Progetto Eleonora, gli ambientalisti: “Ecco perché le trivellazioni della Saras non sono eco-compatibili”

Le associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d’Intervento Giuridico vanno all’attacco del Progetto Eleonora. “Non abbiamo alcun pregiudizio nei confronti della ricerca e utilizzo corretto del gas naturale, ma fondati motivi di opposizione determinati dalle caratteristiche della perforazione e soprattutto dal sito individuato, nel mezzo di un’area agricola di grande rilievo, a due passi da una zona umida di importanza internazionale, nonché sito di interesse comunitario”. Si legge in una nota firmata da Stefano Deliperi, in cui si annuncia anche che le associazioni hanno inoltrato oggi un nuovo atto di intervento nel procedimento di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) al Servizio valutazione impatti (S.A.V.I.) della Regione.

Secondo gli ambientalisti sono numerosi i punti critici del progetto. “Qualsiasi certa fuoruscita di sostanze tossiche, come l’idrogeno solforato e il mercurio, qualsiasi eventuali perdite di idrocarburi che malauguratamente dovessero avvenire nel corso delle trivellazioni, dopo aver contaminato la falda idrica nel sottosuolo, saranno “disperse nella fascia dunare o scaricate nello stagno di S’Ena Arrubia”, con palese violazione degli obblighi di salvaguardia ambientale internazionalmente contratti e le conseguenze giuridiche e sanzionatorie proprie delle procedure di infrazione e delle condanne da parte della Corte di Giustizia dell’Unione europea”, si legge nella nota. “Infatti, il sito prescelto è a circa 200 metri di distanza dallo Stagno di S’Ena Arrubia, tutelato dalla Convenzione internazionale di Ramsar (2 febbraio 1971) sulle zone umide d’importanza internazionale (D.P.R. n. 448/1976), dal vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), da vincolo di conservazione integrale (legge regionale n. 23/1993), dal piano paesaggistico regionale (decreto Presidente Regione n. 82 del 7 settembre 2006), destinato a riserva naturale regionale (legge regionale n. 31/1989, allegato A), sito di importanza comunitaria e zona di protezione speciale (direttiva n. 92/43/CEE)”.

La nota prosegue sottolineando come lo S.I.A. non consideri la presenza di sostanze tossiche come l’idrogeno solforato e il mercurio, “in contrasto con quanto riportato dalla letteratura scientifica internazionale che li vede presenti in tutte le estrazioni di idrocarburi; non sono state rese note le sostanze utilizzate quali fluidi di perforazione e, quindi, non è possibile valutarne la pericolosità o meno; non risultano previste nel Piano di Monitoraggio Ambientale le analisi (fondamentali sul piano ambientale/sanitario) nelle acque e nel suolo di IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici), BTEX (Benzene, Toluene, Etilbenzene e Xilene) e MTBE (Metil-Ter-Butil-Etere), nonché dei VOC (composti organici volatili); non viene fatta alcuna stima dell’impatto dell’eventuale blow out, cioè un’eruzione incontrollata di idrocarburi, pur riconoscendo che, statisticamente, uno 0,5% delle trivellazioni finisce così (S.I.A. – progetto definitivo, tabella, pag. 94); non risultano adeguate analisi della fauna selvatica e della vegetazione, pur trattandosi di un sito contiguo a una zona umida d’importanza internazionale (il medesimo S.I.A. riconosce la carenza); sotto il profilo sanitario non vengono nemmeno prese in considerazioni le ipotesi di sversamento accidentale”.

Per concludere, “le ipotesi occupazionali sono particolarmente nebulose e, comunque, non raggiungono verosimilmente i 10 posti di lavoro temporanei, mentre la Saras dimentica di citare i livelli occupazionali già garantiti dai comparti agrozootecnico, ittico e turistico messi a rischio dal progetto di ricerca estrattiva. Si tratta di numeri enormemente superiori rispetto anche alla cifra massima di occupati temporanei individuata dalla Saras s.p.a.: un comparto agricolo di eccellenza, 200 aziende, riunite nella Cooperativa Produttori Agricoli e nella Cooperativa Assegnatari Associati Arborea, 30 mila capi bovini, il 98% della produzione di latte vaccino della Sardegna rappresentano una delle poche realtà economiche isolane positive. Eppure non viene minimamente valutato quale potrebbe essere il danno di un possibile evento negativo derivante dalla perforazione di ricerca su un contesto economico-sociale esistente e di grande rilievo”.

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