Esclusi dalle procedure di stabilizzazione della Regione Sardegna e pure da quelle del Governo: un centinaio di lavoratori sardi, impiegati nell’ente regionale nel settore Ict, da mesi attendevano un provvedimento che consentisse loro di fare domanda per un contratto a tempo indeterminato. Nei mesi scorsi sono arrivate due leggi distinte sul personale amministrativo degli enti pubblici, ma entrambe lasciano fuori una trentina dipendenti che non possiedono i requisiti per nessuno dei provvedimenti.
La prima in ordine di tempo è la legge regionale 37 del 22 dicembre 2016: prevede il “superamento del precariato e la progressiva riduzione del numero dei contratti di lavoro a termine presso le amministrazioni del sistema Regione” e consente “l’ingresso di nuove competenze e professionalità utili a garantire il miglioramento dell’azione amministrativa nello svolgimento dei compiti istituzionali”. Requisito per fare domanda è l’aver lavorato in Regione con rapporto di lavoro a tempo determinato e/o flessibile per almeno 36 mesi, anche non continuativi, tra 1 gennaio 2009 e 31 dicembre 2015. Esclusi, dunque, tutti quelli che hanno raggiunto i 36 mesi di precariato tra il 2016 e il 2017.
Il decreto legislativo del Governo emanato lo scorso maggio in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche riguarda invece un piano stabilizzazione che partirà dal 2018: potrà accedere solo chi avrà maturato, alla data del 31 dicembre 2017, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l’amministrazione che bandisce il concorso. Le due leggi, quella regionale e quella statale, lasciano fuori dunque il personale dipendente a tempo determinato che ha raggiunto i requisiti tra il 2016 e il 2017. Alcuni contratti inoltre sono in scadenza a breve: se non verranno rinnovati i lavoratori perderanno ogni possibilità di vedere stabilizzato il lavoro.
I dipendenti esclusi, circa trenta su cento, sono pronti a fare ricorso contro una procedura che trovano ingiusta e discriminatoria.
F.M.