A volte ritornano, spesso dopo lunghe tregue. Sono i progetti per gli impianti eolici offshore, ossia in mare, davanti alle coste, nel caso specifico oristanesi. La Interconsult, società genovese, a fine 2013 ha presentato al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti un progetto per un impianto di 50 pale eoliche alte cento metri da realizzare davanti al Golfo di Oristano, a una quindicina di chilometri da Capo San Marco e altrettanti dalla spiaggia di Pistis. Il primo affondo è stato respinto direttamente dalla Capitaneria di Porto di Oristano, alla quale il ministero ha trasmesso la pratica per il cosiddetto “vaglio preliminare”. Che ha dato appunto esito negativo, tanto da bloccare la pratica rendendo inutile la “pubblicazione” dell’istanza alla quale sarebbero dovute seguire le osservazioni di enti, istituzioni e cittadini interessati e poi la conferenza dei servizi con tutte le parti in causa.
Le ragioni. Secondo il comandante della Capitaneria Rodolfo Raiteri, il parco eolico offshore della Interconsult comporterebbe gravi rischi non solo per la sicurezza della navigazione (in particolare per quanto riguarda l’entrata e l’uscita delle navi dal porto industriale), ma anche per la tutela dell’ambiente e per comparti importanti dell’economia locale come quelli della pesca, del turismo, della nautica da diporto e confliggerebbe persino con le attività di addestramento dei piloti della Nato sul poligono di Capo Frasca. La Interconsult però non si è arresa e contro la bocciatura del progetto ha presentato ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio. La società sostiene in via principale che la competenza ad archiviare l’istanza non era della Capitaneria ma del Ministero e contesta anche le argomentazioni in merito alla sicurezza della navigazione e delle altre attività marittime.
Il precedente. Non è la prima volta che vengono presentati progetti per l’eolico offshore nella costa occidentale. Appena cinque anni fa l’ipotesi riguardava 72 pale da collocare davanti a Is Arenas, tra Torre del pozzo, Su Pallosu e l’Isola di Maldiventre (tutelata da omonima area ambientale). Nessun no della Capitaneria in quel caso, ma un no compatto da parte dei comitati popolari.