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L’accusa: “Is Arenas, un’opera privata costruita con i soldi pubblici”

Un’opera privata realizzata in parte con fondi pubblici. E’ questo il presupposto dell’inchiesta sullo stadio di Is Arenas come emerge dall’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari Giampaolo Casula che, alla fine dello scorso novembre, portò in cella i due dirigenti del comune di Quartu Sant’Elena Pier Paolo Gessa e Andrea Masala e agli arresti domiciliari Antonio Grussu, l’amministratore unico della società Andreoni Srl.

Da allora sono passati quasi tre mesi e le indagini sono andate avanti in un rincorrersi sempre più insistenti di voci attorno ad “arresti eccellenti”. Quelli che sono stati eseguiti all’alba di stamani dagli uomini della Forestale.

I fondi pubblici ‘distratti’ per realizzare “un’opera privata” (lo stadio del Cagliari) sono, secondo l’ipotesi dell’accusa, quelli europei stanziati per il Piano Integrato d’Area Serpeddì-Is Arenas. A gestire materialmente questa ‘distrazione’ sarebbe stato l’impresa di costruzioni con la complicità dell’amministrazione comunale.

Già nell’ordinanza di novembre venivano indicata le responsabilità del Cagliari-calcio come unico e certo beneficiario dell’opera. Scriveva infatti il Gip: ” Dall’esame degli ordini di fornitura fatti dall’Andreoni, tutti del mese di giugno, emerge con chiarezza la premeditazione della condotta volta al compimento di un’operazione organizzata sottobanco con la necessaria partecipazione oltre che del Cagliari Calcio e/o della Società R.i.s. Grandi impianti (che dovrebbe realizzare i lavori per conto del Cagliari) che ne sono i diretti beneficiari, anche dei due dirigenti comunali. Se non vi fosse stata la complicità del Masala e del Gessa che hanno firmato il documento col quale si attestava falsamente la realizzazione delle opere del Pia (cioè il Piano integrato d’area) sopra indicate, la Andreoni non avrebbe mai potuto realizzare una recinzione che sarebbe stata di competenza della società al servizio del Cagliari Calcio. Ma la complicità si desume in maniera evidente anche dalla tempistica dei lavori, in quanto senza un accordo in tal senso tra tutti i soggetti coinvolti, la Andreoni non li avrebbe iniziati addirittura due mesi prima che fosse firmato il contratto con il Comune, e senz’altro non si sarebbe esposta economicamente per circa 220.000 euro per un’opera che non le competeva”.

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