La Sardegna per i curdi: “Non criminalizzate la solidarietà”

“L’indagine della Digos e dell’Antiterrorismo della Polizia sulla solidarietà al popolo kurdo è un attacco a tutti i movimenti che in Sardegna si battono per l’autodeterminazione del nostro territorio. Il risultato è che adesso si è creata una nuova, formidabile intesa tra tutti noi: è il momento di cercare punti di incontro e convergenza, di scendere in piazza per rivendicare il diritto alla libertà di tutti e della nostra terra”. Con queste parole Antonello Pabis, presidente di Asce Sardegna e attivista della Rete Kurdistan nell’Isola, ha introdotto ieri un incontro ospitato a Cagliari negli spazi di Sa Domu dal titolo “Resistenza, vita e rivoluzione: complici e solidali con le Ypg”.

L’appuntamento, voluto dalla Rete Kurdistan, è stato pensato come momento di riflessione attorno all’indagine che ha coinvolto proprio Antonello Pabis, a cui le forze dell’ordine hanno perquisito la casa e sequestrato computer e telefono, e Luisi Caria, indipendentista nuorese che si è visto sequestrare il passaporto e perquisita la casa. L’accusa, non notificata per ora, sarebbe quella di aver sostenuto lo Ypg, le Unità di protezione del popolo curdo. Il Ypg è legato al partito Pkk, considerato da Turchia, Stati Uniti e Unione Europea un’organizzazione terroristica nonostante dal 2014 i militanti di Ypg stiano combattendo in Siria l’avanzata dell’Isis.

“L’obiettivo dell’indagine non siamo io e Luisi Caria – ha sottolineato ancora Pabis  – stanno usando noi per colpire la resistenza kurda, diffamare donne e uomini che stanno dando la vita per difendere tutti dal vero terrorismo, dai veri foreign fighters. Il secondo obiettivo è criminalizzare la solidarietà internazionale. Infine stanno cercando di criminalizzare tutte le lotte che i solidali portano nei loro paesi: ci sono troppi indipendentisti in Sardegna, evidentemente, con il desiderio di applicare quei segnali del confederalismo democratico sognato dal Pkk, che vorrebbe sviluppare il diritto alla libertà, all’autodeteminazione”.

Secondo Pabis, questo sarebbe il momento giusto per riunire tutti i movimenti che si battono per la libertà della Sardegna: “Non dobbiamo permettere che questa grande attenzione attorno alla solidarietà per noi e per il popolo kurdo si sgonfi nel silenzio. Dobbiamo lavorare ancora, siamo tanti e possiamo essere forti. E il sostegno arrivato da alcuni consiglieri regionali con una mozione per una presa di posizione del Consiglio Regionale sulla vicenda è importante. Preoccupa invece, a parte poche eccezioni, il silenzio dei grandi partiti e dei sindacati”.

All’incontro di ieri, introdotto dall’intervento del giornalista Luca Foschi che da anni racconta come free lance le cronache del Medio Oriente, dalla rappresentante del gruppo italiano Rete Jin e da un combattente del Battaglione internazionale di solidarietà che sostiene lo Ypg, erano presenti i rappresentanti movimenti, associazioni e comitati sardi come Gettiamo Le Basi, Cagliari Social Forum, Irs, Asce, Una Caminera Noa.

“Le lotte sarde e quelle internazionali sono strettamente legate – così Mariella Cao, presidente del comitato Gettiamo le basi. – Vorrei lanciare una proposta: autodenunciamoci tutti. D’altra parte le scuole italiane ci hanno sempre fatto studiare le figure di Mazzini e Garibaldi, figure che la comunità internazionale considerava terroriste. Allora siamo tutti terroristi? Non dimentichiamo, poi, che l’unica condanna di terrorismo inflitta dal tribunale internazionale dell’Aja è quella per gli Stati Uniti, e noi gli americani li abbiamo a casa nostra, come ospiti dei poligoni militari. Questa è l’occasione per fare i conti con i veri terroristi”.

Ancora sull’indagine che ha coinvolto Pabis e Caria interviene una rappresentante del Cagliari Social Forum: “Quanto è accaduto è un brutto segnale, paradossale in una regione dove, con la fabbrica Rwm di Domusnovas, si producono le armi in mano ai veri terroristi, l’Arabia Saudita che tiene lo Yemen sotto assedio, e si danno ai militari israeliani gli spazi per l’addestramento. E’ il momento di riunire tutti i movimenti che combattono i terrorismi di oggi”.

Francesca Mulas

 

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