La nonnina di Monserrato: 100 anni tra i fiori con il rimpianto della scuola a metà

Sono arrivata alla mia età mangiando minestrina, pasta in bianco e fettine di pollo, ho tante allergie”. Parole di Giulia Aresu, che nella sua casa a Monserrato, alle porte di Cagliari, ha spento 100 candeline l’11 luglio. Ha toccato il traguardo del secolo con una mente lucida, la passione per i fiori e quella per la lettura. A differenza di altre sue coetanee però la nonnina i 100 anni se li sente tutti:” Non sono più come prima, fino a dieci anni fa leggevo libri di storia e romanzi, facevo ricerche, cucivo, uscivo, andavo a trovare i miei parenti- spiega Giulia Aresu- invece ora purtroppo sono qua, seduta nel mio divano, non posso più leggere perché non vedo bene e non posso più uscire perché appena faccio pochi passi sono già stanca e non posso stare in macchina perché altrimenti mi sento male. Guardo la televisione ma non la vedo bene, ogni giorno ascolto il telegiornale e faccio il rosario, mi preoccupo di telefonare ai miei parenti per sapere come stanno”. Otto figli, 18 nipoti, ma i pronipoti non si contano più:” Sono più o meno due a testa i figli dei miei nipoti, quindi circa 37″, spiega sorridente. E le sue parole vengono confermate da una delle sue figlie che si prende cura di lei. Una vita passata a fare la mamma, originaria di Piscinas, quattro anni della sua vita vissuti a Sant’Antioco perché il marito (che lavorava in una centrale elettrica) era stato trasferito là. Solo quando sono iniziati i mitragliamenti è dovuta tornare nel suo paese. “Dopo la guerra mio marito è stato assunto dal comune di Cagliari come guardia giurata, poi è venuto a mancare nel 1963 e io mi sono dedicata ai miei figli” racconta ancora ricordandosi le date con precisione. Dal 1955 a 1993 ha vissuto a Cagliari, vicino a Piazza Giovanni XXIII, ma la passione per i fiori e la voglia di avere un piccolo giardino che potesse permetterle di coltivare piante e ortaggi, l’ha portata a Monserrato, di fronte a casa di suo figlio:” Prima mi prendevo cura del mio giardino, la mia casa era invasa dai fiori”.

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Un’altra sua passione, a parte la lettura, l’uncinetto, e le piante, era il mare: “Mi piaceva passeggiare, ma l’acqua doveva arrivarmi solo fino alle ginocchia perché altrimenti avevo paura, poi da quando è morto mio figlio, nel 1998, non sono più andata, dopo solo un anno ho perso anche una figlia, nel 1999″. Mentre lo racconta si legge il dolore nei suoi occhi:” Perderli è stato molto doloroso”. La bella nonnina dagli occhi azzurri e capelli bianchi portati a caschetto e tenuti all’indietro da un cerchietto, tiene a precisare che fino a dieci anni fa andava ancora dalla parrucchiera a fare la permanente. Come tante donne della sua età non ha potuto terminare gli studi, questo per lei è sempre stato un grande dispiacere: “Quando i miei figli frequentavano la scuola, io studiavo con loro, leggevo i loro libri, facevo ricerche, le mie figlie sapevano già scrivere prima ancora di iniziare a frequentare le scuole elementari – precisa la nonnina che ha sempre avuto un sogno nel cassetto – mi sarebbe piaciuto diventare un’insegnante“. Oggi accoglie le persone nella sua casa sempre molto ordinata dove, sopra i mobili, tiene le cornici con le foto del suo passato, dei suoi figli, nipoti e pronipoti. “Mi piego io i vestiti e non voglio che nessuno tocchi le mie cose”, dice Giulia Aresu mentre fornisce le indicazioni alla badante che si prende cura di lei tutti i giorni tranne il giovedì. E un pensiero lo rivolge anche ai nostri tempi: “Ora è una porcheria, prima c’era più educazione”. Tutt’ora beve qualche bicchiere di vino, niente fumo, le sigarette che ha fumato le può contare ancora sulle dita di due mani: “In tutta la vita ho fumato dieci sigarette, la prima a nove anni, poi sono andata in viaggio di nozze a Roma nel 1936 e me ne sono fumata altre, poi nel 1978 sono andata in Polonia per il matrimonio di mio figlio e là ho fumato l’ultima sigaretta”. Il suo consiglio è: “Bisogna mangiare bene. E se una persona sa che un determinato alimento fa male, non deve ostinarsi a mangiarlo”.

Monica Magro

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