme. I veleni sono distribuiti in quantità elevatissima nel territorio oltre il limite consentito (mercurio, arsenico, tallio, fluoruri, nichel, piombo, zinco, manganese e altri) e gli stessi report della Regione Sardegna spiegano chiaramente quanto sono gravi gli effetti sulla salute della popolazione e dei lavoratori.

Ma allora si può ipotizzare una correlazione tra la sclerosi e le zone minerarie escludendo le emissioni industriali? “Non abbiamo gli strumenti, e quindi i finanziamenti per effettuare questo tipo di studi”- ha risposto il professor Valera- “le radici da cui partono gli isotopi possono contaminarsi tra loro e provenire da diverse sorgenti creando una serie di interazioni, a quel punto bisognerebbe capire anche il loro cammino. I nostri sono studi di tipo osservazionale e non possiamo fare una discriminazione tra le emissioni industriali e quelle minerarie”.

Monica Magro

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