Sardegna, giovani in fuga

Prima in Italia per giovani che cercano lavoro fuori dalla propria Regione. Questo il risultato dei ranking regionali elaborati dal Centro Studi Datagiovani per il quotidiano Il Sole 24Ore attingendo ai microdati Istat relativi al primo trimestre del 2014 per gli under 30 .

La metà dei giovani sardi è disposto a lasciare la propria regione in cerca di un lavoro. Uno su tre è disposto a recarsi anche all’estero. La chiamano flessibilità, ma è anche l’altra faccia della medaglia della crisi che attanaglia l’Isola e della mancanza di un futuro per tanti giovani sardi. È questo il risultato dei ranking regionali elaborati dal Centro Studi Datagiovani per il quotidiano Il Sole 24Ore attingendo ai microdati Istat relativi al primo trimestre del 2014 per gli under 30 alla ricerca di un’occupazione. Nel giorno in cui l’Istat certifica che il tasso di disoccupazione dei 15-24enni ad agosto in Italia è stato del 44,2%, in aumento di un punto percentuale rispetto al mese precedente e di 3,6 punti nei dodici mesi, Datagiovani certifica anche come in Sardegna i giovani non cercano più lavoro. Decidono di cercarlo fuori, sono sempre più disposti ad emigrare, a lasciare affetti e radici per sopravvivere.L’elaborazione statistica indica l’attitudine dei govani alla ricerca di un lavoro e, data una base 100, vede la Sardegna collocarsi in decima posizione con un indicatore 104,8, nettamente avanti rispetto a Sicilia (80,7), Campania (90,6) e Puglia (85,1). Ma addirittura diventa prima proprio per l’attitudine a trovare un lavoro fuori dalla Sardegna stessa.

Sardegna prima in Italia anche per giovani che restano a casa dei genitori

La Sardegna non premia i suoi giovani, dunque. Non concede loro opportunità di lavoro e li costringe a predisporsi a lasciare l’Isola. Ma la mancanza di opportunità crea le condizioni, insieme con la crisi economica e la disoccupazione giovanile per gli under 30 oltre il 50%, perché la Sardegna sia prima in Italia anche per la più alta percentuale di giovani in cerca di lavoro che non lasciano l’abitazione dei genitori. Un primato che evidenzia una crisi del mercato del lavoro sempre più devastante. I giovani che decidono di non lasciare la casa dei genitori, tra i 20 e i 29 anni, spesso costretti a questa situazione dalla mancanza di un’occupazione, sono più numerosi in Lombardia, ma l’Isola vanta la percentuale più alta, il 21,8 %, secondo un’elaborazione del 2012 di “Italia Lavoro”. Seguono la Sicilia, la Calabria e la Campania. Nel corso del 2013 il numero degli occupati in Sardegna è diminuito del 7,3% e i disoccupati con precedenti esperienze di lavoro sono aumentati del 11,3%.

Nell’Isola un giovane su cinque non studia né lavora

Il dato dell’Istat a livello nazionale non contempla gli “inattivi”, cioè i giovani che non studiano e che non hanno lavoro. Spesso perché non lo cercano neppure. Anche in questo caso la Sardegna presenta numeri da incubo. La dispersione scolastica nell’Isola è pari al 25,8% e al primo trimestre 2014 risultavano iscritti ai servizi per il lavoro oltre 53 mila giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni. La Sardegna sta inanellando una serie di record negativi che hanno un unico comune denominatore e destinatario: la famiglia appunto. L’isola è la regione in cui nel 2012 è stato registrato il maggior incremento di sfratti eseguiti rispetto all’anno precedente: ben 315 con un aumento del 77 per cento sul 2011. Un dato in perfetta sintonia col 68,9% dei sardi (62,3 è la media italiana) che percepiscono come troppo alte le spese per l’abitazione.

La famiglia scoppia e in Sardegna sembra avere esaurito sotto i colpi della disoccupazione il suo ruolo di primo ammortizzatore sociale: i senza lavoro sono ormai quasi il 20%. Il tasso di disoccupazione tra le persone 15-34 anni è aumentato di 6,1 punti percentuali, attestandosi al 35,2 per cento nel 2013. Nella stessa fascia d’età, l’anno scorso non lavorava, non studiava e non frequentava corsi formativi il 33,9% della popolazione corrispondente.

Una famiglia su 4 vive con meno di 973 euro mensili

Ma anche le famiglie non possono più costituire un ammortizzatore sociale indiretto per figli che non trovano o non cercano più un lavoro. Il tessuto economico devastato crea povertà nel nucleo fondamentale della società e in Sardegna questo dato cresce rispetto al resto d’Italia. Se tutti i dati Caritas e sindacali quantificano in 147 mila le famiglie povere, al di sotto della soglia di povertà relativa, la gran parte di queste sono da ricercare tra i 476.549 pensionati Inps il cui assegno medio mensile non supera 672 euro. Ma anche dagli ultimi dati Istat disponibili emerge un quadro tragico, con un quarto delle famiglie sarde (24,8%) che vive al di sotto della soglia di povertà. Significa che un nucleo familiare ogni 4 vive (ma forse sarebbe il caso di dire che cerca di sopravvivere) con meno di 973 euro al mese. La soglia di povertà relativa nel 2013 è stata fissata comebenchmark (misuratore statistico) in 973 euro mensili e l’Istituto di statistica ha rilevato per il 2013 che nell’Isola la percentuale di famiglie con difficoltà economiche supera di 12 punti il dato medio nazionale, fermo al 12,6%.

Giandomenico Mele

 

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