Il colpo di fulmine tra Maria Lai e Marianne Boesky, la gallerista che ospiterà nella primavera del 2019 la grande retrospettiva su Maria Lai, nasce alcuni anni fa New York, a casa di un amico collezionista. “All’improvviso, osservando le sue opere da vicino, mi sono sentita attratta dalla profondità del suo segno. Da una prospettiva puramente estetica i suoi lavori sono indiscutibilmente belli e affascinanti, ma è stata la sua capacità di scegliere materiali poveri e semplici per poi trasformarli in sculture poetiche, ad essermi entrata sotto pelle. Maria possedeva una straordinaria abilità nel ricucire i saperi, una sorta di esperienza universale che accomuna gli spettatori e suscita risposte condivise”. Così racconta la gallerista che intanto, nella sua galleria di Aspen, in Colorado, ha già aperto le porte a Maria Lai mettendo in scena “Invito a tavola” esposizione in cui si possono ammirare i suoi primi disegni a matita e l’importante installazione di fine carriera che dà anche il titolo alla mostra.
La scelta di dedicare due mostre negli Stati Uniti a Maria Lai, è il frutto di un lungo vagabondare della gallerista newyorchese in Ogliastra a fianco della nipote e unica erede Maria Sofia Pisu. “Ho passato lunghe giornate nei paesaggi cari a Maria, con l’intento di cogliere quel gesto intimo che traspare dalle sue opere. Al centro del suo mondo leggero e silenzioso Maria poneva l’arte, risultato di piccoli infiniti gesti quotidiani. È quell’infinità che amo. I suoi libri cuciti, ad esempio, sono astrazioni totali eppure suscitano un calore universale, una connessione con le parole e il linguaggio, che ha la stessa empatia di quando realmente ci perdiamo nelle trame di un romanzo. Ci sono poche artiste che hanno saputo rivoluzionare la scena artistica italiana del dopoguerra e lei è una di quelle. Non credo di sbagliarmi nell’affermare che ci troviamo davanti ad una vera eroina, capace col suo lavoro di incidere profondamente nel panorama contemporaneo. Una donna che ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca di una pratica artistica autentica, e che ha dimostrato in modo inequivocabile come l’arte possa davvero cambiare la vita”.
Donatella Percivale