“Incompleta e contraddittoria” la perizia che ha “assolto” Quirra

La superperizia commissionata dal giudice Nicola Clivio all’esperto Mario Mariani per il processo dei veleni di Quirra sarebbe incompleta, parziale e in alcuni punti contraddittoria. Gli studiosi che hanno letto il documento concordano sul fatto che non risponde in modo soddisfacente alle domande del giudice. Non solo: le conclusioni a cui arriva l’esperto sarebbero addirittura in contraddizione con le sue stesse analisi.

La “Relazione peritale” del professore chimico Mario Mariani, coordinatore della Sezione Inegneria Nucleare del Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano, è stata depositata il 6 giugno e poi valutata da Massimo Coraddu, Cristiano Foschi, Basilio Littarru e Lucio Triolo, consulenti degli avvocati di parte civile. È uno dei documenti su cui si basa il processo che ha preso il via a Lanusei due giorni fa e vede imputati Fabio Molteni, Alessio Cecchetti, Roberto Quattrociocchi, Valter Mauloni, Carlo Landi, Paolo Ricci, Gianfranco Fois e Fulvio Ragazzon, ex comandanti che hanno guidato il Poligono Interforze Salto di Quirra tra il 2004 e il 2010. L’accusa per loro è di “omissione dolosa aggravata di cautele contro infortuni e disastri”.

Le domande del giudice Caschili

Le domande a cui avrebbe dovuto rispondere la perizia Mariani, richiesta dal giudice nell’ambito dell’inchiesta avviata dal procuratore di Lanusei Domenico Fiordalisi, erano due: le attività militari hanno provocato un danno ambientale con effetti pericolosi dentro e fuori il Poligono di Quirra? E poi: lo studio presentato dal Ministero della Difesa nel 2002 e quello della Nato-Namsa nel 2010 erano attendibili? “Il compito assegnato a Mariani dal Giudice per l’Udienza Preliminare Nicola Caschili è evidentemente ampio e complesso – scrivono gli esperti della contro-perizia – soprattutto in rapporto alle risorse economiche e di tempo messe effettivamente a disposizione, apparse immediatamente inadeguate come sottolineato anche dal perito. Di conseguenza la campagna di campionamento, condotta nel mese di luglio 2013, e quella di analisi tra ottobre 2013 e maggio 2014 è risultata molto povera quantitativamente e qualitativamente”.

Il campionamento del suolo ‘a riposo’ e l’assenza di analisi sugli animali

Nel luglio dell’anno scorso Mariani ha prelevato 125 campioni di suolo, 7 di acqua, 6 carotaggi. “Non è stato prelevato nessun campione da matrice biologica benché fosse richiesto espressamente dal giudice”, questo il primo e più grande limite del documento di Mariani: lo studio per la valutazione del danno ambientale è stato condotto solo sui suoli “a riposo”, dopo anni o addirittura decenni dalle esplosioni e dai brillamenti, attività che esprimono il massimo potenziale tossico e contaminante chimico e radiologico nel momento in cui avvengono.  A distanza di anni la contaminazione del suolo può risultare inesistente, dato che gas, polveri, particelle e vapori si disperdono velocemente nell’aria. Come è accaduto nei Balcani, quando l’agenzia ambientale dell’Onu ha cercato le tracce di uranio impoverito nel 2001, appena due anni dopo che la Nato aveva fatto esplodere, con sua stessa ammissione, bombe e proiettili all’uranio: “Nulla venne trovato sul terreno – ricordano Coraddu, Foschi, Littarru e Triolo – le uniche tracce furono trovate nei muschi vicini ai punti di esplosione”. Se dopo tanti anni nei Balcani come in Sardegna il suolo non conserva traccia di agenti contaminanti perché non si è cercato nelle ossa degli animali che hanno vissuto in quella zona? Lo stesso Mariani nella sua perizia ha dubbi sull’utilità delle matrici biologiche in queste analisi e ricorda che comunque non avrebbe potuto esaminare i campioni ovini a causa di una epidemia di lingua blu, ma gli esperti insistono sull’utilità di cercare inquinanti radioattivi nelle ossa di animali o persone potenzialmente esposte al rischio. Un recente  studio di Antonietta Morena Gatti, esperta di nanoparticelle, ha evidenziato ad esempio la presenza di nanoparticelle tossiche di origine antropica sui resti di due agnelli  malformati prelevati nei terreni vicino al Poligono, mentre Mauro Cristaldi, biologo dell’Università La Sapienza di Roma, aveva già rilevato danni alla microfauna  e ai topi della zona, dovuti probabilmente alla presenza di residui di tritolo, tallio, tungsteno e altri elementi inquinanti.

Il danno ambientale

In base alle analisi di Mariani il suolo è contaminato. Quanto e in che modo? “In nessuna parte della relazione ci sono elementi utili per stimare il danno in termini di legge” scrivono gli esperti. Eppure la normativa, il D.Lgs 156/2006, prevede che quando si superano i valori di concentrazione di elementi inquinanti si deve procedere all’analisi del rischio ambientale, cioè una stima quantitativa e verificabile delle conseguenze sulla salute umana di eventi potenzialmente dannosi. Mariani invece non produce elementi utili per quantificare i danni che le attività militari hanno prodotto sull’ambiente. Non solo: nella relazione si contraddice palesemente: “Volendo concludere è possibile affermare che, sulla base dei campioni di suolo e di acque prelevati, non siamo in presenza di un disastro ambientale“, scrive.

I campioni d’acqua

Anche l’acqua della zona potrebbe conservare tracce di polveri, metalli pesanti e altri elementi pericolosi, dato che questi materiali si disperdono facilmente attraverso piogge, cavità carsiche, acque di falda, sorgenti ed acquedotti: i sette campioni prelevati da Mariani non sono per nulla utili, sostengono ancora gli esperti, in quanto prelevati in un momento di secca come quello estivo e dunque non rappresentativi dello stato delle acque circolanti nel sottosuolo.

Le conclusioni degli esperti sulla perizia di Mariani

“Sulla base delle considerazioni svolte, possiamo quindi affermare che la relazione del perito Mariani non risponde in modo soddisfacente ai quesiti posti dal giudice, in quanto non si esprime riguardo al danno ambientale e all’impatto dovuto alle attività militari (brillamenti e lancio di missili e razzi) svoltesi nel passato (dal 1984 al 2010), che hanno prodotto il loro maggiore impatto al momento del loro svolgimento. L’analisi esclusiva dei suoli nel loro stato attuale non consente, da sola, di valutare l’impatto di tali attivita militari al momento del loro svolgimento; sono necessari altri elementi (analisi di matrici biologiche, diffusione di polveri e contaminanti per via aerea e attraverso le acque) che il prof. Mariani non e stato in grado ne di produrre ne di trarre da elaborazioni precedenti”.

Le osservazioni dei quattro esperti concordano con quanto già espresso tempo fa sulla perizia Mariani da Domenico Fiordalisi, procuratore di Lanusei oggi trasferito a Tempio che tre anni e mezzo fa diede il via all’inchiesta sul Poligono di Quirra: “Si tratta di un documento negligente con gravissime lacune“. Stessa opinione per Antonietta Morena Gatti: esperta di nanoparticelle e collaboratrice delle tre Commissioni Parlamentari di inchiesta sull’uranio impoverito: “Il rapporto di Mariani è scientificamente corretto ma incompleto e parziale“.

Francesca Mulas

 

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