Il ricorso al tribunale e lo stop alle terapie: così Piludu ha scelto di morire

A dare il definitivo via libera è stato il giudice tutelare del Tribunale di Cagliari, Isabella Delitala, che ha accolto il ricorso, ma bisognerà attendere le prossime ore per conoscere le motivazioni della decisione che hanno consentito all’ex presidente della Provincia di Cagliari, Walter Piludu, scomparso il 3 novembre dopo anni di lotta contro la Sla, di sospendere le terapie salvavita. Una sentenza che ora divide l’opinione pubblica. La famiglia dell’ex politico del Partito comunista starebbe decidendo se diffondere gli atti del ricorso presentato la scorsa primavera, quando ormai la malattia aveva completamente paralizzato Piludu, costringendolo a comunicare attraverso un sintentizzatore vocale collegato ad un computer. Il movimento degli occhi, intercettato da una telecamera, gli ha consentito di comunicare col giudice.

Non è comunque ancora chiaro se al malato sia stata concessa l’interruzione di terapie già avviate e che lo aiutavano a combattere la Sla, oppure se gli sia stato accordato il diritto a non ricevere interventi invasivi emergenziali, come ad esempio il collegamento a macchinari esterni. E’ certo, però, che Piludu avesse più volte espresso il rifiuto di trattamenti, trasformando la propria personale battagliata contro la malattia in una battaglia più globale per i diritti civili assieme all’associazione Luca Coscioni. L’ex presidente della Provincia di Cagliari aveva anche scritto a Papa Francesco rivendicando la necessità che non si ritardi più la legge sul fine vita, sollecitata da vari esponenti politici e della cultura, ma soprattutto da molti pazienti terminali. La sentenza del giudice Delitala è la prima in Sardegna nel suo genere, ma in altre regioni d’Italia la giurisprudenza ha già affrontato analoghe decisioni. Colpito cinque anni fa dalla Sla, la sclerosi laterarale amiotrofica, Piludu non aveva scritto solo al Papa ma anche al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ai leader dell’opposizione Salvini e Grillo, invitandoli ad intervenire sul tema della ‘fine vita’.

“Mi chiedo e vi chiedo – erano state le sue parole, scritte grazie ai rilevatori oculari che gli permettevano di comunicare – perché costringermi ad andare in Svizzera invece di poterlo fare vicino ai miei affetti, nella mia terra, nella mia patria? Da metà del 2013 sono completamente immobilizzato, vivo con un tubo che collega, 24 ore al giorno, il mio naso a un respiratore meccanico, le mie funzioni vocali sono fortemente compromesse, non avendo più il riflesso difensivo della tosse, mangio e bevo ogni volta con il terrore che qualcosa vada di traverso, generando una situazione terribile di soffocamento”. L’ultimo appello contro ulteriori terapie invasive l’ha fatto al Tribunale di Cagliari, trovando un giudice che ha consentito poi ad un’equipe specialistica della Asl di rispettare le sue ultime volontà. (Ansa)

 

 

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