Quirra, parla l’esperta di nanoparticelle: “Perizia ineccepibile ma incompleta”

Antonietta Gatti è professore associato al Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha collaborato con le tre commissioni parlamentari di inchiesta sull’uranio impoverito tra 2006 e 2013 e si è occupata anche dei poligoni sardi.

Una perizia dal risultato scontato: sono passati anni dallo stop a esercitazioni ed esplosioni tra terra, mare e cielo nel Poligono Interforze di Quirra e nel frattempo le polveri e i fumi di quelle attività si sono dileguati. Dispersi anche per migliaia di chilometri, trasportati da vento e pioggia, assorbiti dalla terra a metri di profondità. In tanti sostenevano che Mario Mariani, coordinatore della Sezione d’Ingegneria Nucleare, Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano, non avrebbe trovato nulla di anomalo nel suolo e nelle acque di superficie a Quirra. E ora la perizia depositata al tribunale di Lanusei conferma le aspettative.

Che i risultati di Mariani fossero scontati lo sostiene anche Antonietta Morena Gatti, tra le massime esperte di nanoparticelle a livello italiano e non solo. Intervistata a proposito della perizia ora nelle mani del giudice Nicola Clivi che negherebbe il disastro ambientale nella zona del Poligono, la Gatti sostiene che “la relazione del dott. Mario Mariani è ineccepibile e conferma in toto ciò che il ministero della Difesa dice da 10 anni. A Quirra non c’è contaminazione da uranio, e questo perché non sono stati sparati proiettili all’uranio impoverito. I radio-bersagli al torio dei proiettili Milan in genere venivano raccolti e, comunque, non rappresentavano per la popolazione alcun rischio particolare”.

Nessuna traccia di contaminazioni radioattive sul terreno dunque, eppure anni di esperimenti ed esplosioni e tonnellate di materiale bellico di ogni tipo non possono essere spariti nel nulla.

LE COMMISSIONI PARLAMENTARI SULL’URANIO IMPOVERITO

Antonietta Gatti è professore associato al Consiglio Nazionale delle Ricerche, consulente dell’Istituto di Scienze Avanzate del Dipartimento di Stato di Washington, International Fellow presso la Società Scientifica Internazionale di Biomateriali e Ingegneria: un curriculum di altissimo livello che l’ha portata a collaborare con le tre commissioni parlamentari di inchiesta sull’uranio impoverito tra 2006 e 2013 e a occuparsi anche dei poligoni militari nell’isola. Durante una audizione in Senato nel 2005 aveva già sottolineato che i tessuti di alcuni malati di tumore della zona del Poligono presentavano tracce di nanoparticelle derivate da combustioni ad altissime temperature e che sui campioni vi erano composti di piombo, bismuto e antimonio analoghi a quelli presenti nelle vasche di raffreddamento dei vapori del missile Ariane, testato nel Poligono. Metalli pesanti di origine antropica, non naturale, sono stati documentati anche nei tessuti di pecore e agnelli che pascolavano in queste terre. Tutti questi dati confermano che le nano e microparticelle derivate dalle attività del Poligono hanno contaminato acqua e suolo e hanno causato malattie e tumori su uomini e animali: la “Sindrome di Quirra” non è un’invenzione ma una realtà documentata da anni di analisi, testimonianze, documenti e rilievi.

LA PERIZIA DI MARIO MARIANI, “UN RAPPORTO INCOMPLETO E PARZIALE”

Ma tornando al rapporto di Mario Mariani che escluderebbe il disastro ambientale e la presenza di inquinamento radioattivo sul salto di Quirra, Antonietta Gatti sottolinea che si tratta di un documento corretto dal punto di vista scientifico ma parziale: per avere risposte utili sulla situazione ambientale si sarebbe dovuta analizzare la storia del territorio in tutti i suoi aspetti e soprattutto studiare i danni di quelle attività allora, non dieci anni dopo: “Le analisi sono statiche e non rispettano la dinamicità delle attività svolte nel territorio in esame. Fotografie e non film, insomma, e il film, per così dire, dovrebbe essere girato mentre si svolgono le attività militari. Va ricordato, poi, come queste siano cambiate nel tempo e come possano aver dato origine a inquinamenti ambientali diversi che hanno in comune solo l’origine, vale a dire le alte temperature di combustione e la corrosione dei residui di armi abbandonati in qualche modo”.

ANNI DI TEST, LANCI ED ESPLOSIONI: DOVE SONO I RESIDUI?

I resti di queste attività non possono essere spariti nel nulla: “Le temperature sono in grado di trasformare in forma di aerosol la materia. Per il principio fisico di conservazione della massa nulla viene distrutto ma tutto viene semplicemente trasformato. Questa trasformazione che avviene all’alta temperatura delle esplosioni implica la formazione di un particolato in genere metallico che può avere dimensioni anche ben al di sotto del micron, cioè del millesimo di millimetro, le famose nanoparticelle. Anche le analisi sulle acque di superficie del rapporto Mariani non tengono conto della dinamicità del territorio. Ad esempio, nella zona dei brillamenti ci sono residui di bombe accumulati in cinquant’anni abbondanti di attività che, esposti alle intemperie, si sono inevitabilmente corrosi rilasciando ioni metallici che hanno percolato nelle caverne sottostanti alla zona. L’acqua piovana che filtra attraverso il terreno ha sicuramente una significatività più attendibile di quella superficiale analizzata”.

IL METODO DELLA SPETTROMETRIA DI MASSA: UN’ANALISI INCOMPLETA

“Altro appunto al rapporto – prosegue Antonietta Gatti – è che la metodologia applicata, cioè la spettrometria di massa, mette in evidenza gli elementi chimici ma non le composizioni chimiche delle polveri analizzate. Il metodo ad esempio non è in grado di dire se nel suolo c’è acciaio (Ferro-Cromo-Nichel) o ottone delle pallottole (Rame-Zinco) di origine antropica, ma rileva solo gli elementi singoli. E gli elementi singoli, come spesso accade, sono presenti in natura contenuti nelle rocce. Spesso le polveri, poi, dicono molto se ne si valuta anche la forma e la dimensione, naturalmente sapendone leggere i significati. L’analisi applicata non è in grado di dire quale sia effettivamente l’inquinamento creato da attività militari e, quindi, non può rispondere ad uno dei quesiti del magistrato”

E LE ANALISI SUGLI ANIMALI? NON PERVENUTE

Mariani non risponde a uno dei quesiti su cui il giudice di Lanusei ha chiesto chiarezza, cioè quale impatto hanno avuto le attività del Poligono sulle matrici biologiche: “L’esperto, senza dubbio attendibile per quanto è di sua competenza, non ha un background specifico per condurre analisi biologiche e infatti ha giustamente demandato questa ed altre analisi ad esperti di altre discipline. Nel rapporto si legge che mancavano campioni disponibili, in realtà l’ARPAS e la SGS hanno stoccato matrici biologiche (ovini, bovini, formaggi, miele, ecc.) che potevano essere facilmente analizzate.
Personalmente, nell’arco di 12 anni, come consulente dell’ASL di Cagliari, delle tre Commissioni Uranio impoverito della XIV, XV e XVI legislatura e come consulente del CPCM ho analizzato matrici biologiche sane e patologiche applicando una metodica di tracciabilità: se c’è stata un’esposizione ambientale, inalatoria o ingerita con cibo a sua volta contaminato, questa la si ritrova nei tessuti patologici ed è riconoscibile caratterizzando il particolato per chimica, per forma e per dimensioni. Le analisi condotte dimostrano che queste possono raggiungere tutti i tessuti biologici compreso, quando si tratti di leucemia, il midollo osseo in caso di leucemia e nel midollo sono riconoscibili anche dopo la morte”. E le tracce di torio di cui parla Roberto Cotti, senatore del Movimento Cinque Stelle? “Non esiste alcun documento scientifico che ne parla, se Cotti lo ha letto da qualche parte ci dica dove”.

QUIRRA, OGGI

Il territorio di Quirra è oggi compromesso? “Occorre considerare che nella zona del poligono le attvità sono cambiate.
Si sono interrotti i brillamenti di materiale bellico obsoleto e i test di esplosione tubi. Non è dato sapere se le attività di prova combustibili per i missili continuerà, se così non fosse il territorio non subirà più insulti. Le nuove attività in programmazione (i test di droni, ad esempio) non hanno alcun impatto ambientale. Sono ecosostenibili quindi compatibili con altre attività come quella pastorizia, anche se uno studio logistico preventivo a tavolino sarebbe auspicabile”.

Francesca Mulas

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