Pecore nere, il sindaco di Ottana: “Nelle ciminiere sostanze non autorizzate”

Tra indiscrezioni e qualche certezza, il caso delle pecore nere di Ottana continua a tenere banco. Ma spuntano delle novità sulla notte in cui le ciminiere di Ottana Energia eruttarono la sostanza nera e viscosa che, secondo la Procura di Nuoro, annerì centinaia di ettari e miglia di capi ovini. E sul futuro dell’inchiesta coordinata dal pm Andrea Vacca. “Come messo in luce dai periti della Procura di Nuoro, il 15 aprile di un anno fa Clivati bruciava carbone fluido, ma non aveva le autorizzazioni per farlo”. A denunciare l’illecito è il primo cittadino di Ottana Giampaolo Marras, che aggiunge: “Visti i tempi e i modi con cui i permessi sono poi stati concessi, è lecito attendersi che la procura chieda informazioni a enti e istituzioni preposti al rilascio delle autorizzazioni”.

Insomma, “qualcosa non ha funzionato a dovere, né all’interno della centrale né fuori”, attacca Marras. E ora, oltre al patron di Ottana Energia Paolo Clivati e al direttore della centrale Mario Tati, “potrebbero essere ascoltati dalla procura nuorese anche l’Arpas e la Provincia”, prosegue il sindaco: gli enti, cioè, che hanno avuto maggior voce in capitolo nel rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale (A.i.a) alla centrale, arrivata solo a settembre del 2013. Fino ad allora l’impianto è andato avanti con nulla osta e autorizzazioni provvisorie, come denunciato dalla relazione tecnica sull’assoggettabilità a Valutazione d’impatto ambientale del progetto di riconversione a carbone affidata dal comune di Ottana al medico Vincenzo Migaleddu. Il punto, dunque, è che le autorizzazioni in vigore nell’aprile del 2013 consentivano all’impianto di utilizzare esclusivamente olio combustibile BTZ.

“Prima di quella data, Clivati aveva sì chiesto di utilizzare carbone fluido, ma il permesso non era stato accordato”, precisa Marras. Successivamente, sarà proprio l’Autorizzazione integrata a consentire la sperimentazione del carbone “Cwf”. Per questo il sindaco sostiene che Clivati ha bruciato ciò che non poteva portare a combustione. Sono allora due gli aspetti che è necessario mettere a fuoco: com’è possibile concedere sperimentazioni se nell’Aia stessa,“ data l’età dell’impianto” viene riportata la necessita di “interventi strutturali” alla centrale, che riporta una valutazione di appena 53 punti su 367? Inoltre, è lecito domandarsi come si possa concedere la sperimentazione del carbone fluido quando pochi mesi prima l’agro tra Ottana e Noragugume è stato colpito dalla strana pioggia nera. Possibile che chi ha rilasciato i permessi non abbia preso in considerazione l’ipotesi che la sostanza nera e viscosa piovuta la notte del 15 aprile fosse proprio carbone fluido? A queste domande Marras risponde così, non senza una nota d’ironia: “Probabilmente l’ estrema garanzia della giustizia italiana ha contagiato chi doveva prendere le decisioni, tant’è vero che si era in quella fase in cui tutto veniva minimizzato e non si sapeva se l’inchiesta sarebbe andata avanti”. Eppure, nonostante il prolungato silenzio, l’Arpas aveva fatto trapelare un informazione sulla natura del fenomeno. Già da fine aprile 2013, si sapeva infatti che le analisi dell’agenzia non avevano riscontrato la presenza di idrocarburi policiclici aromatici nei 300 ettari di terreno contaminato. In altri termini, quella notte Ottana Energia non utilizzava olio BTZ. Quanto bastava, insomma, per andarci cauti.

“Da quella notte del 15 febbraio troppe cose non sono andate come sarebbero dovute andare – commenta Marras – è mancata la giusta severità e la politica ha scelto di delegare tutto ai tecnici: alle varie conferenze non ho mai visto un presidente della provincia, un assessore regionale o provinciale, segno del fatto che la politica non ci voleva mettere la faccia”. “Per non parlare, continua Marras, della pratica di dichiarare una minore potenza delle caldaie cui Clivati è ricorso per evitare i controlli più severi del Ministero e ottenere che il procedimento si svolgesse in ambito provinciale”. “Ragion per cui – conclude il sindaco di Ottana – di Clivati non è possibile fidarsi, figuriamoci se gli dovessero mettere in mano un rigassificatore”. Sulla vicenda, interviene anche l’avvocato Rita Tolu che difende alcune aziende colpite dalla pioggia nera: “Auspico che il pm contesti a Clivati e Tati il reato di disastro ambientale”.

Piero Loi

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