Sant’Antioco contro il Ministero: “No agli archeologi tedeschi sul tofet”

Un piccolo comune del Sulcis contro una delle Università più antiche e prestigiose d’Europa: è guerra tra il Comune di Sant’Antioco e l’Università Eberhard Karl di Tubinga, in Germania. Oggetto della contesa è il santuario del tofet, nel sito archeologico dell’antica Sulki, dove i tedeschi vorrebbero scavare. Ma il sindaco Ignazio Locci non ci sta: l’area è di proprietà del comune, gli studiosi in arrivo dal Nord avrebbero progettato il loro sbarco in terra sarda senza consultare l’amministrazione. E per frenare il lavoro degli archeologi ha addirittura chiamato in causa il tribunale amministrativo regionale, che pochi giorni fa ha bloccato tutto fino ad agosto quando si deciderà in camera di consiglio. Chi ha ragione, l’Università, considerata al top negli studi umanistici, casa per ben nove premi Nobel e sede degli studi per il filosofo Georg Wilhelm Friedrich Hegel e il teologo papa Benedetto XVI, il o il comune sulcitano?

Per capire le ragioni dello scontro dobbiamo tornare indietro di qualche mese: a fine aprile gli amministratori di Sant’Antioco scoprono, per caso, che l’Istituto di archeologia classica dell’Università Eberhard Karl di Tubinga è stato autorizzato dal Ministero a fare ricerca nell’area occidentale del tofet, santuario di età fenicio-punica utilizzato dall’VIII secolo avanti Cristo, in località “Sa guardia de is pingiadas”. Si tratta di un sito preziosissimo dedicato alle sepolture, dove sono state recuperate, finora, oltre tremila urne cinerarie contenenti ossa di bambini e animali, e dove ancora c’è da scavare e studiare. Con questo obiettivo l’Università tedesca ha presentato per la prima volta un progetto triennale di indagine diretto da Paolo Xella, progetto che ha visto l’ok dalla Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Ministero, negli uffici di Roma, il 19 aprile.

Perché il Comune, si chiedono nel palazzo di piazzetta Italo Diana, non è stato informato? E perché gli archeologi tedeschi hanno potuto avere il permesso ministeriale senza chiedere all’ente l’autorizzazione ad accedere nel terreno comunale? Altro punto dolente della vicenda è il fatto che, mentre da Roma autorizzavano i tedeschi, la domanda per un altro progetto di scavo triennale, questa volta a cura del Comune di Sant’Antioco insieme all’Università di Sassari, non riceveva risposta nonostante fosse stata presentata prima. Il permesso per l’indagine archeologica del Comune arriva il 25 maggio: da una parte possono dunque scavare gli archeologi della missione tedesca, dall’altra quelli nominati da Sant’Antioco. Ma il Comune a questo punto non ci sta e rinuncia. Davvero non si sarebbe potuta trovare una soluzione nell’interesse collettivo, e soprattutto della ricerca scientifica, con il contributo di studiosi diversi? Impossibile un compromesso tra scuole di studio diverse, eppure accomunate dall’esigenza di scoprire nuovi preziosi tasselli della storia antica del posto? Perché questa volta non si è raggiunta l’intesa tra l’ente e un altro gruppo di ricerca, come già accaduto in passato con la Scuola archeologica di Cartagine e altre istituzioni?

Intanto arriva il 1 giugno, data in cui i tedeschi iniziano i lavori nell’area occidentale del tofet di Sant’Antioco nonostante il contenzioso con il Comune: il primo mese, comunque, è dedicato alle operazioni preliminari di pulizia e preparazione dell’area in vista del vero scavo che sarà in autunno. Pochi giorni dopo l’avvio dei lavori, il 6 giugno, l’amministrazione nomina un legale, Giovanni Luigi Machiavelli, per presentare un ricorso al Tar: il documento è consegnato in tribunale il 26 giugno. Nel ricorso si sottolinea anche che il Comune ha chiesto agli universitari dati ulteriori sulla missione di scavo, come l’esatta perimetrazione del cantiere, il piano di sicurezza, il provvedimento di occupazione temporanea dell’area indispensabili per ogni cantiere, ma che nessuno da Tubinga ha risposto; l’area poi è visitata quotidianamente da decine di persone, e il mancato rispetto delle indicazioni sulla sicurezza potrebbe creare problemi.

Venerdì scorso è arrivata la risposta dal magistrato del Tar: la concessione agli studiosi di Tubinga è per ora sospesa con provvedimento d’urgenza, la decisione sulla faccenda è rinviata al prossimo 8 agosto quando, si spera, si troverà una soluzione. I ricercatori di Tubinga, intanto, sono tornati a casa con una grande amarezza.

Francesca Mulas

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