Una sentenza storica quella depositata qualche giorno fa dal Tribunale di Milano a proposito di street art e vandalismo: il giovane writer sardo Manu Invisible è stato assolto dall’accusa di vandalismo perché il suo graffito realizzato illegalmente in una strada milanese è considerato un’opera d’arte. Con questa decisione crolla così per la prima volta il pregiudizio che accosta arte di strada e degrado: il giudice Marialillia Speretta, della VIII sezione del Tribunale di Milano, ha ricordato che il graffito era realizzato con l’intento di abbellire il muro di una strada periferica, già sporco e in degrado, e soprattutto riconosciuto il valore artistico dei lavori di Manu Invisible.
Il giudice ha così assolto con formula piena il giovane di San Sperate che in quegli anni viveva nel capoluogo lombardo: Manu, 23 anni, era stato fermato dalla polizia la notte del 20 giugno 2011 quando, armato di bombolette e pennelli, dipingeva sul muro di via Piranesi. Il graffito rappresentava un paesaggio notturno milanese nello stile inconfondibile dello street artist di San Sperate ma è rimasto incompleto a causa della denuncia e oggi è quasi completamente cancellato dalle scritte di altri writer.
La sentenza sul giovane di San Sperate arriva a due anni di distanza da una vicenda simile, quando altri due writer vennero assolti dal tribunale milanese perché con la loro opera miravano ad abbellire la città, non a imbrattarla; nel caso di Manu Invisible il giudice ha anche riconosciuto non solo la volontà di rendere migliore un muro ma anche le capacità artistiche del writer.
“Quello che mi rende più felice – ha commentato Manu – è che un giudice che quotidianamente prende decisioni su criminalità e illegalità si sia dimostrato così attento e sensibile nei confronti della mia arte”. Grande soddisfazione anche per Domenico Melillo, avvocato difensore e writer a sua volta: “E’ una sentenza destinata a fare storia: finalmente si riconosce la giusta importanza della street art e ai tanti artisti che con le loro opere rendono vive le città”.
Francesca Mulas